da qui
Il problema è che non ci si accordava; movimenti opposti si facevano la guerra: chi propendeva per la mediazione, chi per la violenza e poi le delazioni, i tradimenti per ottenere un favore, un privilegio.
Ricordo la grande marcia, impavida, perché non si sa mai come andrà a finire.
Su certi temi avremmo dovuto essere compatti: la costituzione aveva stabilito che un negro non era un essere umano come un bianco.
La marcia chiarisce le idee: non contano le cose, ma il modo in cui le fai, da quale prospettiva le consideri. Sei mai incappato nel sapientone che confonde la cronaca e il romanzo? Anticipa i fatti senza essere sfiorato dall’idea che il punto non è la catena degli eventi, ma il racconto. Come spiegargli che la vita è quella, ma tutto dipende da che angolo la guardi?
Fu così per Gabriel, lo schiavo che voleva fondare uno stato negro, o Denmark Vesey, che aveva vinto il premio della lotteria e sognava di portare tutti nelle Indie Occidentali.
Molti uomini passeggiano in auto con la moglie tra la Houston Street e la Elm Street di Dallas, ma il ventidue novembre del sessantre fu differente, nonostante i sorrisi e l’euforia.
O Nut Turner, accanito lettore della Bibbia, che aveva architettato una rivolta generale cui nessuno aderì, per cui l’azione fu repressa nel sangue.
E hai voglia di urlare, mentre marci, di cantare a squarciagola, perché la rabbia e l’amore che ti premono nel petto dovranno pur trovare uno spiraglio, in un posto che sembra inventato per chiuderti le porte.
Qualcuno ebbe successo, in apparenza, come Frederick Douglass, l’amante della moglie del padrone; ma chi avrebbe potuto raccoglierne l’eredità incendiaria se Booker T. Washington predicò subito il contrario, la moderazione, il compromesso, la pace con i bianchi?
Parlavano così teneramente, salutando la folla e piegandosi l’uno verso l’altro, sussurrando parole che l’autista non poteva catturare.
Com’è possibile che nello stesso tempo, a Niagara Falls, stessero puntando a strappare, invece, tutto e subito?
Poi, all’improvviso, il colpo, la testa che sobbalza, l’abbraccio che prosegue, disperato: cosa lega quel momento e questo, perché le parole si rincorrono, si girano, come l’autista, i poliziotti, perché sono parte della stessa lunga marcia che nessuno può interrompere, né il fucile di Oswald – se fu lui a sparare, e non qualcun altro, dalla staccionata – o la pistola di Jack Ruby?
Come spiegargli che il racconto è l’emozione che ti prende alla gola, uno sparo a tradimento, che potrai percorrere un milione di volte il tratto tra la Houston Street e la Elm Street di Dallas e non proverai mai lo stesso brivido di quando scorri gli occhi sulle righe, immaginando la parola successiva che non è mai quella che aspetti?