La teneva in mano, come se Brigitte in persona, gliel’avesse davvero firmata e mi veniva incontro, con il sole alle spalle, in un pomeriggio di venerdì. Uno dei tanti in cui ci incontravamo, ma quella volta era il mio compleanno. Brigitte era il mio regalo. Un biglietto “quindici-quindici”. Diceva che non aveva ma visto un’espressione così somigliante a quella esatta che avevo io quando andavamo a ballare. Io non so se le ho mai creduto davvero, ma m’è sempre piaciuto pensare che quell’icona di gioia e luccicanza sarebbe stata una buona aspirazione dell’essere. Negli anni Brigitte m’ha seguito ovunque. O forse io ho seguito lei, non so. Stanotte ancora non mi guarda. Balla e pensa ai fatti suoi. Se ne sta lì, ormai stinta e segnata dal tempo, appesa con una puntina alla parete di questa stanzetta che ho voluto chiamare studio, perchè “ripostiglio” non sarebbe piaciuto a Brigitte. Ne ha viste almeno dieci di case diverse, e molte più stanze, e pareti, la mia Brigitte. Mai s’è scomposta. Era lì nella foto della prima trasmissione in radio, e anche in quella in cui mi truccavo, vestita da sposa. Buffo che il fotografo l’avesse voluta nella foto, senza che io gli dicessi nulla. Ci ho pensato e ripensato. Ho pensato agli oggetti preziosi. Ecco, ho deciso che questo biglietto ingiallito e stropicciato con Brigitte che balla, è il mio oggetto più prezioso. L’unica cosa che davvero mi appartiene. Ho discusso talmente tanto, con tutti, nel tempo sull’argomento “Quel che resta”, che adesso fingo di non sentire quando se ne parla. Io credo che nella vita ci si incontri, ci si conosca, si vivano delle cose insieme, e poi ci si separi, restando tutti un po’ più ricchi di come si era prima di conoscersi. Punto. Non vedo la tragedia. Di Michela-Wong-Foo ho ancora quel pomeriggio in cui, mi raccontava della bellezza. La bellezza secondo Michela è in un pomeriggio di febbraio, quando stai bevendo un tè seduto al tavolo di un bar, e ti accorgi che dalla finestra alla tua sinistra entra un po’ di sole del tramonto. Ti volti e senti un po’ più caldo’, poi la luce vira e diventa una specie di prisma che punta sulla superficie del tavolo. Tu ci guardi attraverso e vedi il pulviscolo che si muove. Ecco, quel movimento è la bellezza. Non l’ho mai capita bene questa cosa, lo confesso. Ma per tutti questi anni me la sono tenuta esattamente così come l’ho scritta adesso. Pertanto non credo che Michela potrebbe esserci più di come già c’è. Lei l’ha sempre saputo che entrambe la pensavamo così e che forse eravamo le uniche due a non avere bisogno di dirselo. Ecco perché m’ha regalato questa Brigitte. Perchè non dimenticassi il pulviscolo che balla attraverso la luce. Il resto, fa volume.
Magazine Diario personale
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