Mi ero già occupato, negli anni e nei mesi scorsi, dei suicidi fra i lavoratori che perdono il posto e fra gli imprenditori che finiscono sul lastrico a causa della crisi finanziaria. Un tema che è tornato prepotentemente alla ribalta delle cronache da qualche giorno con cifre sempre più allarmanti. Secondo un bilancio, ad esempio, stilato da Federcontribuenti sono almeno 18 gli imprenditori, gli artigiani e i lavoratori che si sono tolti la vita dall'inizio di quest'anno perché oppressi dai debiti. Altri indicatori, come quelli di cui dispone la CGIA di Mestre, parlano invece di almeno 23 morti. Un numero, tuttavia, che potrebbe essere addirittura più elevato se si considera che numerosi suicidi non vengono denunciati dai familiari delle vittime o non finiscono sulla stampa.
L'analisi probabilmente più dettagliata e al tempo stesso più sconcertante sul fenomeno, l'ha fornita un recente rapporto dell'istituto di ricerca Eures dal titolo inequivocabile: "Il suicidio in Italia al tempo della crisi". Se ne evince, infatti, che solo nel corso del 2010 si è registrato quasi un suicidio al giorno fra i disoccupati (362), con punte più alte fra coloro che hanno perduto il lavoro (288) rispetto a quanti, invece, sono alla ricerca della prima occupazione (74). Il dato diventa ancora più preoccupante considerando che della cifra complessiva di suicidi ben 310 erano maschi, sui quali ha influito la forte pressione psicologica derivante dalla presa d'atto di essere impossibilitati a far fronte ai bisogni materiali della propria famiglia.
Per quanto riguarda gli imprenditori in genere e con riferimento sempre al 2010, le risultanze dell'indagine non sono meno drammatiche: 336 suicidi. A conferma che il lavoro autonomo è stato e continua ad essere quello più esposto all'impatto della crisi. Nel dettaglio, si sono contate 192 vittime fra gli artigiani e i commercianti e 144 fra i piccoli imprenditori e i liberi professionisti. E pure stavolta si tratta di maschi nel 90% dei casi.
Infine gli esodati, categoria di cui si discute molto negli ultimi tempi. Anche fra loro, che rientrano nella fascia di età compresa fra i 45 e i 64 anni, c'è stato nel 2010 un incremento del fenomeno suicidiario pari al 12,6% rispetto al dato precedente. In tal caso, a pesare è l'angoscia per le difficoltà di ricollocazione lavorativa e per l'assenza di una rete di protezione sociale ed economica alternativa al reddito da lavoro.
Al di fuori delle statistiche relative al mondo del lavoro lo studio non dimentica i pensionati, fra i quali pure si è registrato, fra il 2008 e il 2010, un consistente aumento dei suicidi in particolare fra gli over 65. E pure di recente i giornali sono tornati a riferire di anziani che si tolgono la vita a causa della disperazione.
Ma come si può arginare questa vera e propria piaga sociale, senza ovviamente scadere nelle rozze e inopportune sortite populistiche alla Di Pietro che si è addirittura spinto ad attribuire al governo Monti la responsabilità di questi suicidi? Un cartello di imprese e lavoratori, uniti alle associazioni di categoria e ai sindacati nel desiderio di richiamare l'attenzione di istituzioni e opinione pubblica sul grave stato di crisi delle piccole e medie imprese e del mondo del lavoro in genere, ha partorito l'iniziativa "SilenziosaMente", una marcia silenziosa che prenderà il via il 18 aprile alle ore 20 dal Pantheon di Roma.
Sarà una fiaccolata non solo simbolica ma che darà occasione ai promotori di illustrare un proprio pacchetto di proposte per contrastare la crisi e aiutare l'imprenditoria a rialzare la testa. E per puntare l'indice una volta di più contro i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali tra pubblica amministrazione e privati e contro il cosiddetto "credit crunch", consistente nel razionamento del credito e nell'innalzamento del suo costo da parte del sistema delle banche.
Ecco, dunque, il piano in cinque punti di lavoratori e imprenditori per rilanciare l'economia del Paese:
- impegnare gli Enti locali in una sorta di "patto d'onore" per garantire pagamenti regolari;
- introdurre forme di compensazione fra crediti vantati dalle imprese verso le pubbliche amministrazioni e debiti tributari e contributivi a carico delle prime;
- ottimizzare e razionalizzare la filiera del credito;
- valorizzare il sistema dei Confidi;
- favorire il "venture capital" nelle imprese più piccole, per favorirne la ricapitalizzazione e il rafforzamento nei confronti della concorrenza.