Era diventata la scuola simbolo dell’integrazione impossibile a Milano, l’Istituto di via Paravia torna a far parlare di sé con un progetto educativo multietnico, che funziona. Le telecamere di TgLa7 cronache sono andate al suo interno per approfondire la situazione. Gli studenti italiani stanno tornando sui banchi di scuola, gli ultimi saranno quelli pugliesi che riprenderanno l’attività scolastica il 17 settembre prossimo. Il suono della campanella del primo giorno alle elementari in via Paravia a Milano è già suonato. Istituto di frontiera, su 99 bambini, 80 sono stranieri, almeno 7 diverse nazionalità e lingue.
Anni fa c’era chi voleva chiuderla perchè il numero di italiani troppo basso. L’allora ministro dell’istruzione, Maria Grazia Gelmini, aveva messo il tetto del 30% per le presenze straniere. I genitori venivano dirottati verso altre strutture scolastiche. Nel 2011/2012 non aprì la classe prima, perché non erano rispettate le percentuali di legge sulla presenza di un numero massimo di figli di immigrati in rapporto a figli di italiani.
Un’altra era. Nel 2012/2013, la riapertura.
Quest’anno si sono formate due prime, 40 alunni di cui 30 stranieri che, con lo zaino in spalla hanno varcato il cancello di via Paravia, per andare a dividere il banco con compagni che non hanno mai visto prima. Il provveditore, ha affidato la scuola più multietnica della città, a un dirigente scolastico che fa dell’integrazione, il suo cavallo di battaglia: “sono nati in Italia – afferma Giovanni Del Bene, dirigente scolastico Istituto Cadorna – conoscono benissimo l’italiano, non hanno nessun problema, il discorso delle difficoltà di apprendimento e della didattica italiana nelle classi, non è assolutamente da prendere in considerazione” . Psicologo, iscritto all’albo, da 8 anni gestisce la scuola di via Dolci a Milano, cui gli stranieri sono il 30/35%. I progetti multiculturali hanno coinvolto l’Università Bicocca fondazione Cariplo e Associazioni di genitori e quest’anno si sono raccolti 250.000 euro di finanziamenti per l’integrazione europea.“Io sono tra i genitori che sono convinti che sia una ricchezza e un’opportunità per i nostri figli, tra l’altro la maggioranza di bambini sono italofoni” dice una mamma, che, abbandonati pregiudizi e stereotipi, ha saputo cogliere al meglio le tematiche della socialità. L’integrazione funziona anche tra le famiglie e se è un po’ difficile parlarsi alle riunioni di classe o lasciarsi andare nei corridoi, allora si creano occasioni per scambi più informali. ” Abbiamo portato i mercati all’interno del cortile della scuola – prosegue il direttore scolastico Del Bene – mercati a km0 della Coldiretti, in modo che davanti alle bancarelle, le mamme facendo la spesa si parlino. Abbiamo fatto dei corsi di cucina con dei premi per il piatto migliore e la regola era che i piatti lavorati dovevano essere di diversi paesi del mondo. Abbiamo anche aperto la scuola alle mamme che vengono a imparare l’italiano”.
Prodotti tipic
i della campagna direttamente nel cortile della scuola, per avvicinare fin da subito i più piccoli al cibo genuino ma anche, per favorire genitori e insegnanti che potranno così facilmente acquistare prodotti freschi direttamente da chi li coltiva o li lavora, tra una lezione e l’altra o mentre aspettano i bambini all’uscita. E il mercato non è che una componente di questo progetto sperimentale: ogni mese, per le classi vengono organizzati dei laboratori didattici in cui i produttori spiegano agli alunni l’importanza di un’alimentazione buona per sé e per il pianeta, basata sulla stagionalità e la filiera corta.E così a cadenza settimanale, ogni venerdì dalle otto e mezza del mattino fino all’ora di pranzo si potrà fare quindi una spesa di tipo diverso senza dover impiegare tempo extra, tra un’attività e la successiva e capiterà di trovare la mamma in Jilbab che chiacchiera con un papà ingeniere, in giacca e cravatta che sta per andare in ufficio. Scene che possono rassicurare chi inizia l’anno scolastico intimorito dai numeri.
In Veneto quest’anno i bambini indicati come stranieri iscritti alle scuole statali sono quasi 80.000 ma, oltre il 40% di loro è nato in Italia. In una società democratica e civile l’inserimento del diverso nella scuola e nella società è un diritto e un dovere. La diversità è una realtà nella nostra società ormai abbastanza diffusa, non sempre accettata ma molto complessa come fenomeno. Sembra strano che in una società che tende alla globalizzazione e all’intercultura ci siano ancora fenomeni di discriminazione e di giudizio del diverso. Temi centrali per insegnanti, educatori, genitori, studiosi e per chiunque creda che una delle sfide più importanti della società contemporanea sia la questione della convivenza tra culture.
J.J Rousseau : “L’uomo ha bisogno dello sguardo altrui”; cioè il diverso è necessario alla completezza dell’umanità stessa.