Magazine Racconti
Amo passeggiare, magari in luoghi vagamente fuori mano, meglio se nei dintorni ci sono ruderi o case abbandonate da esplorare. Entrare in queste costruzioni, con il rischio di crolli, d'incontri selvatici poco amichevoli e il fascino della scoperta, hanno su di me un potere assurdo. Non riesco a trovarmi nei pressi di una casa abbandonata e non entrarci, va contro la mia stessa natura, e a volte, quando il cervello si sconnette e viaggia da solo, finisco per fare cose che poi rimpiango.
Proprio l'altra sera, in compagnia di un caro amico, stavamo camminando poco distante casa mia, in quella che dovrebbe essere, ma non è, una fantastica oasi naturalistica. Un fiume, alcuni laghi, boschetti e tanto altro, che rischiano di sparire per una mera ricerca di profitto… ma questa è un'altra storia. Quello che volevo dire è che, in questa bella scarpinata, ci siamo imbattuti in una casa del tutto in balia della vegetazione. Edere che si arrampicavano sui muri, alberi da frutto diventati ormai selvatici e coi rami ricolmi di susine succose. Insomma, un gran bel vedere! Quindi, cosa abbiamo fatto secondo voi? Facile: scovare un modo di entrare e scoprire quali tesori nascondesse quel ritrovamento! Sento già cosa state pensando. No, non sono uno sciacallo, ne tantomeno vado di casa in casa razziando quello che trovo. Ammetto che però un ricordino, quando è possibile, lo prendo sempre. Che sia una cartolina appesa al muro o un segnalibro trovato per terra, il mio souvenir della visita, bene o male, lo trovo sempre. Allora, scopriamo che la porta, a prima vista chiusa, è in realtà aperta e ci invita ad entrare. Non ce lo facciamo ripetere due volte e, torce alla mano (era già buio, fattore che in seguito avrà il suo significato), iniziamo ad esplorare. Esplorazione che dura poco, visto che le stanze erano completamente spoglie. Nulla, nemmeno un vecchio giornale a terra in cui sbirciare una data. Ma ecco che, ta-dan!, ci si apre una nuova via. Una scala, che conduce a quella che sembra una vecchia cantina, ci saluta, come in qualsiasi horror di serie b che si rispetti. Un paio di tentennamenti, soprattutto da parte mia (era buio, ricordate? E sapete benissimo che non si scende una scala, di notte, dentro una casa abbandonata…), ma alla fine andiamo. E lì scopriamo che non tutto è stato portato via, anzi. La stanza in cui arriviamo è piccola, con un lavandino che trasborda libri scolastici (bambini…) e una rete metallica, di quelle che si usavano nei letti fino a qualche anno fa, con sopra un cuscino. Potete immaginare il mio pensiero… Qualcuno qui ci vive, o ci ha vissuto da poco, penso mentre con la torcia lancio occhiate furtive in giro. E così vedo la porta… Al di là c'è una stanza, riesco a gettarvi solo un'occhiata. Bauli di vestiti, una libreria che sembra esplodere dalla mole ti volumi che contiene, più altri mucchi di roba non ben definita. Esaltato dalla scoperta, sto per fare un segnale all'amico, ma in quel momento ecco che qualcosa ci distoglie. Due colpi, come se qualcuno stesse camminando al piano di sopra o stesse dando pugni al muro. Ci guardiamo, leggiamo preoccupazione in entrambi gli sguardi, ed ecco che il rumore si ripete. Di nuovo due colpi sordi, ovattati, che mi fanno pensare a Poe e al suo sepolto vivo... Allora via, con circospezione su per le scale, prestando attenzione a tutto e sperando di non fare brutti incontri. Alla fine non abbiamo scoperto da dove arrivassero i colpi, ne cosa li avesse provocati. Eravamo ancora soli, come quando siamo entrati, ma sapevamo di non averlo sognato, che i colpi ci sono stati e belli chiari. Quindi siamo tornati indietro, io con l'ansia che correva a mille, fino all'auto e abbiamo fatto ritorno a casa. Fine della storia… per ora. Sì, perché ci siamo ripromessi di tonarci, di vedere cosa contiene quell'unica stanza. Però di giorno, senza che il buio crei ombre dove non esistono.
So che suona assurdo, da chi professa amore per case abbandonate e simili, ma davvero, non di notte, quando i ricordi di mille e più film si affacciano alla mia mente e costruiscono castelli dove non dovrebbero. Non posso vedere libri per bambini e poi udire suoni che non riconosco, perché la mia mente è più forte di quello che credo e se dovesse iniziare a scalpitare allora perderei tutto il divertimento.
Tutto questo per dire che l'esperienza è stata talmente forte da avermi ispirato una storia, un raccontino che penso inizierò a mettere sulla carta entro breve. Nel post non ho nominato svariati particolari, che rendono il tutto ancora più solido e intrigante, ma non mancherò di farvi dono del racconto una volta completo. Eh sì, è proprio vero: le storie nascono da noi, da quello che viviamo e proviamo. Non c'è nulla di meglio delle nostre emozioni, nulla.
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