di Simone Provenzano
Abitudine e necessità
Nel mio personale orticello ho la fortuna di poter far crescere anche qualche animaletto da cortile. Qualche gallina con l’immancabile gallo che all’alba saluta il sole col suo canto, qualche coniglietto, un paio d’anatre accompagnate da una coppia d’oche, e due o tre famiglie di piccioni domestici. Chi ha il privilegio di poter veder crescere queste creature e bearsi della loro compagnia conosce anche l’atroce sofferenza, del tutto naturale, dell’avvento della faina o della volpe, che occasionalmente passa a reclamare il proprio tributo in sangue.
Quest’anno, purtroppo per me e per miei simpatici animaletti, i predatori hanno deciso di passare innumerevoli volte: troppe! Morale di questa moderna e bucolica favola è che tutti gli abitanti del mio pollaio sono stati sterminati svariate volte nell’arco di questo 2013. Tutti ad eccezione dei piccioni. Questa situazione ha reso possibile qualcosa di straordinario, qualcosa che ci dimostra come, non solo l’uomo, interpreti la realtà e la costruisca nel fare ciò. I miei piccioni, razza California, King e Texana, assomigliano a piccoli polli con un petto enorme. Più che volare compiono balzelli ed erano abituati a dormire fianco a fianco con i polli chiusi in un pollaio durante la notte, ma liberi di scorrazzare e fare i loro balzelli durante tutto il giorno. Non hanno mai pensato di allontanarsi. Ecco! Mai prima dell’ultimo attacco al pollaio. Le tre coppie di piccioni, di razze differenti, litigiosissimi tra loro, si sono uniti e trasferiti.
Compatti hanno formato una colonia indipendente dal pollaio su un abete a circa una cinquantina di metri dal luogo del delitto. Tutte e tre le coppie, tutte insieme, un nido accanto all’altro, un ramo accanto all’altro. Hanno ricominciato a volare. Hanno smesso di comportarsi da polli e hanno spiccato il volo. Si dirà che hanno fatto di necessità virtù, certo, ma cosa gli impediva di farlo prima? Perché si sono riappropriati della loro natura soltanto adesso?
Hanno trovato una motivazione, una spinta all’azione. Hanno rinunciato al caldo giaciglio di paglia che con amorevole cura un umano gli preparava e ai pasti gratis e abbondanti che li rendevano goffi e pigri. Hanno rinunciato ad alcune comodità che avevano imparato a dare per scontate.
Questo è quello che succede. Ci si abitua talmente tanto allo stato di cose presenti da ritenerle indispensabili, imprescindibili.
Abitudine!
Gran bella parola! Badate bene che non c’è niente di male di per se nell’abitudine, se uno si ricordasse che ce ne possiamo costruire di nuove di tanto in tanto, invece di mantenere in modo nevrotico sempre le stesse!
Ora facciamo un giuoco. Provate a chiedervi quali sono le vostre abitudini. Provate a rendervi consapevoli delle potenzialità che non state sfruttando. Chiedetevi quale è il prezzo che state pagando per le “comodità” a cui non volete rinunciare. Mentre fate tutto ciò pensate ai miei simpatici ed intraprendenti piccioni. Pensate che nel fare ciò che hanno fatto si sono resi consapevoli della loro natura e sono scampati a fauci mordaci.
Mi piace finire i miei post con una citazione. Oggi mi aiuta Sant’Agostino. Personaggio intrigante, berbero, vissuto poche centinaia di anni Dopo Cristo. Reso famoso dai suoi scritti e dalla sua conversione al cristianesimo, combatté l’abitudine a modo suo, con la filosofia. Calzante per il nostro argomento! Ecco a voi le sue parole:
Un’abitudine, se non contrastata, presto diventa una necessità.