La storia è questa e comincia con l’inchiesta sul calcioscommesse.
Il 28 maggio una serie di arresti coinvolge anche giocatori della Serie A. Le volanti della polizia entrano a Coverciano, dove la Nazionale è in ritiro per gli Europei, per consegnare un avviso di garanzia a Domenico Criscito. L’ingresso delle volanti è immortalato da telecamere e macchine fotografiche: i giornalisti erano già lì, sapevano tutto.
Il 30 maggio, in conferenza stampa, Gianluigi Buffon, portiere e capitano della Nazionale si sfoga con i giornalisti contro il blitz annunciato alla stampa e più in generale per questo modo di fare giustizia tutto italiano, con gli avvisi di garanzia preceduti dai titoli sulle prime pagine dei giornali e i verbali degli interrogatori disponibili alla stampa un quarto d’ora dopo la “chiacchierata” fra PM e indagati.
La premessa di Buffon è che chi ha sbagliato è giusto che paghi, il resto sembrerebbe quindi un discorso lapalissiano nel suo buonsenso.
Invece no. Al netto delle divisioni fra tifosi – posto che sia naturale che chi non è juventino non possa dirsi d’accordo col portiere della Juventus – è quasi impossibile trovare dichiarazioni di sostegno alle opinioni espresse da Buffon. Al contrario, lo attaccano quasi tutti. L’argomento di fondo è che il problema non è come le indagini vengono gestite, ma il reato che è stato commesso. Praticamente, un reato va perseguito in qualsiasi modo, non esistono regole e se esistono possono essere calpestate.
Oggi, 31 maggio – dopo che anche il solito procuratore Ingroia interviene contro Buffon con gli stessi argomenti, invocando sanzioni – arriva alle redazioni giornalistiche la notizia che – secondo un’informativa riservata della Guardia di Finanza di Torino – risulterebbero una serie di operazioni sospette, riguardanti “ingenti somme di denaro che lo stesso Buffon avrebbe utilizzato per scommesse“.
Anche stavolta, il carattere riservato dell’informativa e il tempismo con cui questa riservatezza è stata violata non insinuano dubbi di sorta: chi persegue reati non è tenuto a rispettare nessuna regola. E d’altra parte, poco importa che Buffon non sia nemmeno indagato e tutti i condizionali utilizzati giustamente negli articoli spariscono completamente dai titoli, che parlano subito delle scommesse milionarie di Buffon.
Insomma, Buffon è colpevole e la macchina della giustizia può cominciare a muoversi sulle prime pagine dei giornali. E’ normale che sia così, è giusto che sia così, arrivino pure le manette.
Il travaglismo ha fatto ben più danni del berlusconismo.