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[ACIDI E BASI] Dalla Val di Susa a Capo San Marco

Creato il 06 marzo 2012 da Subarralliccu @subarralliccu

[ACIDI E BASI] Dalla Val di Susa a Capo San Marco

Lo scontro che in questi giorni si sta svolgendo nella Val di Susa e dintorni (non state a spaccare il capello in quattro, per favore) è uno di quegli eventi che tanto può insegnare, a chi ha voglia di imparare. E può insegnare, sopratutto, a scegliere, a preferire, a parteggiare. Esattamente come lo è stata la strage fascista di Firenze, che mi ha definitivamente convinto che in alcuni, limitatissimi casi, il mondo è veramente bianco o nero. O meglio, nero e antinero. Ed è anche diviso fra chi prende parte e chi sta nel mezzo. Troppa gente, per non prendere una posizione netta, si attacca alla frase di Voltaire (anche se non è di Voltaire): “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darò la vita per difendere il tuo diritto a esprimerlo”. Rispondere così a certe situazioni significa fare tana liberi tutti, far parlare e far agire tutti. Politicamente e non. Anche chi uccide per impedire il libero esercizio dei tuoi diritti e della tua esistenza. E quindi forse è meglio contare fino a 10, prima di citare di nuovo Voltaire o chi per lui alla leggera.

Dunque fuori le palle gente, quelle metaforiche, s’intende. E prendere posizione il prima possibile e il più spesso possibile, grazie.

Ma non divaghiamo. Dicevo, tutto questo gran casino che sta succedendo in questi giorni, ci aiuta a scegliere cosa vogliamo oggi e cosa vorremo domani.

Per esempio, io preferisco uno Stato con il quale si possa discutere prima che quest’ultimo decida qualcosa che riguarderà la mia vita. In maniera seria ed equilibrata, possibilmente. Me lo aspetto dalle persone che mi stanno intorno, perchè non devo aspettarmelo dallo Stato? Preferisco uno Stato che dialoga, e non voglio uno che dice “Parliamo ma tanto si fa come dico io. Oppure ti mando i militari, i nostri ragazzi, a menarti, vedi un po’ tu”.

Preferisco uno Stato che non usi le forze dell’ordine come repressori sadici. Ah, occhio alle reazioni di pancia: lo stato, ora, comunque la pensiamo noialtri sui carabinieri, esercito e polizia, sta effettivamente usando le forze dell’ordine come cani da guardia. E’ proprio così, basta guardarsi un po’ di video in giro. Non è così, dite? Allora nominate una manifestazione di una certa importanza (non solo numerica) degli ultimi 10 anni, e ditemi quale non è stata repressa con la violenza organizzata. Ah, non vale tirare fuori quelle del PD o dei Sindacati, perchè quelle, quando si fanno, ormai non danno più fastidio a nessuno, e quindi, che fai? Perdi tempo a manganellare proprio loro?

Preferisco dei vertici della polizia, carabinieri ed esercito, che non trattino i cittadini come nemico da schiacciare. Capisco però che questo possa capire, quando le forze di polizia e carabinieri vengono militarizzate. E quindi, preferisco uno stato dove posso fare una manifestazione e non avere paura della polizia. Oddio, ad essere sinceri magari quella paura ce l’avrò sempre, ma vorrei sentirmi mediamente sicuro, quando esco in strada a manifestare un mio diritto. Perchè se manganelli sempre, tutto e tutti, prima o poi qualcuno s’incazza, e, indovina?, un po’ di colpa ce l’hai anche tu. Pensa all’Egitto, pensa alla Siria, pensa alla Tunisia. Se vale per loro allora vale anche per noi.

Preferisco un’informazione il più possibile imparziale ed equilibrata. Non c’è alcun giornale che nei giorni passati non si sia dato alla propaganda più schifosa o alla minima copertura possibile (qui per approfondire). O meglio, qualcuno c’è, ma, nel dubbio di scegliere per chi parteggiare, non posta niente di significativo a proposito, pur essendone ampiamente capace.

Preferisco una classe politica che abbia una capacità di descrivere i movimenti sociali con uno spettro leggermente più ampio e aggiornato al presente di ”brigatisti, antagonisti, black bloc, anarchici”. Sopratutto perchè, pesco a caso, IL black bloc è una strategia di piazza che non viene più applicata dal 2001.

Preferisco una società dove i discorsi possano essere più articolati di “Sì, vabbè ma anche loro hanno fatto questo, questo e quest’altro. Gnè gnè gnè faccia di serpente”. Quando si discute, lo si fa per davvero, non si cerca di mandare tutto in vacca. La vita non è Amici, non è Twitter, non è Facebook. Almeno spero, ma comunque proviamo a farla diversa.

Preferisco una classe politica che sappia articolare le proprie scelte in maniera diversa da “Ce l’ha chiesto l’Europa/i mercati/le nuove generazioni” senza farsi ulteriori domande. Perchè, se l’accettiamo come risposta valida, allora mi aspetto che quando l’Europa/i mercati/le nuove generazioni chiederanno loro di buttarsi dal pozzo, loro lo facciano.

Preferisco dei movimenti sociali che sappiano pensare come movimento compatto, e non si facciano dividere dai tranelli tipo “Eh, ma dovete isolare i violenti nel movimento”. Dice quello: “Sì, ci proviamo, abbiamo anche fatto delle barricate.. Ma loro hanno lacrimogeni, manganelli, idranti.. non è così facile!”.

Stop. La mia posizione s’è capita. Tiro a concludere, allora.

Quando maestri come questi insegnano, insegnano a tutti, e secondo me, oggi, insegnano sopratutto a noi sardi.

Cosa faremo la prossima volta che lo stato vorrà imporci un’altra servitù militare? Un parco eolico? Un radar militare? Una centrale nucleare? Dove inizierà e finirà il nostro impegno? Come riusciremo a organizzarci? Quali saranno i limiti delle nostre azioni e delle nostre pratiche? Ci opporremo solo con le parole, le manifestazioncine con le bandierine colorate (dal sangue, molto probabilmente, se l’andazzo non cambia) Prevederemo resistenze attive? Magari, se ci esasperano, violente? Presidi? Barricate? Ci faremo spaccare in due, violenti e non violenti, dai media nazionali?

Mi faccio queste domande, e le faccio a tutti voi che capitate su queste pagine, per un motivo ben preciso. A me sembra che queste domande vadano fatte, e che le risposte vadano trovate tutti insieme. Perchè sono risposte di cui abbiamo bisogno, come singoli e come collettività. La strada è sempre la stessa, d’altronde: studiare, organizzarsi, e, se proprio è il caso, agitarsi.

Molte delle risposte alle mie domande arriveranno con il tempo, fra poco. Molte saranno date dai comportamenti collettivi e individuali di manifestanti, forze dell’ordine, uomini dello stato, politici. Per questo la Val di Susa è così importante. Perché alla fine di tutto, avrà prevalso un modo di manifestare, uno di reprimere, uno di organizzarsi, uno di resistere e altri ancora. E il dopo di tutti noi si baserà anche e sopratutto su questi e sugli equilibri politici e organizzativi, sia locali che nazionali, che si verranno a creare.

Cabras (per approfondimenti clicca qui) è dietro l’angolo, e prima affrontiamo certe cose, meglio è. Perchè saremo soli, non avremo aiuti esterni, anche se questi vorranno venire. Perchè siamo un’isola, e se lo stato può militarizzare una vallata e bloccare le starde per poter reprimere il dissenso, per limitare drasticamente le nostre forze basta bloccare le navi, schierare i celerini nei porti di Cagliari, Olbia e Porto Torres, mettere qualche blindato sulla 131. E aspettare.


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