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All’ombra di Monti

Creato il 19 dicembre 2011 da Casarrubea
All’ombra di Monti

Mario-Monti

L’Italia è un grande Paese. Ma strano. Non ha mai prodotto una rivoluzione e chi va al potere, all’inizio è visto come un padre, poi, con il passare del tempo, diventa patrigno. O meglio un padre che ha i suoi figli prediletti, ai quali non storcerebbe un capello, e figli disgraziati sui quali è pronto a scaricare colpe e frustrazioni, magari facendosi passare per un buon padre.

Nel corso di un mese i consensi su Mario Monti sono diminuiti. Non è solo la Lega a essersi messa di traverso. Adesso si sono aggiunti l’Italia dei valori, non pochi deputati del Pdl, e una massa di persone, per lo più pensionati e piccolo-borghesi, che vedono sparire, in un batter d’occhio, decenni di speranze e aspettative. Vecchi che si vedono costretti a lavorare persino con il pannolone, e giovani per i quali, a detta del premier, si sta preparando il futuro, tenuti in casa fino a quarant’anni, per continuare la loro disoccupazione forzata anche per l’avvenire. Nel 2012 si legge nelle previsioni, saranno quasi un milione in più.

Monti, insomma, sta facendo il lavoro che l’Europa gli richiede: sanare il bilancio di uno Stato ridotto a colabrodo, far muovere l’economia tutelando gli interessi delle grandi imprese e salvando quelli della Manomorta ecclesiastica. Checché ne dica il cardinale Angelo Bagnasco. Quanti conventi, monasteri, chiese e abbazie ci sono in Italia che, con estese proprietà immobiliari, non pagano le tasse? Svolgono tutte l’opera della Charitas? E quanti santuari sono luoghi di lucro e di speculazioni commerciali? Anche loro pagano l’Ici?

In questa Italia simoniaca e illiberale, clericale e somara, capace di sopportare senza fiatare pesi intollerabili, il problema non è solo questo, ma riguarda la prospettiva, il futuro (e il presente) che non appare affatto chiaro. A cominciare dalla politica nostrana. Monti ha ottenuto la fiducia del Parlamento, ma ha subìto una frana di consensi. A parte quelli dell’opposizione leghista e da sempre forcaiola e razzista, svariate decine tra assenti, dissenzienti e, a vario titolo, contrari della stessa maggioranza. Il Pd marcia invece come un siluro verso l’obiettivo avversario che, a quanto pare, non è più la tradizionale borghesia medio – alta, il capitalismo delle imprese e delle banche, il parassitismo e la speculazione finanziaria. Sono invece le nuove marginalità, gli scarti di una società consumistica, le masse deviate da modelli edonistici diffusi. E’ il pensiero critico difforme e controcorrente.

Esiste perciò in Italia una nuova maggioranza capace sì di reggere il governo per un lungo periodo, ma che non ha motivo di farlo per motivi “tecnici”, checché ne dicano i suoi leader. Questo governo trova le sue fondamenta nella sperimentazione politica di questa maggioranza, e la sua temporanea sublimazione in Monti.

Sembra delinearsi, dunque, un nuovo blocco sociale. Ha, come comune denominatore, ceti e interessi trasversali a ciò che rimane di Forza Italia, al cosiddetto centro, e al Pd. La condizione sufficiente di tale blocco è la deberlusconizzazione della politica. Cioè la rimozione dei residui della cultura paternalistica e antistatalistica insita nell’agire personale di un ex premier e nel suo gruppo di potere. Con il seguito di cani da guardia.

Se questa ipotesi ha un qualche fondamento, non è azzardato ritenere che il governo “tecnico” di Monti, suo malgrado,  serva a stemperare le punte più accese di una convergenza storica sulla quale si costruirà un nuovo blocco sociale in Italia. E’ un governo tra due fuochi: i partiti che scalpitano e le masse che fremono pazienti. Stretto tra l’incudine e il martello, ha, tuttavia, ampi margini di manovra, perchè tutti se ne servono per il “lavoro sporco” che non hanno avuto il coraggio di fare. E ora dimostrano denti stretti, accondiscendenza, dissapori. Ma dentro vorrebbero arrivare tutti ai posti di comando. Gli spazi che rimarranno saranno disponibili solo per minoranze non alternative: Lega e neofascisti a destra, sinistra ecologica e libertaria all’opposto.

Non vi pare che suoni in questo senso la pressione che tutti i santi giorni certa stampa e propaganda, a cominciare da Giuliano Ferrara,  esercita dal più grande canale della tv di Stato, quando indica da qui a tre – quattro mesi, massimo a maggio 2012, la data delle elezioni politiche?

Alle nuove elezioni, nel prossimo anno o nel 2013, è possibile che non avremo più le stesse sigle partitiche di prima. Ma gli uomini saranno sempre gli stessi. Con la testa ai loro interessi, o in aria, magari con le bacchette magiche degli illusionisti. Tanto, diceva Curzio Malaparte, il popolo italiano è come un ragazzino: indossa sempre pantaloni corti.


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