Simbolo dalle molteplici valenze, culturali, sociali, storiche, il cappello, con le sue svariate fogge, è più di un semplice accessorio moda. È metafora di creatività, capace di influenzare i codici comunicativi, chiave di volta dell’armonia del gioco dei volumi nella mise femminile.
Ed è proprio a questo capo senza tempo che è stato dedicato l’evento di chiusura della fashion week romana. Nella cornice del Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo ha preso vita “Un Secolo di Forme – Il Cappello Made in Italy” di Patrizia Fabri per Antica Manifattura Cappelli, il più antico laboratorio romano di questo elegante accessorio.
L’installazione, sotto la direzione artistica dello scenografo Paki Meduri, si propone di ripercorrere, in un secolo di moda femminile, la storia del cappello, narrata a partire dalle forme di legno, nucleo originario di ogni copricapo. Un viaggio che ha la valenza di un racconto e che percorre il passato su un’ideale passerella.
Così sbocciano piccole forme di legno per le cloche degli anni ‘20, bizzarre per i cappelli surrealisti degli anni ‘30, basse e di stile maschile per i cappelli da indossare in bilico sulla testa negli anni ‘40.
E poi geometriche pagode per i sofisticati cappelli da abbinare agli abiti di Christian Dior degli anni ‘50, gonfie toque per cappelli che possano contenere i cotonatissimi capelli degli anni ‘60, “pamele” dalle grandi falde per i cappelli di paglia che rappresentano la contestazione degli anni ‘70.
Fino ad arrivare alle forme equilibrate e finto bon ton proprie dell’opulenza degli anni ‘80 e ai volumi bizzarri ed impossibili utili alla realizzazione di cappelli da portare solo in sfilata di quegli anni che segnano il declino del quotidiano uso del cappello, i ’90.
Per giungere, in conclusione, alle forme contemporanee, come quella di pagoda gigante realizzata per costruire un cappello disegnato da Roberto Capucci nel 2010.
Trarre spunto dal passato e trasformare il formidabile sapere antico in una visione creativa che proietti le capacità manuali in una declinazione contemporanea e sperimentale. Questo il punto focale dell’evento.
Così, accanto alla tradizione, si fa largo l’innovazione con l’esclusiva collezione firmata Patrizia Fabri che ha presentato, tra gli altri, un cappello in feltro giallo e piume di fagiano, un turbante scultura in buntal e una Pagoda parasisol.
A chiudere quest’ultima edizione di AltaRoma, dunque, un evento particolarmente in sintonia con la mission della manifestazione, da sempre attenta alla riscoperta e salvaguardia delle attività artigianali e alla tutela e valorizzazione di quei luoghi che conservano l’heritage del Made in Italy e il know how che si tramanda di generazione in generazione: partire dal passato per imparare ad essere parte del futuro.
Mara Franzese
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