Come abbiamo ricordato nel 1999 la Regione Lombardia aveva emanato un provvedimento volto a prevenire la diffusione della pianta mediante un metodo che prevedeva tre sfalci consecutivi entro al terza
decade di giugno e di luglio e la seconda di agosto. Constatato l’inefficacia del decreto nel 2004 riaffrontava il problema con la pubblicazione di Linee Guida, che ribadivano sostanzialmente la validità del
metodo previsto dal primo provvedimento , individuando tra l’altro la maggiore infestazione nelle province di Varese , Milano nord e Pavia .
Accanto agli sfalci ,le linee guida prevedevano l’elaborazione di manifesti e pieghevoli illustrativi da parte di ASL ,Comuni ,nonché incontri informativi per aumentare l’attenzione della popolazione al problema .
Dopo 12 anni la situazione è peggiorata a vista d’occhio !
In realtà abbiamo assistito ad un approccio meramente burocratico al problema ambrosia da parte di Regione ,Asl , Comuni : ognuno ritiene di aver fatto quel tanto che gli competeva !
Ma se l’ambrosia dilaga ed aumentano persone che si ammalano ,l’assessore regionale alla sanità, i direttori generali delle ASL, i sindaci non possono dormire sonni tranquilli.
Innanzitutto i sindaci se ne sono lavate le mani ,limitandosi ad ordinanze farlocche ,visto che non sono servite a limitare la diffusione del polline .
Personalmente ritengo che lo sradicamento della pianta sia meglio dei tre sfalci .
Essendo un problema sanitario che sta dilagando ,ritengo che vada aggredito mediante una seria programmazione che coinvolga Regione Asl e Comuni .
Innanzitutto occorre una mappatura delle aree infestate che si costruisce attraverso il costante e puntuale controllo del territorio da parte delle Amministrazioni Comunali i, con l’eventuale supporto delle ASL e di un agronomo Tale mappatura deve essere costantemente aggiornata .
Per ottenere un buon risultato occorre coinvolgere i possessori di aree agricole, stradali , singoli cittadini .
A tal fine è indispensabile cha a livello di ASL vengano promossi momenti di collaborazione e consulenza ai Comuni e interventi di informazione e di educazione sanitaria alla popolazione.
Devono essere organizzati incontri con le Amministrazioni Comunali e la cittadinanza, così
come corsi di aggiornamento per il personale comunale deputato al controllo del territorio ( polizia municipale ….) , in modo che acquisisca nozioni fondamentali per il corretto riconoscimento della pianta
Deve essere approntato del materiale divulgativo sottoforma di manifesti, locandine ed
opuscoli, da diffondere non solo tramite i Comuni, ma anche attraverso gli Ambulatori di
Allergologia, i Medici di Medicina Generale ed i Pediatri di Libera Scelta e da rendere disponibile
sui siti internet. Il tutto previo incontri con i medici presenti in tali ambulatori . Questo materiale ,oltre a contenere le modalità di riconoscimento nelle diverse fasi fenologiche e di differenziazione rispetto a piante simili, deve prevedere i metodi di contenimento, i sintomi dell’allergia e i consigli comportamentali per soggetti allergici, le figure istituzionali a cui rivolgersi per curarsi o segnalare la presenza della pianta.
Importante è anche il monitoraggio aerobiologico, con la divulgazione dei bollettini come strumento di controllo del territorio, in quanto la concentrazione di polline è un indicatore della diffusione della pianta.
Da ultimo è fondamentale prevedere un momento di sintesi finale con l’analisi dei risultati e
degli eventuali problemi incontrati e la riprogrammazione degli interventi per l’anno successivo.
Siamo coscienti che alcune delle cose elencate siano state realizzate , ma la loro frammentazione e disomogeneità ha portato agli odierni risultati drammatici .
Come abbiamo ricordato nel 1999 la Regione Lombardia aveva emanato un provvedimento volto a prevenire la diffusione della pianta mediante un metodo che prevedeva tre sfalci consecutivi entro al terza
decade di giugno e di luglio e la seconda di agosto. Constatato l’inefficacia del decreto nel 2004 riaffrontava il problema con la pubblicazione di Linee Guida, che ribadivano sostanzialmente la validità del
metodo previsto dal primo provvedimento , individuando tra l’altro la maggiore infestazione nelle province di Varese , Milano nord e Pavia .
Accanto agli sfalci ,le linee guida prevedevano l’elaborazione di manifesti e pieghevoli illustrativi da parte di ASL ,Comuni ,nonché incontri informativi per aumentare l’attenzione della popolazione al problema .
Dopo 12 anni la situazione è peggiorata a vista d’occhio !
In realtà abbiamo assistito ad un approccio meramente burocratico al problema ambrosia da parte di Regione ,Asl , Comuni : ognuno ritiene di aver fatto quel tanto che gli competeva !
Ma se l’ambrosia dilaga ed aumentano persone che si ammalano ,l’assessore regionale alla sanità, i direttori generali delle ASL, i sindaci non possono dormire sonni tranquilli.
Innanzitutto i sindaci se ne sono lavate le mani ,limitandosi ad ordinanze farlocche ,visto che non sono servite a limitare la diffusione del polline .
Personalmente ritengo che lo sradicamento della pianta sia meglio dei tre sfalci .
Essendo un problema sanitario che sta dilagando ,ritengo che vada aggredito mediante una seria programmazione che coinvolga Regione Asl e Comuni .
Innanzitutto occorre una mappatura delle aree infestate che si costruisce attraverso il costante e puntuale controllo del territorio da parte delle Amministrazioni Comunali i, con l’eventuale supporto delle ASL e di un agronomo Tale mappatura deve essere costantemente aggiornata .
Per ottenere un buon risultato occorre coinvolgere i possessori di aree agricole, stradali , singoli cittadini .
A tal fine è indispensabile cha a livello di ASL vengano promossi momenti di collaborazione e consulenza ai Comuni e interventi di informazione e di educazione sanitaria alla popolazione.
Devono essere organizzati incontri con le Amministrazioni Comunali e la cittadinanza, così
come corsi di aggiornamento per il personale comunale deputato al controllo del territorio ( polizia municipale ….) , in modo che acquisisca nozioni fondamentali per il corretto riconoscimento della pianta
Deve essere approntato del materiale divulgativo sottoforma di manifesti, locandine ed
opuscoli, da diffondere non solo tramite i Comuni, ma anche attraverso gli Ambulatori di
Allergologia, i Medici di Medicina Generale ed i Pediatri di Libera Scelta e da rendere disponibile
sui siti internet. Il tutto previo incontri con i medici presenti in tali ambulatori . Questo materiale ,oltre a contenere le modalità di riconoscimento nelle diverse fasi fenologiche e di differenziazione rispetto a piante simili, deve prevedere i metodi di contenimento, i sintomi dell’allergia e i consigli comportamentali per soggetti allergici, le figure istituzionali a cui rivolgersi per curarsi o segnalare la presenza della pianta.
Importante è anche il monitoraggio aerobiologico, con la divulgazione dei bollettini come strumento di controllo del territorio, in quanto la concentrazione di polline è un indicatore della diffusione della pianta.
Da ultimo è fondamentale prevedere un momento di sintesi finale con l’analisi dei risultati e
degli eventuali problemi incontrati e la riprogrammazione degli interventi per l’anno successivo.
Siamo coscienti che alcune delle cose elencate siano state realizzate , ma la loro frammentazione e disomogeneità ha portato agli odierni risultati drammatici .