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Ci sono registi che sembrano fare l'abbonamento agli Oscar e ai Golden Globes.
David O. Russell è sicuramente fra questi visto che con The Fighter e con Il lato positivo ha fatto incetta di nominations e -almeno nel primo caso- anche di premi.
E si appresta a fare tris anche con questo American Hustle, candidato in ben 7 categorie ai globi d'oro che si consegneranno il prossimo 12 gennaio.
Ma, c'è un ma, ed è parecchio grande.
Conosciuto per il suo carattere un po' così (scazzottate con George Clooney sul set, litigi con Dustin Hoffman..) è anche uno di quei registi che pur essendo insindacabilmente dal lato commerciale della strada hollywoodiana, si definisce "auteur" (perchè in francese suona meglio) nelle interviste e già etichetta i suoi ultimi tre film come una propria trilogia.
Tutta questa tracotanza di sé e questo essere compiaciuto, si riversa inevitabilmente nella sua ultima fatica che vede una regia fin troppo sicura e fin troppo "troppo".
Ma andiamo con ordine.
American Hustle racconta una storia in parte vera: quella di due truffatori/amanti che per evitare la prigione iniziarono a collaborare con l'FBI, permettendo così l'arresto di numerosi politici corrotti.
Nella parte dei truffatori troviamo così un'impressionantemente appesantito Christian Bale e una mai così sexy Amy Adams, e in quella dell'agente dell'FBI che li manovra un sempre sbalordito Bradley Cooper, qui però molto più convincente del solito. Attorno a loro gravitano una moglie depressa e fondamentalmente malata (la strepitosa Jennifer Lawrence) e un sindaco dalle buone intenzioni (Jeremy Renner), più un boss malavitoso (un invecchiato Robert De Niro) che rischia di far scoppiare tutto il piano di doppi giochi e camuffamenti.
Inutile dire che con un cast del genere si assiste ad una vera e propria gara di bravura, con praticamente ogni attore che dà il meglio di sé, tra gestualità spinte, immedesimazioni perfette e bellezze (e bruttezze) accentuate dal reparto costumi invidiabile, e poco ci sarebbe da ridire se qualcuno di loro una statuetta se la portasse a casa nei prossimi mesi.
Ma quel grosso ma iniziale torna prepotentemente per quanto riguarda il livello registico del film. Alto, per carità, molto alto (vedasi l'attenzione per i dettagli e i movimenti di macchina fluidi e intelligenti), ma così compiaciuto che spreme la colonna sonora da intenditori ad ogni passaggio, mettendo in bocca agli attori le canzoni, e esagerando con le scene al rallenty e musica; così pieno di sé da far durare un film su truffatori 130 minuti, arrivando all'ormai inevitabile colpo di scena finale dopo altre svolte e fin troppi preparativi.
Questo Ocean ambientato nei favolosi anni '70 manca quindi di quel ritmo unico che dovrebbe avere e scade sopratutto in una parte centrale dilungata.
Quello che era sicuramente uno dei film più attesi di questo 2014 è quindi per me una mezza delusione, che nemmeno la bellissima Jennifer, il pazzesco Christian, la sexy Amy o gli occhi da husky di Bradley hanno saputo risollevare.
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