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Amsterdam che luce c’era?

Creato il 08 marzo 2012 da Fabry2010

Pubblicato da giovanniag su marzo 8, 2012

Introduzione di Giovanni Agnoloni, testo narrativo di Marino Magliani

Da Postpopuli.it

Amsterdam che luce c’era?
Prendete questo testo sulla luce di Amsterdam, di Marino Magliani – autore italiano nato nell’entroterra di Imperia ma residente da molto tempo ad IJmuiden, vicino ad Haarlem – come un’introduzione o un’ouverture del suo romanzo Amsterdam è una farfalla (Ediciclo): una storia che ha per protagonista quello che è un suo doppio, un alter ego letterario che dopo tutto è lui, incaricato, com’è veramente successo, di scrivere un libro sulla sua città. Così si è immaginato immerso in tante diverse sfaccettature e direi quasi rifrazioni luminose della capitale olandese, con i suoi canali, la sua pioggia e i suoi squarci di luce. Guidato dal suo Virgilio-Caronte, un traduttore espertissimo di storia locale, in sella a una bicicletta.

Una storia ardita e lumpen, archeologica e bolañiana, degna di una penna raffinata, che, dopo aver prodotto opere del calibro di Quella notte a Dolcedo, La tana degli Alberibelli (entrambe edite da Longanesi) e La spiaggia dei cani romantici (Instar), con questo libro torna a uscire dal suo universo d’elezione, la Liguria della sua infanzia rivisitata da lontano, per immedesimarsi in quel mondo, l’Olanda, che la vita lo ha portato a scegliere, così diverso, con la sua orizzontalità, dalle terrazze delle colline liguri.

Amsterdam che luce c’era?
Ne risulta un itinerario parzialmente dentro, ma soprattutto fuori dagli schemi, che lambisce la Amsterdam turistica per immergersi in luoghi che i più non conoscono, svelando retroscena storici, architettonici, sociali, urbanistici e gastronomici di quella che resta una delle capitali europee più affascinanti e imprevedibili.

Accompagnano queste righe delle foto di vari scorci di Amsterdam scattate da Bart Bokslag, fotografo olandese.

Amsterdam, che luce c’era? 

di Marino Magliani

Amsterdam che luce c’era?
Lui mi parlava dei personaggi centrali, quelli della vera luce, Frans Banning Cock, capitano degli archibugieri, e il suo subalterno Willem Van Ruijtenberg.

“Che luce è? Guarda la bambina, con la zampa di pollo nella mano… che in olandese è Klauw, zampa, e l’archibugio è Klove, infatti una delle vie della torre Doelen, la torre per cui era stata commissionata la tela a Rembrandt, è Kloveniersburgwal. Che luce è dunque quella che illumina il volto degli altri archibugieri, e i suonatori di tamburo, e gli sparatori e gli urlatori, lasciando il loro corpo nell’oscurità?  la luna o il sole? O sono torce? Questo non lo sapremo mai…”
“È la luce della Farfalla ” dissi.
Annuì, serio, fissandomi. E ammise che era così. “È la luce della Farfalla, dovevo immaginarlo.”

Amsterdam che luce c’era?
Disse che voleva farmi fare il tour che aveva compiuto De Amicis. Dopo La Ronda andammo a guardare dunque I sindaci dei mercanti di panno, e poi passammo a vedere la Pace di Munster, e i sindaci della confraternita di San Sebastiano, di Bartholomeus Van der Helst.

Poi uscimmo, saltammo sulle bici e lasciammo il Rijksmuseum e la Stadhouderskade. Avevo appuntato ogni cosa, in una grafia che posso decifrare solo io. Ogni segno, ogni pietra che avevamo visto, ogni lettura, ogni passo de La caduta di Camus che racconta questa città, ogni osservazione di De Amicis. E prima del Rembrandttoren avevo scritto che da quelle parti aveva casa Geert Meijsing, il grande narratore olandese che soggiornava in Italia da anni e vergognosamente nessuno aveva mai tradotto. Meijsing, il nome che inseguiva quest’archittetura.

Amsterdam che luce c’era?
Che libro sarebbe diventato? Era possibile raccontare quest’aria ai lettori italiani, queste grida di gabbiani, e il rullio delle acque? I colori delle cose di giorno, la vita, la realtà, il respiro dell’hashish, l’odore delle cose che mangiava la gente. Erano le cose che non potevano mancare, in un libro su Amsterdam.

Non l’avrebbero mai riconosciuta, attraverso il mio libro. Solo l’archeologia, com’erano archeologia i miei libri appena uscivano.
Un racconto minerale, non stavo scrivendo altro. Un sotterfugio.

Le pietre dei cortili di Amsterdam che anticamente in certi posti dovevano essere gialle, mentre quelle delle vie pubbliche erano di colore rosso, così nessuno poteva rubarsi le pietre rosse per utilizzarle nelle case private.


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