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Entrò nel locale quasi in punta di piedi, come una bambina che abbia paura di disturbare, o di essere scoperta. Il fumo delle sigarette saturava l'ambiente come un mare grigio in perenne movimento. Chissà perchè, se l'era sempre immaginata enorme, quel posto, mentre adesso si rendeva conto che non era che un buco di pochi metri quadrati: una sorta di camerino leggermente più ampio di quelli che aveva frequentato nei suoi ultimi concerti. Ma aveva un suo fascino, a ben guardare.
Continua di questo passo e non ti sarà difficile trovarlo...
Anche se non ricordava più chi, era assolutamente certa che qualcuno glie ne avesse già parlato.
Il mitico club 27. Dove tutti i più grandi erano invitati a celebrare fama e gloria imperituri.
Ed ecco che alla fine era arrivato anche il suo turno.
Il primo a venirle incontro, per salutarla, fu un ragazzo biondo, coi capelli a caschetto. "Era ora che qualcuno delle nostre parti venisse a trovarmi - le disse. - qui sono quasi tutti yankees... tutta gente a posto, per carità: ma vedi... insomma, non so come dirlo, ma cominciavo a sentirmi solo..." Sorrideva come se fosse nato per farlo. La sua allegria era contagiosa. Lei passò oltre e si avvicinò al palco.
Il microfono pareva attenderla. L'occhio di bue illuminava l'esile stelo metallico come il sole l'unico fiore sopravvissuto di un campo bruciato. Amy salì le scalette laterali e con passi incerti si avvicinò al centro del palcoscenico. Si fece schermo con una mano e guardò ai suoi piedi. Gli esigui posti a sedere, una quarantina in tutto, erano quasi tutti occupati.
Riconobbe qualche viso. C'erano Jimi e il re lucertola... Janice... tutti che aspettavano in religioso silenzio di sentirla cantare. Era da un po' che il club 27 non accoglieva nuovi membri: tutta quell'attesa era giustificata, da un certo punto di vista.
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