Anatema

Da Paride

M’ammazzava pian piano con quella sua ossuta quanto insignificante locuzione verbale,
t’amo diceva, eppoi ancor t’amo;
manlevava dentro garantendo per me amore, eppur sopiva china, silenziosa, quasi in defetto,
m’osservava come una serpe, fissando i miei tarli, quasi fossero visibili.
Avrei voluto sciacquarla via, come fosse crosta sulla pelle, quella mia, con la sua,
una trepida quanto insolita fusione fredda, carne con carne, mentre il turpe m’appesa bilanciandomi,
il bacino muove, si scontra flettendo, è tutto un’onda, è tutto in uno.
Sporco e confuso sudo candeggina, lava via tutto. La pelle sbianca, brucia piano,
il corpo continua a sudare, continuo a sciogliermi, continuo a perdermi, sempre più confuso, sempre più irritato.
Lei nulla nota , lei  nulla vede, eppur sente;  è tutto un bruciare.
Fuoco, senza fiamme, non c’è guerra più sublime d’una campagna militare che muova alle spalle d’un incerto nemico, circuendolo t’inoltri, insidiando le sue carni, strappando morsi aggiungi amore,
un dolore irrinunciabile, un gioco accattivante, quasi perdi la lingua mentre ti lecca il cranio.
Un’elisione spontanea, nata dal nulla, giuocata senza  criterio, nessun valore, nessun pensiero
solo un tu ed io e tanti dubbi, insignificanti, come  un pensiero, solo, più fisico, ed in tutto quel mentre
quasi dimenticavo chi fosse la parte passiva, quasi scordavo chi e cosa fosse.
Anelava piano e stanca, affaticata dalla foga del Corpo,
povera Anima, fosse stata d’un altro l’avrei capito,
ma, ahimè, era mia.


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