Ci voleva un occhio di falco per vedere quel libro mai letto da nessuno, nemmeno considerato, adocchiato pur di striscio o di scorcio. Era riposto in uno scaffale in alto nella piccola libreria che rivende vecchi libri usati, frequentata per curiosità o passione da qualche bibliofilo o da chi va a caccia di letture d’altri tempi quanto mai inusitati. Chissà perché il libro di Petr Ilic Ostrogorskij
L’Eroe dei due mondi vegliava sul giornale che sorgeva allato
, un sociologo americano che si firmava con pseudonimo russo pur di suscitare discredito contro l’Unione Sovietica, cadde proprio in quel momento, nell’unica occasione in cui quel direttore di giornale visitò l’ironica, bizzarra, loquace, ombrosa, stravagante libreria non si sa bene se nascosta o evidenziata dal porticato che la proteggeva dalla pioggia.
Un colpo sulla nuca degno di un sapiente karateka, una solenne mazzata, un librone da due chilogrammi, con una rilegatura tagliente che avrebbe potuto decapitare anche un re dal collo sottile, in tempi di rivoluzioni arrembanti che oggi non s’usano più. Invece il lieto e brillante direttore di giornale, per l’occasione col papillon storto, fu causalmente urtato da un’insopportabile vecchia signora associata alla Croce Rossa, ancora alla ricerca, a quell’ora serale, della buona azione quotidiana. La signora si salvò l’anima, il direttore conservò l’unità del proprio corpo, e il libro che lo guardava lì da terra con occhi supplichevoli gli si spalancò sulla prima allettante pagina, con il titolo scritto a grandi caratteri: “Riorganizzazione del lavoro e qualità inutilizzate della mente umana: i segreti per moltiplicare con fantasia l’efficienza della vostra azienda”.
Quella notte trascorse insonne per il direttore salvato dalla vecchia lagnosa schiodacristi: l’uomo lesse con furiosa avidità l’intero libro, pagina per pagina, nota a piè di pagina per nota a pié di pagina. “Ma caro, non vieni a dormire con me?” gli sussurrò la giovane e tenera mogliettina facendogli le fusa. “No tesoro, non posso, sto scoprendo delle cose troppo importanti”. Intanto sottolineava freneticamente le 1.492 pagine del libro (numero fatidico!), segnando a lato di questa o quella pagina i nomi dei giornalisti della redazione che dirigeva con inflessibile pugno di ferro. E s’addormentò così, sulla poltrona del salotto, con le pagine del libro che sventolavano ironicamente mentre il campione di giornalismo russava. Il libro però era entrato nella sua fervida mente anarchica.
E allora la mattina dopo, dopo solo un’ora di sonno e una rapidissima colazione, si precipitò di corsa al giornale e cambiò ruolo a tutti quanti.
Tu fai da caposervizio? Basta, ora alla nera. Ma direttore! Tu? Basta con lo sport, fai il caposervizio. E tu nerista? E’ ora di finirla: fai gli speciali, le rubriche e le pagine delle lettere e delle opinioni. E tu perché mi guardi così? A casa tre mesi, devi smaltire le ferie!
Panico, brividi gelidi. E tu signorina? Altro che politica, d’ora in avanti sostituisci lui che resta a casa e fai le pagine di provincia!
Ovviamente era lo stesso giorno dell’arrivo di Matteo Renzi! E anche di un omicidio-suicidio! Il direttore aveva combinato lo spirito renziano con quello di Satana! Un vulcano in redazione sarebbe stato più delicato. Anche un terremoto di magnitudo nove avrebbe fatto meno danni.
Un disastro, una tragedia. Le ore di lavoro aumentarono da 10 a 14. Aveva vinto il demonio! Modificato in modo infernale l’articolo 18, tutti rischiavano il licenziamento con una facilità deprimente. La redazione divenne peggio di un girone infernale dantesco. Nessuno capiva perché doveva fare ciò non era di alcuna utilità per il giornale, tutti invocavano chi un miracolo, chi un esorcista, chi un medico, chi Giuseppe Garibaldi o Che Guevara. Solo uno pensava a don Sturzo che però era andato in esilio in Svizzera e si diceva fosse molto indaffarato.
Solo Giuseppe Garibaldi, con una truppa di soldati, una sera al tramonto scese dal cavallo al centro della piazza ed entrò in redazione di corsa, e con un blitz, gridando ritmicamente assieme ai suoi, fra cui un giovine toscano barbuto: “Bruciamo- la stampa dei padroni! Bruciamo – la stampa dei padroni!” incendiò il giornale e scacciò i demoni (nuova virtù concessa dall’autore al buon Garibaldi). Il magnanimo generale, il giorno dopo, donò una sede nuova al giornale e un direttore che di libri russi o americani non ne aveva mai letti!
Ogni riferimento a episodi realmente accaduti è frutto di ispirazione demonica
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