Un ministro italiano, il rozzo e irascibile Zanonato, dopo aver usato come clava, contro chiunque non fosse d’accordo con lui in consiglio comunale, avversari del suo stesso partito, alleati, opposizione, e in città (Padova), attraverso i quotidiani locali, l’epiteto ‘baLuba’, inteso come insulto, sinonimo di incivile, rozzo e ignorante, adesso si fa notare a livello nazionale scagliando l’epiteto contro alcuni industriali che avevano osato criticarlo in una riunione nazionale, vedi il Corriere del Veneto o La Repubblica ,tra gli altri.
L’insulto in sostanza, prende un aggettivo di nazionalità e lo carica di significati negativi ed è scagliato da uno che ogni minuto è pronto a dare lezioncine di correttezza politica all’universo mondo e di razzista a chiunque non la pensi come lui. Oggi è difficile sentire il solito tipo da bar dire ‘ti xe uno xingano, xingaro’ (sei uno zingaro, un rom) a qualcuno con lo stesso significato. In genere si mantiene sui classici ‘ti xe mona, cojòn, sémo’ per paura di essere denunciato alla magistratura. Il baldo ministro invece non ha di queste remore e usa il suo insulto preferito, ‘baluba’, senza temere che la collega di partito e di governo, Cecile Kyenge, lo rimbrotti e lo denunci.
A tutt’oggi non ho sentito un fiato provenire dal ministro Kyenge su questo fatto, eppure lei, congolese di nascita, è sempre pronta a rilasciare certificati di cittadinanza, che valgono meno della laurea albanese del Trota, a innocenti immigrati (che vedendoli consegnare da un ministro potrebbero essere autorizzati a credere che non siano bassa propaganda di partito, ma documenti validi) e a dare lezioni politicamente corrette sul multiculturalismo a chi la critica. Però la Kyenge non è ‘baluba’. Infatti lei è ‘bakunda’ cioè appartiene, secondo il sito a lei dedicato da Wikipedia, all’etnia Kunda, nota anche come Seba, che ammonta a circa 194.000 persone, di cui una minima parte nella Repubblica Democratica del Congo e la maggior parte in Zambia, Zimbabwe e Mozambico. Forse il suo multiculturalismo si è fermato di fronte al tribalismo africano.
Dire ‘baluba’ oppure ‘bakunda’ è come dire ‘francesi’ e ‘italiani’, dove al prefisso ‘ba-’ tipico di moltissime lingue bantu per formare il plurale, fa riscontro la desinenza ‘-i’ per indicare il plurale in italiano. Per indicare un singolo individuo si usano i prefissi ‘ma-’ ‘mu-’ ecc. (un individuo Luba è un muLuba), per indicare la lingua si usa un altro prefisso (la lingua dei Luba è il kiLuba) ecc., ma notoriamente le lingue assorbono i termini da altre lingue a modo loro e così l’italiano ha assunto ‘baluba’ come aggettivo singolare, plurale, maschile e femminile, appiccicato a persone o cose senza distinzione. Wikipedia scrive anche, tra le ‘curiosità’, che in lombardo e in piemontese, il termine viene utilizzato in una accezione spregiativa, sinonimo di una persona ignorante e arretrata o, a volte, per indicare un cittadino straniero. Per la verità si usa anche in Veneto, come l’ex sindaco dimostra abbondantemente.
Il Dizionario Sabatini-Colletti registra:
baluba [ba-lù-ba] agg., s. inv. • agg.: 1 Relativo a popolazioni di lingua bantu del Congo 2 fig. fam. Di persona dal comportamento primitivo. • s.m. e f.: 1 Membro della popolazione baLuba, 2 fig. fam. Sciocco: quello lì è proprio un bel b.!
In italiano la parola ‘baluba’ entra all’inizio degli anni Sessanta.
Chi sono i Luba?
Per ironia del destino l’insulto preferito di Zanonato, baluba, indica una delle etnie più importanti, dal punto di vista storico, politico, culturale e artistico dell’Africa centrale, che ha influenzato e continua a influenzare i vicini di altre etnie per il suo prestigio, così come i francesi o gli inglesi nel nostro continente, per fare un esempio.
I Luba sono un popolo di etnia Bantu della Repubblica Democratica del Congo, stanziati nelle regioni boschive e le savane del sud corrispondenti alle province del Kasai-Occidental, Kasai-Oriental e del Katanga, in un’area compresa fra il corso del fiume Kasai e il lago Tanganica. La popolazione, di 10 milioni e mezzo di individui, rappresenta il maggior gruppo etnico di quello stato, con il 18% della popolazione complessiva. Parlano il Luba-kasai, il Luba-katanga e lo swahili. I Luba appaiono all’orizzonte della storia intorno al V secolo d.C. nell’area paludosa della Depressione Upemba, che oggi si trova nel territorio noto come Katanga (detto anche Shaba). I Luba potevano però contare, oltre che sull’agricoltura, anche su una notevole serie di risorse, come l’avorio, l’oro, il rame, il frankincenso e l’ebano, oltre a fabbricare merci da scambiare come vasellame e maschere di legno. Come popolo, i Luba si distinsero per la costituzione di società agricole piuttosto complesse che con sforzo cooperativo costruirono e mantennero fossati di drenaggio e dighe. Nel VI secondo d.C. i Luba costituivano polities dove si lavorava il ferro e si commerciava sale, palma da olio e pesce secco in cambio di rame, carbone (per lavorare il ferro), perle di vetro, ferro e conchiglie cauri dall’Oceano indiano. Intorno al 1500, o forse anche prima, le varie polities Luba si unirono per formare un singolo stato sotto un re sacro, il cosiddetto Impero Luba.
Il regno di Luba o Impero Luba fiorì tra il 1500 ed il 1889. Questo impero sorse nonostante l’asprezza del territorio composta in gran parte da terreni paludosi e lacustri, anche se questa civiltà poté usufruire, a differenza di molti altri imperi africani, delle enormi risorse d’acqua rappresentate dal fiume Zaire (Congo). Molto probabilmente la popolazione, i Songye, che invase questa regione intorno al XVI secolo, e che fondò l’Impero Luba, proveniva da est, e diede vita anche all’altro grande regno della regione centrafricana, il Regno di Lumba. L’impero Luba controllava una regione corrispondente all’attuale Repubblica Democratica del Congo meridionale, ma il loro declino cominciò intorno al 1870-80, con le spedizioni schiaviste degli arabi della costa, tra cui il famigerato avventuriero Tippu Tib, che si procuravano schiavi da vendere ai regni arabi e al Brasile. Entrati anche loro nel commercio degli schiavi razziando i vicini, i Luba finirono per essere cacciati essi stessi per via dell’inferiorità bellica, dato che non possedevano fucili, mentre gli arabi e i loro alleati africani, i Chokwe, li possedevano.
Con il declino dei Luba, i belgi colonizzarono il Congo nel 1884-85. All’inizio i Luba erano concentrati nel Kasai, ma all’inizio del XX secolo furono obbligati dai belgi a trasferirsi in parte in Katanga per lavorare nelle miniere, tra cui quelle di rame, cobalto e diamanti. Data l’importanza culturale Luba, i Luba divennero una classe economicamente e politicamente privilegiata sotto i belgi, con il risentimento dei Lunda che vivevano nella parte meridionale del Katanga. Oggi i Luba della provincia di Shaba (Katanga) sono anche chiamati BaLubakat o Lubakat. Durante gli anni 1950 scoppiarono feroci scontri etnici tra i Luba-Kasai, i Lulua e i Lunda di Moise Tshombe (noto in Italia come Ciombè). All’indipendenza dal Belgio nacquero due movimenti secessionisti, quello dei Luba-Kasai, che vennero massacrati in gran numero dalle truppe governative nel 1960 e quello dei Lunda di Tshombe. Entrambi i tentativi secessionisti furono abbandonati nel 1963.
E’ in questo periodo che entrano i termini baluba e katanga in italiano, in occasione del massacro di Kindu e della guerra civile in Katanga. L’eccidio di Kindu (o massacro di Kindu) avvenne l’11 o il 12 novembre 1961 a Kindu, dove furono trucidati tredici aviatori italiani, facenti parte del contingente dell’Operazione delle Nazioni Unite in Congo inviato a ristabilire l’ordine nel paese sconvolto dalla guerra civile. I Luba non c’entravano, dato che gli italiani vennero uccisi dalle truppe che legate ai comunisti di Lumumba, sostenuto da Che Guevara, da Cuba e il Blocco Sovietico. Per una sintesi della Crisi del Congo vedi qui.
In questo contesto e in questo stesso periodo entra nel vocabolario italiano anche l’altra parola ‘congolese’, cioè katanga, che diventa di uso comune nel Sessantotto. Il Movimento studentesco, un’organizzazione extraparlamentare studentesca di sinistra, attiva in molti atenei d’Italia, particolarmente a Milano, tra i primi anni Sessanta e il 1976, disponeva di un forte servizio d’ordine, assai ben organizzato, i cui membri erano chiamati katanga o “katanghesi” (dal nome di attivisti francesi del Maggio ’68, ispirati dal nome della provincia secessionista congolese in continuo subbuglio, in cui operavano anche mercenari belgi e francesi). Il termine ha ripreso vita di recente, mentre ‘baLuba’ non ha mai conosciuto declino, finora. I Luba, però, sono veri katanghesi, ma per un capriccio del destino il loro nome ha assunto in Italia il significato di sciocco ignorante.
Durante il governo post coloniale i Luba dovettero fronteggiare una pesante repressione e discriminazione a opera soprattutto del presidente Mobutu Sese Seko, che incoraggiò i Lunda del Katanga ad aggredire e cacciare i Luba, mentre l’esercito talvolta partecipava alle razzie di persona. I Luba-Katanga furono costretti a tornare nel Kasai, da dove mancavano da un secolo. La caduta di Mobutu avvenne per via di quello che doveva diventare l’inizio delle prima Guerra Mondiale africana. La repressione dei Banyarwandans , congolesi di origine hutu e tustsi ruandesi, provocò scontri etnici, che saldarono un’alleanza tra questi e i Luba. La ribellione fu quindi guidata dal Luba Laurent Kabila e cominciò in Zaire/Congo nel 1996, finché nel maggio 1997 Mobutu fuggì dal paese. Questo conflitto mise in ombra altri conflitti nella zona dei Grandi Laghi africani e nel Katanga. I ruandesi avevano aiutato Kabila per timore delle milizie hutu ruandesi che avevano perpetrato il genocidio in Ruanda e che, avendo perso, si erano rifugiate nei campi profughi dell’ONU in Zaire/Congo, da dove organizzavano feroci scorrerie. La presenza ruandese cominciò a farsi pesante per Kabila, che cambiò alleanze, cacciando i ruandesi dalla Repubblica Democratica del Congo, come venne rinominato il paese (ex-Zaire), si alleò con i restanti hutu di origine congolese e altre etnie, mentre i tutsi congolesi si alleavano con il Ruanda e l’Uganda, e altri gruppi etnici congolesi formavano milizie private di questo o quel capo tribale. Il conflitto, che interessa le province di South Kivu e Katanga vede il presidente Kabila appoggiato dalla Libia (all’epoca di Gheddafi), Zimbabwe, Angola e Namibia, ma sembra aver poco influito sui Luba-Kasai, che non hanno ancora appoggiato nessuna fazione in modo chiaro. Alla fine del 1999 gli accordi di pace di Lusaka posero termine al conflitto ufficiale, ma le ostilità sono proseguite con conflitti interetnici a ‘bassa intensità’, con milizie etniche, mercenari e l’interessamento massiccio di Francia (sempre pronta a dar lezione agli altri, ma con più pelo sullo stomaco di un gorilla) e Cina (con la consueta pesantezza di mano). La UN Peace Observation Mission in the Congo (MONUC), la forza ONU chiamata dal presidente Kabila dovrebbe far rispettare con la consueta inefficacia gli accordi di Lusaka.
La presa del potere dei Kabila, padre e figlio presidenti uno dopo l’altro, ha messo fine alla discriminazione politica ed economica sofferta dai Luba per oltre trent’anni per mano del governo Mobutu, ma i Luba, come altre etnie, sono stai duramente puniti dalle conseguenze della cosiddetta prima Guerra Mondiale d’Africa, che dal 1998 vede i governativi congolesi, appoggiati da Angola, Namibia e Zimbabwe contro i ribelli sostenuti da Uganda e Ruanda. Le province con una grossa popolazione Luba vedono la presenza massiccia di truppe dello Zimbabwe che li proteggono dalle milizie tutsi ostili, anche se i Luba con il recente regime dei Kabila (prima, Laurent dal 1996, poi Joseph dal gennaio 2001, entrambi Luba) sono diventati una minoranza avvantaggiata.
Secondo il Profilo del World Directory of Minorities and Indigenous Peoples la situazione dei Luba resta pericolosa per via delle tensioni tra Luba e Lunda nella provincia di Sheba (cioè il Katanga) e dopo l’assassinio di Laurent Kabila nel 2001, anche per via della mancanza di coesione tra Luba, che aveva provocato l’esclusione di un politico Luba assai popolare a Kinshasa e nella provincia di Kisai, Etienne Tshisekedi, dal governo di Laurent Kabila. Per questo motivo il World Directory of Minorities and Indigenous Peoples considera che i Luba continuino a essere una minoranza a rischio di persecuzione, se la bilancia del potere si sposta ancora per via della guerra ‘mondiale’ africana, specialmente in Katanga. (segue)
Bibliografia
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