La strategia del terrore finanziario si concretizza nelle minacce di Schaeuble: gli impegni sono irrinunciabili, Westerwelle promette aiuti alla Grecia. Ma a quale prezzo?
La Grecia rialza la testa, sulla questione debitoria che ha portato al collasso l’economia di Atene. Il risultato delle politiche di domenica scorsa ha evidenziato complessivamente una avversione alle smanie eurocentriche di Frau Merkel. Da più parti si auspica una revisione degli accordi di risanamento sottoscritti dal governo bankokratiko di Papademos con la Trojka FMI-BCE-Germania travestita da UE. Non è concepibile un tentativo di mantenere in vita un’istituzione fallimentare e morente come l’euro, sulle spalle del popolo greco che da troppo tempo è strozzato da un’austerità imposta dall’alto.
Le politiche richieste dalle ambizioni della Merkel cominciano comunque a mostrare tutti i difetti delle scelte economiche volte a stabilizzare la finanza globale della morente Europa, a scapito delle economie dei paesi più deboli.
Schaeuble sottolinea che l’adesione all’euro non è cogente, forse più per spaventare chi in Grecia sostiene la necessità di uscire dalla moneta che sta strangolando l’economia del paese. Nessuno crede che la Germania auspichi un’uscita di Atene dalla moneta unica: sarebbe una scelta suicida per tutta l’area euro, dopo Atene seguirebbero a ruota Lisbona, Roma, Madrid, e i bigliettoni colorati che odorano di fotocopia andrebbero a farsi benedire. Se i piani di rientro sono eccessivamente onerosi per i cittadini degli stati coinvolti, sarebbe buona norma ritrattare gli accordi presi, per evitare una crisi globale dell’area euro.
A nulla debbono valere i proclami paternalistici del ministro delle finanze tedesco: la sovranità degli stati non possono soccombere alla logica del potere finanziario, deciso a tavolino da una triade che poco ha da invidiare all’omonima di Hong Kong, in quanto a spietatezza.
Un’Europa che rinnega le proprie origini culturali e poggia la propria autorità unicamente sul ricatto finanziario dei potentati non è un’istituzione degna di annoverare tra i suoi membri i paesi taglieggiati da chi vive di speculazioni e sfruttamento.