Berlusconi ritorna in campo, generando un finto effetto sorpresa. Napolitano chiede a gran voce una nuova legge elettorale che dovrà permettere a Mr. Bunga Bunga di tornare al governo, magari con l’appoggio di Montezemolo.
Una buffonata: non riusciamo a trovare termine più calzante per descrivere la situazione generata dall’annuncio del Mastro del Burlesque, il Reuccio di Arcore, l’adepto di Priapo, quello del miracolo italiano. Patetico.
Che Angelino Alfano non fosse leader nemmeno nella sua camera da letto, si era capito da tempo immemore. E’ quello che ha perso le elezioni, il quarantenne dal futuro (non) radioso. Che poi abbia dovuto fare i conti con un partito in cui l’unico programma era lo scandalo, poco conta. Serviva una figura da immolare alla causa, uno cui addossare tutte le colpe del fallimento del PdL alle amministrative.
Adesso abbiamo una certezza inequivocabile: più le cose cambiano, più sono destinate a rimanere le stesse. Silvio Berlusconi, come gran parte della casta che ha contribuito a creare, non ha la minima intenzione di mollare la poltrona, o almeno è deciso a vender cara la pelle.
Il progetto si svela in tutto il suo marciume, ne avevamo parlato qualche tempo fa quando non attribuimmo al governo Monti tutta la colpa dei disastri italiani, gran parte dei quali causati colpevolmente dal governo Berlusconi con la complicità di una sinistra rarefatta ed asservita.
Adesso è evidente: rottamatori, formattatori, quarantenni, liste civiche facevano parte di un disegno di ricostruzione di un consenso e di una popolarità ormai rarefatte. Chi ci tacciava di pazzia è stato smentito prontamente. La strategia utilizzata è piuttosto ridicoleggiante, umilia l’intelligenza di potenziali elettori della nuova creatura che il centrodestra si appresta a varare, in vista delle prossime elezioni.
La credibilità politica e la necessità di dotarsi di un programma faranno a pugni con un populismo che renderà Grillo il più fine degli ideologi degli ultimi cento anni: a Silvio basterà dire di poter rimediare ai disastri del governo tecnico. Toglierà l’IMU, bloccherà il prezzo della benzina, dismetterà Equitalia si inventerà qualche altra diavoleria che potrebbe costringere l’Italia dei disperati a sprecare un voto verso un’entità politica che è quella del vecchio che ritorna.
Riuscirà nel suo intento, l’animatore delle serate di Arcore? Speriamo di no, anche se ovviamente è ancora in grado di mettere in campo una macchina propagandistica che potrebbe fargli ottenere un 25-28% di preferenze, sufficiente a garantirgli una posizione importante nel prossimo esecutivo. Affinché questa congettura possa diventare realtà serve una nuova legge elettorale (di colpo diventata, per bocca di Re Giorgio da Roma irrinunciabile ed improcrastinabile) che dovrà contenere tutti quegli accorgimenti e quei correttivi che un lauto premio di maggioranza al primo partito (o coalizione). Allora basterà candidare chiunque, reinserire il voto di preferenza (per dare l’illusione di democraticità). E poi presentare la lista dei pensionati, quella delle casalinghe, quella dei benzinai, e poi Soldatino, King, D’Artagnan: nella nuova casa del centrodestra italiano potranno trovare spazio tutti coloro i quali sono in grado di tirare a sé qualche voto di preferenza. Così, nel frattempo, sarà possibile arginare l’avanzata di quell’antipolitica che tanta paura suscita nei pupari della politica old style.
Da catalizzare nel solito calderone che produrrà l’ennesima infornata di Stracquadanio, Santanché e via dicendo.
E torneremo indietro di tanti, tanti anni. Senza via d’uscita, se gli italiani non saranno disposti a ricordare da dove sono sorti tanti problemi di ordine sociale, politico ed economico. Perché il modello anticulturale berlusconiano non può continuare a radere al suolo un paese che ha già troppi guai, per permettersi un erotomane al governo per i prossimi anni.