Mentre David Stern annunciava il nome di Anthony Bennett alla numero 1, Danny Ainge e Billy King erano in dirittura d’arrivo di una delle “blockbuster trade” che più segneranno la storia futura dell’NBA, chiudendo uno scambio che ha oscurato un draft già di per se strano e movimentato. Boston ha spedito nel più grande borough newyorkese Paul Pierce, Kevin Garnett e Jason Terry, ricevendo come contropartite il contratto di 12 milioni di dollari in scadenza di Kris Humphries (che non vestirà mai la maglia biancoverde), Gerald Wallace, Kris Joseph, Keith Bogans, Marshon Brooks, scelto proprio dai Celtics nel 2011 e girato subito ai vecchi New Jersey Nets, ma soprattutto tre prime scelte nei draft 2014, 2016 e 2018. La trade sarà approvata ufficialmente dall’NBA solo il 10 Luglio. Solamente tre giorni prima era arrivata un’altra scossa all’ambiente bostoniano, con coach Doc Rivers che cedeva alle lusinghe di Chris Paul e accettava di diventare il nuovo allenatore dei Clippers.
Questi due movimenti hanno sancito la volontà del GM Ainge di ricostruire in maniera definitiva. Resta comunque l’amaro in bocca per i tifosi di “beantown”, che nella prossima stagione dovranno vedere in maglia Brooklyn il loro vecchio capitano e KG, che per i Celtics ha dato anima e cuore. Tuttavia, le scelte della dirigenza di Boston a lungo andare potrebbero essere state ottime, dato che comunque si riparte da un nucleo molto giovane ma già esperto, con Rajon Rondo (smentite le voci che lo volevano a Dallas) a guidare una base di “piccoli” molto interessante, composta da Avery Bradley, Marshon Brooks, Courtney Lee e Phil Pressey (ex playmaker di Missouri, andato undrafted e subito firmato da Ainge), e con Jeff Green pronto a caricarsi di responsabilità, in un anno in cui le sue cifre statistiche saliranno prepotentemente.
A preoccupare è il settore lunghi, che presenta pochissime certezze: Jared Sullinger nelle recenti interviste ha più volte ribadito di essere guarito al 100%, ma il recupero da un’ernia al disco non è mai semplice, e Howard ne è la dimostrazione. Dal draft è arrivato il lungo ex Gonzaga Kelly Olynyk, un 7 piedi molto tecnico e rapido che potrà avere da subito un impatto importante. Poi, il “solito” energico Brandon Bass e le incognite Fab Melo (avrà mai un ruolo in NBA?) e Shavilk Randolph, dimenticato da Rivers negli ultimi playoffs dopo un ottimo finale di stagione.
Come detto in precedenza, la situazione non è cosi buia se la si analizza oggettivamente e dal punto di vista salariale: i Nets con questa mossa possono essere una serie contender per i prossimi 2, 3 anni al massimo, ma a livello economico rimangono bloccati, avendo già sforato il salary cap (che sembra non rientrare tra le preoccupazioni del miliardario russo Prokhorov), mentre i Celtics dovranno affrontare una stagione di transizione ma con la “libertà” di movimento futura e con i playoffs che sembrano essere comunque alla portata, soprattutto se dovesse arrivare uno tra Josh Smith (via sign-and-trade) o Paul Millsap (rumor delle ultime ore). Altrimenti, la soluzione è il “tanking“, espressione gergale usata come “arresa”, come “ricerca della sconfitta”, in modo da finire nella lotteria e pescare bene in un draft del 2014 che sarà ricchissimo di talento.
Sicuramente le possibilità di titolo per i Celtics si avvicinano allo zero per almeno le prossime due stagioni, ma con un nucleo di giovani così importante, con la firma di un allenatore preparato (si parla di Brett Brown, assistente degli Spurs) e con un pizzico di fortuna nei prossimi draft probabilmente il “green pride” rappresentato da Paul Pierce e Kevin Garnett non sembrerà così distante.