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Bronson (di Nicolas Winding Refn, 2008)

Creato il 02 ottobre 2012 da Iltondi @iltondi

Michael Peterson (Tom Hardy) dimostra fin da piccolo due particolari attitudini: la voglia costante di essere al centro dell’attenzione; porsi al centro dell’attenzione attraverso la violenza. Giovanissimo, compie una rapina e finisce in carcere per sette anni, ma neanche lì riescono ad ammorbidirlo. Tutt’altro. Intanto si fa chiamare Charlie Bronson, come il celebre attore americano. Tra risse, aggressioni e sequestri, percorre il suo lungo tour delle prigioni inglesi: più di trentacinque anni dietro le sbarre, di cui trenta in isolamento. Bronson (di Nicolas Winding Refn, 2008)

Le prime immagini, titoli rossi su sfondo nero, musica elettronica, sembrano uscite direttamente dagli anni 80. Nicolas Winding Refn gioca da subito a scomporre gli schemi classici, alternando un’autopresentazione del personaggio («Avevo una vocazione. Non sapevo quale. Ancora.» La violenza, ovviamente…), intermezzi su un palco teatrale (il protagonista viene reso una figura scenica impegnata in un soliloquio, un attore che presenta al pubblico i fatti della sua vita) e il normale flusso della storia, dal passato di ragazzo riottoso a vero esteta della violenza. Bronson (la sua è una storia reale, che continua tuttora) è un personaggio che d’altronde si presta benissimo alla trasposizione cinematografica: egocentrico, narcisista perverso nella ricerca dell’autoaffermazione, con l’unico obiettivo di diventare famoso; ci è riuscito, girando l’Inghilterra attraverso le sue carceri (ma, come dice lui stesso nel film: «…io non vedevo la cella come una gabbia. Per me, era una camera d’albergo.» Citando le sue parole, vedeva la galera come “un’opportunità” per dimostrare quello che sapeva fare). Per la cronaca, è diventato persino un artista (vengono mostrati alcuni suoi disegni). Pellicola manierata, ma non stucchevole, di un nuovo virtuoso del cinema europeo. Molta camera fissa, primi piani eloquenti, e poi inserti operistici alla maniera di Arancia meccanica (si sentono Puccini, Verdi, Wagner, Strauss). La colonna sonora comprende anche un pezzo dei Pet Shop Boys (It’s a sin). Prestazione sopra le righe per Tom Hardy, gonfiato per la parte e dalla mimica ineccepibile.


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