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Brooklyn Nets, da dove si riparte?

Creato il 30 maggio 2014 da Basketcaffe @basketcaffe

Era l’anno del tutto per tutto, per una squadra però neonata da cima a fondo. A partire dal tecnico, un “rookie” tra i coach NBA ma non certo uno sconosciuto nell’ambiente, tale Jason Kidd, e passando per la moltitudine di nuovi giocatori arrivati in estate a Brooklyn, per vincere. Sin da subito. L’obiettivo è fallito miseramente di fronte ai due volte campioni in carica, i Miami Heat, e i Nets ora non sanno quante altre possibilità avranno di competere per il titolo.

Se si sommano gli anni di nascita e li si divide per il numero dei componenti a roster, 15, in questo momento, il dato è eloquente: 1984, 30 anni. Tale è la media di età di Brooklyn, che diventa ancor più alta se si sommano gli effettivi protagonisti della scorsa stagione. Il quintetto titolare cita nomi straordinari, ma tutti ormai con una lunga carriera nella Lega alle spalle, del calibro di Deron Williams (1984), Joe Johnson (1981), Paul Pierce (1977), per altro in scadenza di contratto avendo firmato per un solo anno al termine della scorsa stagione, Kevin Garnett (1976) e Brook Lopez (1988). Proprio il centro rappresenta, senza dubbio, il punto di partenza su cui costruire il futuro della franchigia.
Se analizziamo alcuni dei principali sostituti la situazione non è molto migliore, né in termini anagrafici né di legami con la franchigia: Shaun Livingston (1985), anch’egli prossimo free agent, Alan Anderson (1982), neanche a dirlo a breve libero da vincoli contrattuali, Andrei Kirilenko (1981). Se consideriamo che Garnett, insieme a Kirilenko e ad altri due ottimi giocatori, funzionali per questi Nets, come Mirza Teletovic e Andray Blatche saranno in scadenza di contratto al termine della prossima stagione, la situazione pare davvero precaria. Aggiungiamo inoltre che Brooklyn ha lasciato le prime scelte del prossimo Draft, del primo e secondo giro, a Celtics e Sixers, oltre alle prime del successivo Draft agli Hawks e le prime del 2016 e 2018 nuovamente a Boston. Serve sperare che il presidente Mikhail Prokhorov abbia ancora qualche asso, ma soprattutto qualche milione, nella manica da spendere per risollevare nuovamente le sorti di una franchigia che potrebbe ritrovarsi in pezzi nel giro di un paio di stagioni.

Che dire della scorsa stagione in casa Nets? Dopo un 2013 al limite dell’oscenità, fatto di sole 10 vittorie su 31 partite disputate e di una posizione fuori dai playoff anche in una Eastern Conference davvero di basso profilo, ecco che con il nuovo anno le cose hanno iniziato a funzionare per il meglio. Brooklyn ha vinto 34 delle successive 51 sfide disputate e si è qualificata agilmente alla post-season, seppure con un record non più che modesto (44-38) e con un ancor più modesto quinto posto complessivo ad Est. Non c’è da sorprendersi se si pensa che, se Brooklyn si fosse trovata nella ben più competitiva Western Conference, avrebbe dato addio ai suoi sogni di gloria già dalla stagione regolare, poiché tale score sarebbe valso la miseria di un decimo posto complessivo. I playoff hanno regalato da subito un avversario competitivo e intrigante come i sorprendenti Raptors di questa stagione. Toronto ha perso all’esordio il fattore campo, grazie a una grande prestazione dei “vecchietti” terribili dei Nets, ma l’ha recuperato in gara 4 andando a vincere al Barclays Center, grazie a un super DeMar DeRozan. I canadesi hanno vinto gara 5 in casa assicurandosi un doppio match point, sprecato, prima con una gara 6 senza storia in favore di Brooklyn, ed infine con una sconfitta di misura tra le mura amiche. La squadra di Kidd, che ha dimostrato ancora scarsa capacità di gestione e qualche limite tattico in varie fasi della serie, deve ringraziare l’eterno Paul Pierce, che ha stoppato il tiro della possibile vittoria di Kyle Lowry sulla sirena. E’ arrivato così il successo dei Nets per 104-103 e il conseguente passaggio del turno verso le semifinali di Conference.

Se i Raptors hanno pagato la scarsa esperienza, nel recente passato, su palcoscenici a questi livelli, gli Heat, nonostante avessero perso tutti e quattro i confronti diretti contro Brooklyn in stagione regolare, non hanno avuto difficoltà a sbarazzarsene in cinque gare. Il sogno di Jason Kidd e dei suoi uomini è sfumato di fronte alle due batoste subite nell’esordio della serie all’American Airlines Arena e alla sconfitta in casa in gara 4, seguita da quella definitiva a Miami in gara 5. Ciò ha dimostrato come la composizione di una squadra fatta solamente di grandissimi nomi, ma senza un gioco costruito a dovere e con troppe pressioni da soddisfare, perda sempre nei confronti di un team che, invece, si è abituato nel tempo a vincere e convincere a grandissimi livelli e si avvia verso uno storico three-peat.

Questa estate quindi per i Nets sarà ancora piuttosto movimentata, intanto perchè dovranno capire la volontà di Kevin Garnett, ancora indeciso se tornare per un’ultima stagione o ritirarsi definitivamente (visto che le sue prestazioni anche quest’anno sono state lontane dai suoi standard). Poi perchè mè molto probabile che perderanno sia Paul Pierce (si parla di un approdo molto probabile ai Clippers) sia Shaun Livingston (lo spazio salariale a disposizione non sembra permettere una sua ri-firma).
L’asse da cui partire sarà quindi quello formato da Brook Lopez (il migliore dei suoi nonostante l’infortunio), Deron Williams (che si è operato ad entrambe le caviglie nei giorni scorsi), Joe Johnson (impossibile da scambiare visto il suo contratto). Servirà poi implementare la fase difensiva, e qui dovrà uscire l’importanza di Kirilenko (magari da 4 atipico per aprire il campo in attacco). L’ultimo e unico tassello da lasciare inviolato sembra proprio la panchina di Kidd. Chissà che l’ex playmaker non delizi tutti con un colpo da maestro, come faceva sul parquet, nella prossima stagione.


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