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Brooklyn Nets: l’altra faccia (triste) di New York

Creato il 28 maggio 2015 da Basketcaffe @basketcaffe

Se Atene piange, Sparta non ride“. Un vecchio adagio che immediatamente riporta alla mente la difficile situazione che vede protagoniste le due franchigie NBA residenti nella Grande Mela. I New York Knicks, sotto la guida di Phil Jackson in cabina di regia, tentano di recuperare un barlume di credibilità (magari attraverso il mercato free agent) dopo molte stagioni di promesse non mantenute. Sull’altra sponda invece i cugini dei Brooklyn Nets, pur avendo raggiunto la qualificazione ai playoffs (eliminati al primo turno per mano degli agli Atlanta Hawks) hanno ben poco da sorridere, sia per quanto visto durante l’ormai archiviata regular season sia per ciò che riserba il futuro a breve termine.

Il piano dei Nets 2.0 disegnati dalla premiata ditta Jay-Z feat. Mikhail Prokhorov prometteva bene: una nuova location ed impianto all’avanguardia, un roster con gente di spessore ed esperienza (Deron Williams, Joe Johnson, Paul Pierce e Kevin Garnett), un allenatore come Jason Kidd amato e rispettato dai tifosi Nets di ieri e di oggi. Non sarà questa la stagione del de prufundis ma qualche campanello d’allarme inizia a suonare, ed ignorarlo sarebbe senz’altro stupido.

I dati statistici (considerando la sola regular season) non sorridono certo alla franchigia newyorkese che praticamente non eccelle in nessuna voce (dai punti a partita – 20esimi, ai rimbalzi catturati – 22esimi). Va ricordato che durante i playoffs hanno comunque venduto cara la pelle ad Atlanta, ma è chiaro che la facilità di accesso alla post season nella Eastern Conference ha permesso per un momento di infilare la polvere sotto il tappeto.

Polvere o meglio polverone che invece ha provocato le dichiarazioni di un ex B-Nets come Paul Pierce, che non ha certo avuto parole al miele per descrivere la sua esperienza a Brooklyn:

Non era una squadra di matricole ma di veterani eppure in molti non avevano voglia di allenarsi e di lottare in campo. Io e Kevin Garnett ci siam detti ‘Che è sta cosa?’. Dovevamo andarli a prendere tutti i giorni e portarli all’allenamento. Prima di arrivare ai Nets consideravo Deron Williams come un candidato al titolo di MVP, ma poi mi sono reso conto che era lui stesso a non volerlo, penso che abbia sofferto molto; giocare a Utah è diverso rispetto alla pressione mediatica che c’è a NY“.

Dichiarazioni di certo poco gradite nell’ambiente, una picconata nel ghiaccio come quella del presidente Prokhorov che nel mese di febbraio ha deciso di mettere sul mercato tutti i “pezzi pregiati” della squadra, da D-Will a Joe Johnson, passando per Brook Lopez. Era forse solo un avvertimento verso i propri giocatori, ma che comunque denuncia un fallimento del progetto tecnico minuziosamente creato qualche stagione fa.

Dopo un’annata piuttosto tormentata è lecito chiedersi se andare avanti così oppure ricostruire su nuove basi: Brook Lopez ed Alan Anderson saranno free agent quest’estate (in quanto orientati ad attivare la propria clausola), Thad Young può uscire in anticipo dal suo contratto, e necessitano quindi di essere rimpiazzati pescando nel bacino dei senza contratto. New York è sempre una piazza che ingolosisce ma è chiaro come il sole che per attirare grandi giocatori servono progetti tecnici ambiziosi. Quello di Brookyn lo è ancora?

 

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