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Il Partito Comunista Italiano è stato per decenni una sicurezza, l'approdo sicuro per operai, Braccianti e di tutti i diseredati che venivano allora considerati "proletariato", ovvero appartenenti alla classe di coloro che avevano come ricchezza la proprietà delle braccia dei propri figli, era il partito che si batteva, insieme ai sindacati, per migliorare le condizioni di vita dei contadini strappati alle campagne per alimentare le catene di montaggio delle fabbriche del Nord italia, poveri rozzi analfabeti esposti alle prepotenze dei padroni.
Per questo raccolse tante adesioni e divenne un partito grande potente e influente e pure molto ricco. Una ricchezza che andò ad alimentare un apparato burocratico numeroso e ed efficiente.
Ma in pochi decenni il modo è mutato con una velocità mai vista prima. le condizioni di lavoro sono mutate e la ricchezza pro capite aumentata in modo esponenziale. Nuove tecnologie hanno reso meno gravosi anche i lavori più pesanti e l'analfabetismo è quasi scomparso e con l'aumentato tenore di vita è praticamente scomparsa la classe proletaria, con le sue famiglie numerose e pittoresche.
Già negli anni settanta, all'apice del successo elettorale del Pci, l'allora segretario Enrico Berlinguer aveva compreso che un'epoca era al tramonto e davanti all'evidenza (il numero degli iscritti al sindacato dei metalmeccanici diminuiva anno dopo anno) decise che il partito doveva cambiare rotta, complice pure il declino evidente dell'Urss.
I conosciuti eventi politi internazionali (il crollo dei regimi comunisti dell'Est Europa) accellerò un processo di trasformazione che ha portato alla creazione di quello che oggi chiamiamo Partito Democratico, che ha ereditato dal Pci la burocrazia, l'influenza e la ricchezza, ma non la rappresentanza dei lavoratori, trasformatosi pure loro da operai in altro, in impiegati precari, piccoli commercianti, liberi professionisti fornitori di servizi vari, impegnati in mille attività spesso nemmeno normativamente ben inquadrate.
Lavoratori rimasti senza una vera tutela politica e sindacale, essendo il sindacato rimasto a tutelare i suoi iscritti ormai in pensione e la propria ricchezza e influenza e il partito votato all'autoconservazione della propria classe dirigente, composta ormai dalla seconda generazione di politici, figlia dei padri fondatori, strettamente collegatasi a quella che una volta era la controparte del partito dei lavoratori: la classe padronale, oggi definita imprenditoria.
Il cambiamento era evidente da tempo: non si sono mai più viste le imponenti manifestazioni che portavano in piazza decine e decine di migliaia di metalmeccanici, con scioperi che bloccavano tutto il paese. I sindacati al massimo hanno organizzato alcune gite a Roma, in pulmann, per i loro pensionati.
Alle proteste operaie si sono sostituiti i "girotondi" degli intellettuali, portatori di interessi minimi, di minoranze rumorose e di istanze ininfluenti.
Il prodotto delle mutazioni socio politiche di questi ultimi decenni è pienamente visibile in questi giorni a Milano, che durante queste ultime elezioni amministrative ha offerto uno spaccato degno della migliore commedia all'italiana, se ci fosse in circolazione qualcuno capace di farla (ma noi ce semo meritati Nanni Moretti, mica Alberto Sordi).
Non era infatti bastato lo spettacolo di una competizione tra due poli composti dal medesimo milieu meneghino, nella quale la critica più feroce alla candidata sindaco del centrodestra era stata la cognata, mentre il borghesissimo avvocato a candidato del centrosinistra si preoccupava soprattutto di non sembrare troppo di sinistra, a causa dei trascorsi giovanili, e portava avanti le classiche istanze "alte" della sinistra più acculturata.
Non è bastato perché a dare un tocco più farsesco a Giuliano Pisapia è arrivata la benedizione, ma qualcuno lo definisce già come "il bacio della morte", dell'intero radicalismo chic milanese, del quale si è fatta portavoce, com'è naturale che sia, la chicchissima Repubblica del Platone de noantri E'unGenio Scalfari.
Quello che colpisce di più è soprattutto il tono con il quele le varie Maria Giulia Crespi e i vari Piero Bassetti esprimono la loro preferenza per il candidato di sinistra, il disprezzo con il quale liquidano la plebaglia incolta e probabilmente pure puzzolente che appoggia l'avversario: quei lavoratori che magari si alzano alle cinque della mattina e rientrano alle otto di sera per portare a casa la pagnotta.
La constatazione finale è che non c'è più il partito dei lavoratori e se c'è forse è proprio quello di Bossi, almeno a Milano.
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