Magazine Opinioni
Quando apparvero sulla scena sembrò che fossero proprio loro i barbari che stavamo aspettando, quelli che secondo Kostantin Kavafis ci avrebbero risolto i problemi.
Si erano presentati prorpio come barbari, con gli elmi cornuti e le lunghe barbe incolte, devoti alle acque dei fiumi e agli alberi delle foreste.
(Umberto Bossi anni 80)
Per la verità al mito celtico avevano mischiato quello medioevale della Lega Lombarda, dalla quale avevano mutuato il nome, a cominciare dal simbolo del partito, l'immagine di Alberto da Giussano, l'immaginario eroe della lotta dei comuni contro l'Impero, ma il tuttocontribuiva in fondo a creare la giusta immagine di ingenua rivolta dei lavoratori del nord Italia contro l'oppressione fiscale dello Stato centralista, così bene sintetizzato nello slogan Roma Ladrona.
I primi ad arrivare sulla scena politica nazionale furono il capo assoluto del movimento, Umberto Bossi da Gemonio e (VA) e Francesco Speroni da Busto Arsizio (VA).
(Francesco Speroni al Parlamento Europeo)
Il primo appariva indubbiamente come un capo carismatico, sebbene più che un capo tribù celta apparisse quasi come una sorta di nuovo Masaniello appena arrivato da un vicolo della Napoli die quartieri spagnoli, con i suoi neri ricci ribelli e la voce cavernosa, mentre il secondo era diventato subito noto per l'esibizione di improbabili cravattine stile Western. Epperò dicevano cose sensate, magari con un linguaggio ingenuo, crudo ed essenziale, e legate soprattutto al malcontento di decine di migliaia di piccoli imprenditori e di cittadini stanchi di uno Stato sempre più rapace dal punto di vista fiscale e sempre meno in grado di fornire servizi efficienti.
Furono allo stesso tempo la spia che qualcosa si era rotto nel meccanismo del consenso dei partiti tradizionali e i co protagonisti del crollo degli stessi e di quella che è stata definita la Prima Repubblica. Il successo della formazione poltica fu notevole, tanto da inglobare quasi tutti i movimenti regionali, autonomisti e separatisti in quella che divenne la Lega Nord.
Per la verità il programma politico rimase sempre piuttosto confuso, oscillante tra proposte di Stato federale e
tentazioni secessioniste, con la creazione di uno Stato indipendente chiamato "Padania" dalla composizione quanto mai indefinita e dai confini sfumati, disegnati più che altro dal Pil pro capite dei vari territori da aggregare che da ragioni storiche e etnico culturali.
Il tentativo di dare un più razionale progetto al programma politico, adottando le teorie del politologo Gianfranco Miglio, fallirono miseramente: il partito della lega Nord, così magmatico e multiforme, non riuscì a darsi mai una linea politica univoca, rimanendo legata sempre agli umori della base, magistralmente interpretati dal capo indiscusso del movimento, quell'Umberto Bossi che, da qualunque punto lo si andasse ad esaminare, non sbagliava mai una mossa.
Ma il tempo passa per tutti e su tutti lascia le sue tracce e non fa eccezioni per nessuno, nemmeno per un uomo vitale come Umberto Bossi, che colpito da un ictus nel 2004 appare oggi l'ombara di quello che fu.
L'ombra di quello che fu sembra essere pure diventato il movimento da lui fondato, che entrato ormai da decenni nell'area di governo, sia nazionale sia locale, sembra aver perso il suo battagliero spirito originale, quel furore barbaro che lo spingeva a demolire le strutture stataliparassitarie ed inefficienti, mentre oggi appare il partito che più di ogni altro difende la sopravvivenza di enti pubblici e a nomina politica che in una corretta politica di contenimento dei costi e di razionalizzazione degli enti pubblici si dovrebbero abolire.
Pare, insomma, che oggi la Lega Nord più che interpretare gli umori della base elettorale stia molto più attenta a difendere gli interessi di dirigenti ed esponenti di partito, che con l'andare del tempo sono andati ad occupare numerosissime poltrone che nessuno vuole lasciare (si sa che quando si è assaggiato lo Champagne poi è difficile tornare a bere gazosa). In parole povere, oggi la Lega Nord appare più statalista degli statalisti e non è un caso che certe prese di posizioni siano più vicine a quelle del Pd e dei sindacati che a quelle dei partiti del centro destra.
Siamo dunque giunti al crepuscolo della Lega? Difficile dirlo. Quello che è certo è che la lotta per la successione al comando del partito è iniziata da tempo, con il cosiddetto "Cerchio Magico" composto dai fedelissimi di Bossi, i quali spingono per una successione familiare che porti il famoso "Trota" Renzo Bossi, figlio di Umberto, alla segreteria del partito, e altri pretendenti al potere, tra cui Roberto Maroni, storico dirigente e attuale ministro degli esteri.
Difficile prevedere l'esito delle lotte al vertice della Lega, ma di sicuro saranno i risultati elettorali ad influenzarne l'esito. Risultati che non appaiono più tanto certi come in passato, di fronte alla svolta conservatrice del partito dei barbari, i cui rappresentanti oggi appaiono più togati e retorici che mai.
Ma forse loro non erano i barbari che Kavafis aspettava fin dall'inizio: in fondo dai confini fonti ben informate hanno riferito che non ci sono più barbari da nessuna parte.
Andrà a finire che dovremo salvarci da soli.
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