Ore 20.45, solito cottage, per l’ultima sera davanti al panorama e immersa nel silenzio.
Sto scrivendo mentre la mia compagna di viaggio tiene accesa, come una vestale, la fiamma nel bracere. E’ un’attivita’ che la assorbe completamente. Mentre la guardo mi viene in mente, chissa’ per quale associazione, Il signore delle mosche, libro terribile e bellissimo che non ha niente a che vedere con la giornata appena trascorsa. Le scintille danzano, le onde sussurrano, una nave da crociera lontana lontana ci sta passando davanti, il buio e’ ormai calato ma ceneremo piu’ tardi. Siamo in fase contemplativa e meditabonda: la vacanza sta per finire e noi stiracchiamo le ore nel tentativo di allungarle.
Dato che il meteo chiamava acquazzoni e temporali, stamattina ce la siamo presa comoda e siamo partite verso la costa est della Nova Scotia solo intorno a mezzogiorno. Non e’ mai caduta una goccia, anzi, spesso il sole usciva ad illuminare le baie. Siamo arrivate fino a Canso, fermandoci piu’ volte lungo la strada per ammirare fari e panorami, per leggere le indicazioni storiche, per scattare fotografie. Oggi ho scoperto che il principe Henry Sinclar, nel 1398, sarebbe approdato in Nova Scotia, nelle zone che stavamo visitando, e che ci sono testimonianze che lo provano. Mi informero’ meglio a casa. Ho anche letto della deportazione degli acadiani e visto villaggi abbandonati a causa dell’emigrazione recente. I panorami si sono susseguiti splendidamente per tutto il pomeriggio, come da copione dei giorni precedenti. Verso le sei e mezza ci siamo intruppate di nuovo in un grande supermercato, tanto per scoprire altri prodottini che da noi non ci sono e meravigliarci una volta di piu’ per le confezioni jumbo.
Mancavano dieci chilometri al cottage quand’ecco che, cento metri davanti a noi, un animale caracolla per attraversare la strada. “E’ un orso! Un orso!” esclama la mia compagna di viaggio, alla guida. “Macché’ orso, non vedi che e’ un cane?”, le rispondo con lo stesso tono con cui, qualche anno fa, risposi ad un amico mentre navigavamo lungo l’Uxumacinta in una specie di piroga, “macché’ coccodrillo, non vedi che e’ un tronco?”. Visto che il tronco tre secondi dopo apri’ le fauci per sbadigliare e poi si getto’ nel fiume verso di noi, velocemente nel mio cervello ho pensato che di cani così’ grossi non ne avevo mai visti – per fortuna – e che i cani non si muovevano in quel modo. Abbiamo fermato l’auto nel punto in cui l’avevamo visto sparire, su un lato della carreggiata: era ancora li’, taglia media, nero, muso inequivocabilmente da orso: l’ha girato verso di noi e ci ha guardato per una frazione di secondo, poi e’ scomparso nella boscaglia.
Abbiamo ancora due giorni, per la strada dei fari ed Halifax ma, se la vacanza dovesse finire adesso, mi riterrei, dopo l’orso, perfettamente soddisfatta. Dovessi tirare le conclusioni in questo momento, credo che non tornerei per visitare altri luoghi del Canada, come la costa di Vancouver, anche se ho visto cose meravigliose qui, perché’ mi e’ mancato un certo senso di calore, come quello che percepisco in Messico o nei paesi mediterranei, pero’ trascorrerei volentieri una decina di giorni sulla Prince Edward Island. E magari prima o poi succederà’.
Annotazioni. Per quanto minuscolo sia il paese o, meglio, le case sparse intorno ai luoghi sulla mappa che qui chiamano paesi, per quanto sperduto o disabitato c’e', sempre, la stazione dei pompieri, bianca e rossa e tirata a lucido. Non faccio fatica a capire perché’.