La Corte Costituzionale ha bocciato la legge Fini-Giovanardi sul consumo di droghe leggere ed ovviamente la notizia non ha fatto felice uno degli estensori della legge, il senatore Carlo Giovanardi che ha criticato l’opera della Consulta: «Per l’ennesima volta prendo atto che nel nostro Paese la Corte costituzionale può scavalcare il Parlamento senza alcun problema». Restano ignoti i “problemi” che dovrebbero avere i giudici costituzionali nel vagliare la legittimità costituzionale delle leggi approvate dal Parlamento secondo i criteri fissati dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali.
I critici alla legalizzazione della cannabis respingono l’idea che ci possa essere distinzione tra droghe leggere e pesanti così come scrive Alfredo Mantovano sulla Nuova Bussola Quotidiana e su Tempi. Contrario a considerare “leggera” la marijuana è anche il prof. Serpelloni, capo del dipartimento antidroga della presidenza del Consiglio, che ripropone le sue idee sugli onnipresenti Nuova Bussola Quotidiana e Tempi: una tesi smentita da Massimiliano Sfregola sul Fatto Quotidiano che riprone dei dati di Fuoriluogo, il sito dell’associazione Forum Droghe. «Solo 8 mesi fa (maggio 2013) per il capo del Dpa il Thc nella cannabis era al 46%, il 5 dicembre 2013 la percentuale era scesa improvvisamente al 45% (arrotondamento?) e casualmente il giorno della bocciatura della legge Fini-Giovanardi è salito incredibilmente al 55%: +9% in meno di un anno, arrotondamenti compresi»: questa la piccola “altalena di dati” del professor Serpelloni secondo quanto riportato da Fuoriluogo.
Dall’Italia ci spostiamo alla Gran Bretagna e sempre per Tempi il Paese della regina Elisabetta si sarebbe “pentita” di aver eliminato l’arresto per chi coltiva la droga leggera in casa. A leggere un po’ di giornali anglosassoni pare invece che si allarghi il fronte antiproibizionista: secondo uno studio dell’Institute for Social and Economic Research se il governo britannico cambiasse la sua politica sulle droghe leggere potrebbe guadagnare sino ad un miliardo e 250 milioni di sterline ogni anno. Sempre in Gran Bretagna, dopo gli interventi a favore della legalizzazione della Uk Drug Policy Commission e della Camera dei Lord anche il Chief Medical Officer e la British medical association hanno proposto la depenalizzazione del consumo di droga.
Attraversando l’oceano Atlantico di recente il Colorado è stato il primo Stato statunitense a legalizzare la cannabis per uso ricreativo e le prime cifre indicano che solo nel primo mese di libera vendita le casse statali hanno riscosso più di due milioni di dollari: un altro milione e mezzo è stato incassato dalla vendita per uso medico. Per il governatore John Hickenloope l’anno prossimo il Colorado dovrebbe incassare circa 118 milioni di dollari di tasse per la vendita di cannabis per uso ricreativo: il governatore ha comunicato che i primi 40 milioni di queste tasse saranno usati per la costruzione di nuove scuole, campagne contro la droga rivolti ai più giovani, spot contro la guida sotto l’effetto di cannabis e progetti per la pubblica sanità.
Considerando che in Italia il consumo di cannabis e cocaina è oltre la media europea sarebbe da augurarsi che – a prescindere da ogni ideologia – si prenda atto che dalla legalizzazione delle droghe leggere il nostro Stato incasserebbe circa 10 miliardi in tasse: soldi che potrebbero usati anche – ma non solo – per campagne di prevenzione contro l’uso di droghe, alcool e tabacco. Ma in Italia è più facile continuare a fare gli struzzi e puntare su nuove droghe come la ludopatia che coinvolge – a vari livelli – circa il 47 per cento della popolazione tra i 19 e 64 anni. Circa 19 milioni di persone “drogate” da una dipendenza legalizzata come quella del gioco d’azzardo che però non provoca grandi prese di posizione come quando si tratta di legalizzare la cannabis.
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