Daniele Capezzone, portavoce Pdl (democraziacristianaquotidiano.it)
Anche il nostro povero Aristotele allargherebbe le braccia. Lo farebbe di fronte all’ultima uscita di Daniele Capezzone, oggi portavoce del Pdl ma con un breve e glorioso passato da segretario dei Radicali Italiani. Lo scorso 23 dicembre Capezzone, commentando all’Ansa la partecipazione di Berlusconi all‘Arena di Massimo Giletti su Rai1, ha espresso questo giudizio: «Da Silvio Berlusconi su Rai1 è venuta una positiva scossa politica e di comunicazione, in qualche misura paragonabile a quella che Berlusconi realizzò a Vicenza nel 2006, aprendo la strada a una rimonta enorme. In tv, Berlusconi mostra di vincere anche in trasferta, in contesti ostili e non facili, dove è opportuno avere un approccio non remissivo: il suo obiettivo, giustamente, è quello di parlare al Paese reale, agli italiani che pagano le tasse. Molti pseudo-analisti della comunicazione farebbero bene a stare un po’ meno su Twitter e un po’ più nelle strade: comprenderebbero meglio il Paese, i suoi umori, le sue attese».
Opinione legittima e per certi versi scontata da parte di un portavoce del partito berlusconiano, uno dei più accesi pasdaran a livello mediatico negli ultimi anni. Quello che è emerso grazie al lavoro di Mario Portanova del Fatto quotidiano è però un piccolo capolavoro di incoerenza personale, o semplicemente di bronzea facciatosta. L’oggetto è l’episodio del Marzo 2006 al meeting di Confindustria a Vicenza, in cui Berlusconi offrì un indecoroso e melodrammatico spettacolo (inscritto, dicono gli avversari del Cavaliere, nella strategia di rimonta in una campagna elettorale che all’inizio lo dava clamorosamente in svantaggio e lo portò poi a un sostanziale pareggio che uccise di fatto nella culla il secondo governo Prodi).
Dopo un’accalorata orazione alla platea dei maggiori industriali del paese, tra presunte lombosciatalgie, il non rispetto di programmi ed etichette cerimoniali e la celebre tirata d’orecchie a Diego Della Valle, Berlusconi fu allora definito dal candidato della Rosa nel Pugno Daniele Capezzone in questi termini: «Ho visto ieri alla tv una scena indimenticabile. Il melodrammone italiano si arricchisce di nuove pagine lamentose: dopo la ‘cieca di Sorrento’, la ‘muta di Portici’ e lo ‘smemorato di Collegno’, arriva anche lo ‘sciancato di Arcore. Le riforme liberali che Berlusconi invoca sono quelle che gli italiani gli avevano chiesto, affidandogli per questo una maggioranza parlamentare enorme. Ma lui ha sciupato questa opportunità e tradito quelle speranze. Di che si lamenta? Anche per questo, occorre che non si affidi il governo a Berlusconi per altri cinque anni».
Capezzone rappresenterà forse un giorno un caso di studio per politologi e storici. Quest’ultima sparata, però, rischia addirittura di farlo entrare nel Dsm, la bibbia sia per la clinica che per la ricerca nel campo delle psicopatologie. Come è possibile che la medesima persona, nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali, non si ricordi minimamente di aver pronunciato sei anni prima l’esatto contrario di quello che ha appena asserito? Se si tratti di una nuova pericolosissima forma schizoide transitoria (la Silvio-frenìa) o di un’inquietante amnesia istantanea (l’Amnesilvia), non è ancora dato saperlo. Aldilà delle battute, il dato più triste è che di personaggi come Capezzone, pronti a sacrificare il proprio onore e la propria dignità per non meglio specificate ragioni economiche o “di potere”, questa campagna elettorale sarà piena zeppa. Buona terza Repubblica a tutti.