Magazine Diario personale

Cartoline napoletane

Da Mizaar

piazza san domenico maggioreFinché rimani ancorata alla superficie delle cose, finché il metro di misura rimane quello degli stereotipi, non ti rendi conto di una verità assoluta: Napoli è una città bellissima. Facevo questa considerazione camminando, ieri l’altro, badando con gli occhi della prof alla mia truppa di ragazzini vogliosi solamente di avventarsi sulle bancarelle dei souvenir – che a quel punto non avrei saputo dire chi avesse abbordato chi, se i mille e uno venditori ambulanti che sono dappertutto nel centro cittadino e che si avvicinano alla velocità del fulmine appena scendi dal torpedone stigmatizzato come veicolatore di possibili acquirenti, oppure se sono i ragazzini desiderosi di farsi abbordare e di comprare comprare comprare assurde schifezze di simil plastica made in China. Così è. Nonostante gli avvertimenti della scafatissima guida napoletana verace, è stato faticoso tirarli via per guadagnare la gloria della bella e signorile galleria Umberto I intristita dai tanti negozi chiusi – E’ la crisi, professo’! risposta della guida alla domanda di Italiano del perché ci fossero così tanti battenti definitivamente sbarrati – oppure della vicinissima e immensa piazza del Plebiscito. Ma le tante e tante persone e macchine e traffico e i lavori di costruzione della metropolitana e lo sporco imperante ovunque altro non servono che a stendere una patina macroscopica di trascuratezza, su una città che vive di una memoria antica e possente. E quando ti inoltri nei vicoli stretti della zona più vecchia hai motivo di meravigliarti di quanto grandioso sia stato il passato della città e dei suoi munifici nobili e alti prelati, capaci di regalare, per la gloria dei vicoli, splendide chiese che si aprono come miracoli di pietra in posti che non ti aspetti. E continuando per la strade nere di pietra lavica, arrivi nel respiro di uno slargo che sembra allontanare – quasi dotato di mani che distanziano le case affastellate dei vicoli – ogni possibile altra velleità di occupazione del suolo pubblico poiché convivono nello stesso tempo una chiesa, san Domenico Maggiore, che altrove non esiterebbero a definire cattedrale e un obelisco ad imitazione di quelli antichi, ma senza geroglifici solo iscrizioni e sculture a glorificare santi e patroni/padroni della città. E non puoi fare altro che guardare i magnifici esterni perché il tempo e gli alunni, carogne non ti permettono altrimenti, non ti consentono la grazia di una visita anche breve e devi contentarti della dolcezza dei dolci ” spacciati ” di fronte al sacro della piazza, nella pasticceria profana del forse più famoso e bravo produttore di sfogliatelle napoletane.


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