Ricordate l’encefalopatia spongiforme bovina, meglio conosciuta come morbo della mucca pazza? Che fine ha fatto? C’è ancora qualche rischio? Cerchiamo di capirne qualcosa.
Sindrome della Mucca Pazza
Della Bse (encefalopatia spongiforme bovina) non si parla più da un pezzo. Forse il pericolo è passato? E che fine ha fatto questa pericolosa malattia?
A destare qualche dubbio sulla diffusione della malattia c’è il caso di una donna livornese che nel 2009 è stata ricoverata al reparto cure palliative della sua città in condizioni gravissime. La signora soffriva già da due anni di Bse.
Ma come è cominciata la sua odissea?
Tutto è cominciato con disturbi psichiatrici e cognitivi, proprio per questo la donna è stata ricoverata per due anni all’Istituto Neurologico Besta di Milano, dove le è stata diagnosticata una variante della Bse, la malattia di Creutzfeldt-Jacob (l’evoluzione della Bse). Per lei e tutto è accaduto proprio mentre il commissario europeo alla salute John Dalli annunciava che l’Europa è uscita vincente dalla lotta contro la mucca pazza.
Come ci si ammala di Bse e come lo si scopre?
La Bse fa parte delle encfalopatie spongiformi trasmissibili (Tse) che colpiscono soprattutto i bovini. Si manifesta nell’animale con nervosismo, timore nei confronti dell’uomo, tremore nell’andatura, diminuzione della produzione del latte e difficoltà a mantenere una posizione eretta. Il tessuto nervoso si presenta con piccoli fori, come una specie di spugna.
Non si trasmette da individuo a individuo: ci si ammala attraverso l’ingestione di carne bovina malata. Comparsa per la prima volta nell’uomo 14 anni fa in Inghilterra, dopo un’iniziale diffusione si è registrato negli ultimi anni un notevole rallentamento della malattia, che si scatena mediante l’alterazione di una proteina naturale chiamata prione.
Si scopre con una risonanza magnetica nucleare che individua gli accumuli della proteina prionica anomala responsabile della malattia. In più c’è l’autopsia del tessuto delle tonsille che consente la certezza della diagnosi delle varianti della Bse. Probabilmente l’origine è dovuta alla nutrizione degli animali con farine di carni provenienti da carcasse infette, ma su questo ci sono ancora dei dubbi.
Occorre preoccuparsi?
Per la Coldiretti non c’è spazio per gli allarmismi. Il caso della donna livornese apparterrebbe ad un’eredità del passato a causa dei lunghi tempi d’incubazione della malattia. Secondo gli ultimi dati, dai 37mila animali ammalati del 1992 si è passati nel 2009 a soli 67 casi. In più, la carne italiana è sicura grazie all’introduzione nel 2002 di un sistema di etichettatura in cui è obbligatorio inserire tutto, dalla macellazione, agli Stati di nascita, all’ingrasso e al sezionamento assieme ad un codice d’identificazione. Le misure di controllo si sono comunque diffuse in tutta l’Unione Europea. Se è vero che non ci sono cure per questa malattia, è anche vero che il rischio di contagio, a detta degli esperti, in Italia e in Europa, grazie ai controlli e alle misure di sicurezza si è azzerato.
Andromeda Aliperta