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Chi è Chiara Bertinetti ?

Da Acomealice @Acomealice

 Chi è Chiara Bertinetti ?

 

Chiara è un’amica, una confidente e una bellissima persona…Ha deciso di seguire personalmente per me una rubrica davvero emozionante : Sensazioni di Chiara Bertinetti, dove verranno versate immagini e poesia, frasi e filosofia in un altalena di sensazioni e parole da ” annusare “, ” toccare “ per riempirsi il cuore di bellezza e armonia.

Ma chi è Chiara veramente ? C’è lo spiega lei stessa in questa intervista :

Chiara raccontaci di te, dei tuoi studi.

Sono nata a Torino il 30 marzo 1980. Dal 2008 gestisco un’azienda agricola e una scuola di equitazione insieme a mio marito David ( ASTISPORT ) e ho due piccole pesti : Samir e Oliver. Mi occupo, oltre che della formazione sportiva, anche di organizzare attività ludico- didattiche.

Nel 2004 ho conseguito la laurea in sociologia (Università degli Studi di Urbino) e nel 2010 il titolo di Coordinatore Tecnico di Riabilitazione Equestre (Master di I livello- Università degli Studi di Firenze- Facoltà di Medicina e Chirurgia- Cattedra di Neuropsichiatria Infantile).
Dal 2008 svolgo attività di terapista della riabilitazione equestre presso l’associazione A.P.R.E.S. (Torino).

***

Dalla sociologia all’azienda agricola/scuola di equitazione? Che cosa ti ha spinto a questa scelta lavorativa?


Diciamo che più che una scelta lavorativa si è trattato di una scelta di vita. Quando io e mio marito abbiamo deciso di aprire l’azienda agricola,  Samir, il nostro bimbo più grande, aveva circa un anno.  Molti bambini crescono senza una soluzione di continuità con la realtà lavorativa dei propri genitori (nonostante il lavoro occupi in media  più del 50% del tempo di almeno un genitore). È ovvio che, in riferimento a determinate situazioni lavorative, questo  non solo è inevitabile, ma talvolta è anche  un bene. Tuttavia in altri contesti ritengo che i figli possano partecipare attivamente all’attività dei genitori in maniera quasi … spontanea. Quello legato alla natura, alla scuola con i ragazzi (che si tratti di equitazione o di qualsiasi altra disciplina)  è un lavoro carico di progettualità. Condividere questo progetto con i propri figli è quanto di più appagante ed entusiasmante ci si possa aspettare. Certo  non è facile conciliare la vita familiare e privata con quella legata all’ambito del lavoro. Ma ci tengo precisare che si tratta sempre di impegno, e mai di sforzo.
E poi c’era un pilastro “portante” alla base della nostra scelta: la natura. Poter crescere i nostri figli a contatto con la natura e con i suoi insegnamenti. Una specie di scuola permanente e all’aperto. Ma divertente.

***

E la sociologia?


Chiaramente non ho proseguito per quella strada. Mi è rimasta però come modello interpretativo, una sorta di lente attraverso cui osservare le situazioni che mi si presentano. E rimane un progetto per il futuro.
In che senso?
Amo la fotografia. Quando i bambini saranno grandi vorrei studiare per applicarla all’indagine sociologica.

***

Per quanto riguarda invece la vostra attività coni cavalli?


La nostra è una scuola di equitazione, non solo un centro ippico. E questo dovrebbe spiegare molto. La scuola implica infatti un progetto formativo, un insegnamento che si articola come un percorso. Lo sport in sé per sé è un progetto formativo.
D’altronde quando si ha a che fare con i cavalli, o con gli animali in genere, non potrebbe essere diversamente.  Imparare ad andare a cavallo significa innanzitutto  imparare a conoscerlo, capirlo, rispettarlo. Salire in sella non è un punto di partenza, ma un punto di arrivo. Finché  non impareremo a invertire i termini di questa  questione il cavallo resterà sempre un mezzo.  Nessun grande cavaliere confonderebbe mai le due cose.
E la tua attività di terapista con i bimbi disabili?
Io mi limito a fare la terapista. Tutto il resto lo fa l’inspiegabile empatia del cavallo.

***

A proposito della fotografia…
È una passione che coltivo sin da ragazzina, uno spazio privato che custodisco con cura. Sono sempre stata affascinata dal genere del ritratto. È sorprendente come la fotografia sappia carpire certi aspetti interiori. La descrizione che trovo più appropriata, per me almeno, o per come io vivo la fotografia è di Nadar, 1856, uno dei padri della fotografia. Come dire: l’essenza è da ricercare nelle origini.

La fotografia è una scoperta meravigliosa, una scienza che avvince le intelligenze più elette, un’arte che aguzza gli spiriti più sagaci, e la cui applicazione è alla portata dell’ultimo degli imbecilli … la teoria fotografica s’impara in un’ora; le prime nozioni pratiche in un giorno … Quello che non s’impara … è il senso della luce … è la valutazione artistica degli effetti prodotti dalle luci diverse e combinate  … Quello che s’impara ancora meno, è l’intelligenza morale del tuo soggetto – è quell’intuizione che ti mette in comunione col modello, te lo fa giudicare, ti guida verso le sue abitudini, le sue idee, il suo carattere, e ti permette di ottenere, non già banalmente e a caso, una riproduzione plastica qualsiasi, alla portata dell’ultimo inserviente di laboratorio, bensì la somiglianza più favorevole, la somiglianza intima.
Nadar, 1856

Per maggiori informazioni riguardo alla sua attività, se avete domande o siete interessati alle attività da Chiara proposte nel suo Centro :

Astisport : www.astisport.com

Facebook contact : Fan page

Email : chiuru@libero.it

La sua rubrica su A come Alice : Sensazioni di Chiara Bertinetti

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