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Come cambia la solidarietà nell'anno del volontariato.

Creato il 16 gennaio 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlog
Come cambia la solidarietà nell'anno del volontariato.
di David Incamicia
Sono circa 42 mila le organizzazioni di volontariato operanti in Italia, di cui 27 mila iscritte ai registri regionali in base alla legge che regola il settore. E’ il dato che emerge dalla sistematizzazione delle banche dati dei 72 (su 78 esistenti) Centri di servizio al volontariato aderenti a Csvnet, distribuiti su tutto il territorio nazionale, e riportato nello speciale di gennaio delle pagine sociali di Tiscali.it. Si tratta della testimonianza più aggiornata e verosimile, almeno nelle dimensioni, di un fenomeno molto vivo e in espansione.
Proprio al terzo settore l’Istat ha dedicato quest’anno, a conferma del crescente interesse al fenomeno dal punto di vista sociologico, l’apertura del suo evento più solenne: la “Conferenza nazionale di statistica” svoltasi a Roma a dicembre scorso. L’ultima rilevazione statistica sul volontariato risale al 2003, quella sulle cooperative sociali al 2005 e i dati del censimento del non profit, che dovrebbe svolgersi proprio quest’anno, addirittura al 1999.
Fra i tanti, due sono gli aspetti più trattati nelle indagini statistiche: la partecipazione giovanile al volontariato e il ruolo assunto dalle nuove tecnologie nella sua evoluzione. Come, ad esempio, nella recente ricerca “Il volontariato in Europa”, commissionata dall’Agenzia per le onlus e dedicata ai cambiamenti prodotti dalle nuove tecnologie nel mondo del non profit. Lo studio, che si basa sui dati raccolti fino al 2007-2008 a livello europeo, rivela che una buona metà delle associazioni adotta il web come nuova espressione di partecipazione attiva. Il termine per definire questa realtà è “mediattivismo”, vale a dire l’uso di nuove tecnologie come strumento di comunicazione, di pressione e di sensibilizzazione e coinvolgimento verso l’opinione pubblica.
La ricerca, citata nella Guida per l’informazione sociale 2010 curata da Redattore Sociale, mette anche in evidenza una progressiva divaricazione tra volontariato organizzato, sempre più strutturato e professionale, e le nuove associazioni “fai da te”, in aumento ma con basso budget e staff limitato.
Riguardo la partecipazione dei giovani al volontariato, invece, la ricerca rivela una certa flessione dovuta solo in parte al calo demografico. Diverse analisi mostrano un rapporto complesso e sfuggente tra ragazzi e volontariato, e il diffuso approccio informale rende meno facile definire e dare un peso alla partecipazione giovanile. Le associazioni devono interrogarsi su questo progressivo allontanamento, frutto anche delle mutate condizioni della realtà giovanile in Italia e in Europa afflitta com’è dall'ansia per il futuro.
Riuscire a instaurare un primo contatto con i giovani per le onlus non è semplice: le forme tradizionali di pubblicità (poster, locandine e volantini) sono ignorati, mentre pure in questo caso il contatto passa sempre più attraverso i media (radio, tv e web). Internet è ormai il luogo deputato come punto di contatto con le associazioni ed è quindi molto importante che le informazioni siano rapidamente rintracciabili, pena la perdita del contatto stesso. Un’attività deve essere stimolante per i giovani, allettante e convincente, trasparente nelle finalità e nei mezzi.   Da qualche tempo, in proposito, c’è una novità rivoluzionaria in grado di consentire forme alternative di collaborazione. Si tratta del portale Jumo.com, il cui obiettivo è quello di connettere “milioni di persone che lavorano per migliorare la vita degli altri” con “altri milioni che vogliono aiutare ma non sanno come”. Il sito permette agli utenti di accedere attraverso il proprio username di Facebook, di cercare l’organizzazione umanitaria con la quale vogliono collaborare, ricevere notizie e contribuire con denaro, tempo e capacità personali.
Un’ottima opportunità di impegno civile proprio per i giovani, che pur rappresentando oggi l’anello debole delle depresse società occidentali, in particolar modo nel nostro Paese, rimangono la parte più sana e in prospettiva potenzialmente più utile a risollevarne le sorti. Ammesso che le classi dirigenti decidano finalmente di investire maggiori risorse su di loro... E sul futuro.

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