Ci risiamo, nuovamente emergono gravissimi problemi di rispetto verso la donna nella comunità di atei militanti. Sembra un’accusa tirata per i capelli e invece non è affatto così, tanto che sono le stesse donne impegnate in questi movimenti a denunciare la pesante situazione.
Ne sa qualcosa Rebecca Watson, giovane americana proprietaria del blog al femminile “Skepchick” che l’anno scorso ha voluto rendere noto uno spiacevole approccio sessuale ricevuto durante la sua partecipazione alla “World Atheist Convention” di Dublino. Avendo osato lamentarsi di questo, ha ricevuto come risposta tutta una serie di insulti misogini dai membri della comunità atea americana, terrorizzati di aver in questo modo screditato ancora di più loro reputazione agli occhi degli statunitensi (che è già decisamente bassa, come mostrano i sondaggi). Perfino il grande sacerdote Richard Dawkins ha voluto intervenire consigliando alla Watson di stare in silenzio e di non lamentarsi istericamente di aver ricevuto attenzioni sessuali, quando nel mondo ci sono donne costrette a subire mutilazioni genitali. Per queste dichiarazioni il leader ateista ed ex zoologo è stato inserito tra i peggiori misogini del 2011.
Quello della Watson non sembra affatto essere un caso isolato. L’8 luglio scorso infatti l’associazione “American Atheists” ha reso nota l’intenzione di creare una politica di autoregolamentazione per i loro convegni e conferenze per far sapere che «gli eventi dell’”American Atheists” sono sicuri e divertenti». La sorprendente decisione è stata causata dall’aumento esponenziale di denunce da parte di donne di molestie sessuali ricevute durante le conferenze dell’associazione. Todd Stiefel, presidente e fondatore dell’associazione umanista Stiefel Freethought Foundation ha parlato di donne «molestate senza sosta, toccate sotto i tavoli, minacciate di stupro, furtivamente fotografate per voyeurismo pornografico».
Qualche giorno fa è emerso l’ennesimo caso. La vittima si chiama Jen McCreight, divulgatrice scientifica, atea e femminista, abituata a scrivere su Freethoughtblogs.com. Nell’agosto scorso ha spiegato di essere entrata da cinque anni nel movimento ateista, trovandosi bene «fino a quando non ho cominciato a parlare di femminismo». Ha iniziato a trattare questo argomento perché -ha raccontato- «ho ricevuto inviti sessuali da sconosciuti in tutto il Paese. Quando comparivo o parlavo in occasione di eventi atei, c’era sempre una marea di commenti sul mio seno e sul mio aspetto fisico». Così ha pensato ingenuamente di parlare di femminismo, per educare al rispetto verso le donne, ma «puntuale come un orologio, ogni mio post sul femminismo veniva commentato da centinaia di commenti dove mi si accusava di odiare gli uomini, di essere brutta e esageratamente arpia. Nonostante la merda che ho ricevuto, ho continuato a sostenere pubblicamente questi movimenti. Ho pensato che questo diluvio di sessismo non aveva niente a che fare con loro. Non riesco a contare quante volte ho pubblicamente sottolineato che il movimento ateo/scettico, anche se non perfetto, è ancora un posto sicuro per le donne e altre minoranze. Ma ora riconosco che stavo solo cercando di convincere me stessa». Ed ecco le parole più forti: «Io non mi sento al sicuro come donna in questa comunità, mi rendo conto di non essere mai stata la benvenuta in questo movimento. Abbiamo vomitato cartelloni che sostengono che siamo buoni senza Dio, ma in che modo lo stiamo dimostrando come movimento?»
Parole durissime che non sono certo piaciute alla gerarchia laicista che ha scatenato -come reazione- un putiferio incredibile di diffamazione della povera McCreight. Una violenza inaudita tanto che qualche giorno fa la blogger atea ha annunciato di voler smettere di aggiornare il blog: «Ho chiuso con il blogging per un periodo indefinito di tempo», ha scritto. «C’è un gruppo di persone là fuori impegnate ad odiare me, i miei amici, e anche le persone che sono solo vagamente associate. Non posso più scrivere nulla senza che le mie parole vengano travisate. Mi sveglio ogni mattina leggendo commenti offensivi ed e-mail su come io sono una “puttana”, “puritana”, “brutta”, “grassa”, “femminazista”, “ritardata”, “cagna” e “figa” (solo per citarne alcuni). Se blocco queste persone ricevo un’ondata ancora più grande di odio ingiustificato. Questa mattina ho dovuto cancellare decine di commenti di persone che imitano la mia identità facendo grafici osceni, degradanti commenti sessuali sulla mia vita personale. In passato, più persone hanno minacciato di contattare il mio datore di lavoro con le “prove” che sono uno scienziata cattiva (perché sono una femminista) cercando di distruggere il mio lavoro. Sono costantemente preoccupata che l’abuso si diffonda ben presto ai miei cari».
Ancora una volta affermazioni durissime, ma lo sfogo è continuato: «questo comportamento tossico sta colpendo tutte le parti della mia vita. Con questa nuvola di odio appesa sopra la mia testa non riesco a godermi i miei hobby. Sono costantemente con i nervi logori che mi spingono a prendermela con quelli che amo. Trascorro la maggior parte del mio prezioso tempo libero arrabbiata, sul punto di piangere per dover moderare i commenti o leggere nuove cose terribili che vengono dette su di me. E l’unica soluzione che vedo è quella di staccare la spina. Posso ancora occasionalmente scrivere di scienza o di argomenti che non trattano l’abuso (non aspettatevi articoli sull’ateismo o il femminismo per un po’). Ma non posso più affrontare un’orda ossessiva di nemici che stanno cercando di rendere la mia vita miserabile, perché ci sono riusciti. Quindi, addio per ora. Ho bisogno di concentrarmi su come mantenere me stessa sano e felice, e questo non accadrà all’interno della tossica comunità atea». La McCreight si è fatta rivedere il 10 settembre 2012 rivelando che i suoi timori erano fondati: l’odio degli atei si è trasmesso da lei a suo padre e alla sua famiglia. Il fenomeno è talmente diffuso che il sito web “Skepchick.com”, per correre ai ripari, ha dovuto intervistare diversi leader ateisti facendoli affermare che l’odio verso le donne perpetrato nella comunità atea e umanista è cosa disdicevole e discriminante.
Di fronte a tutto questo le femministe di professione e la stampa laicista non soltanto non se ne occupano ma continuano imperterriti a descrivere Benedetto XVI come “misogino” (seppur inconsapevole) perché «esclude le donne dal sacerdozio». Peccato che le motivazioni siano assolutamente ragionevoli e per nulla discriminatore, come riconoscono le stesse donne cattoliche. Lo ha fatto di recente Suor Viviana Ballarin, presidente dell’organismo dal quale dipendono tutti gli ordini religiosi femminili italiani (USMI), la quale -seppur avanzando giuste rivendicazioni di maggior spazio a livello di responsabilità e decisionalità nella Chiesa- ha affermato: «Non sono smaniosa di rivendicazioni per quanto riguarda le questioni teologiche aperte. Come donna mi sento pienamente realizzata sia nella mia identità che nella mia missione. Se un giorno il sacerdozio e il diaconato verranno dati alle donne ben venga, mi pare però che ciò che conta veramente per ogni donna sia vivere quella diaconia e quel sacerdozio che sono stati impressi nella sua carne come fuoco il giorno in cui Dio l’ha voluta femmina e non maschio».




