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Condanna per frode fiscale

Creato il 05 settembre 2013 da Speradisole

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Magari avesse potuto leggervi un bel «Berlusconi non poteva non sapere»: finito di studiare le 208 pagine di motivazioni della Cassazione alla sua condanna per frode fiscale, l’ex premier avrebbe tanto preferito rintracciarvi eco della colloquiale vaghezza affidata dal presidente Antonio Esposito all’intervista a Il Mattino . E invece, in un testo scritto non dal presidente e nemmeno solo dal relatore Amedeo Franco, ma anche dagli altri tre consiglieri Ercole Aprile, Claudio D’Isa e Giuseppe De Marzo, e da tutti revisionato e firmato in una apposita camera di consiglio  – l’ex premier si vede compilare un puntiglioso elenco di documenti, testimoni, perizie: le «numerosissime risultanze processuali, orali e documentali, analiticamente analizzate dai giudici di merito con adeguate argomentazioni immuni da vizi logico giuridici», in base alle quali ora anche la Cassazione conclude che il problema di Berlusconi rispetto all’eufemismo delle «sovrafatturazioni» estere nella compravendita di diritti tv Mediaset non è il non aver potuto non sapere, e nemmeno l’aver forse saputo, ma l’aver proprio fatto.

Fatto quel «meccanismo riservato, direttamente promanante in origine da Berlusconi, e avente sin dal principio valenza strategica per l’intero apparato dell’impresa a lui facente capo» giacché tramite gli ammortamenti di bilancio spalmati sulle varie annualità ha continuato a «produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le sue aziende» anche quando il Cavaliere ha abbandonato incarichi formali in Mediaset per entrare in politica. Nelle 208 pagine scorre la mail tra due dirigenti della major 20th Century Fox che già nel 1994 si raccontavano il metodo dell’«impero Berlusconi» come uno «shell game, cioè un elaborato gioco dei gusci vuoti, con la finalità di evadere le tasse»; viene esaminata la «lettera autoconfessoria» nel 2003 del produttore Frank Agrama all’allora presidente Fininvest Aldo Bonomo, nella quale la Cassazione scrive ora di «ritenere provati il rapporto continuativo con Berlusconi e la natura di Agrama di mero agente»; e si ripercorrono decine di «significativi testi», dall’ex dirigente della gestione contratti, Silvia Cavanna, sino a Franco Tatò, ex amministratore delegato di Fininvest che testimonia come «ognuno dei vertici delle società operative avesse un rapporto diretto con Berlusconi, il quale in definitiva aveva l’ultima parola su tutte le questioni di certa rilevanza».

Una nota serale di Mediaset critica che la condanna di Berlusconi verta sullo «0,1% dei 6,5 miliardi di euro di tasse versate allo Stato negli ultimi 10 anni», e cioè i 4,9 milioni di euro del 2002 e i 2,9 milioni del 2003: ma la Cassazione mostra che questi sono solo gli ultimi ammortamenti del «meccanismo fraudolento» impiantato prima del 1994 e poi protrattosi nel 1994-1998, ed elenca la sfilza di prescrizioni che, grazie al dimezzamento dei termini imposto nel 2005 dalla maggioranza dell’allora imputato-premier con la legge ex Cirielli, hanno via via passato la spugna su centinaia di miliardi di lire di illeciti risparmi fiscali maturati negli anni precedenti. A Berlusconi che sostiene di essere condannato per qualcosa che nel 2002-2003 non avrebbe potuto commettere in Mediaset perché sedeva a Palazzo Chigi, la Cassazione oppone la constatazione che «l’avvio del sistema in anni di diretto coinvolgimento gestorio del dominus delle aziende, e poi l’evoluzione secondo schemi adattati alle modifiche societarie e anche alle necessità d’immagine esterna ma con sostanziale perdurare dei caratteri essenziali del meccanismo fittizio complessivo, acquistano evidenza probatoria alla luce dell’accertata continuità dei rapporti di tutti i personaggi-chiave, mantenuti sostanzialmente nelle posizioni cruciali anche dopo la dismissione delle cariche sociali da parte di Berlusconi» e «in continuativo contatto diretto con lui».

Ciò riveste di «assoluta inverosimiglianza l’ipotesi alternativa che vorrebbe tratteggiare una sorta di colossale truffa ordita per anni ai danni di Berlusconi da parte dei personaggi da lui scelti e mantenuti in posizioni strategiche»; e segnala, se si vuole usare «l’argomento di chiusura del cui prodest», quanto Berlusconi sia la persona che anche senza più cariche «continuava a godere della ricaduta economica del sistema ideato e praticato». Ecco perché «la mancanza in capo a Berlusconi di poteri gestori» negli anni di imputazione 2002-2003 « non è dato ostativo al riconoscimento della sua responsabilità».

(Tratto da vari quotidiani)

[Suggerisco di leggere questo brano con attenzione, si scoprono cose inverosimili, mai trapelate dai discorsi di Berlusconi e della sua gente, e testimonianze dirette impensabili come la 20th Century Fox. Si scopre anche che razza d'uomo abbiamo avuto come Presidente del Consiglio e  le manovre messe in atto per sottrarsi alla legge].



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