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Contestazioni a Torino e morte della dialettica politica

Creato il 05 settembre 2010 da Laperonza

schifani.jpgMolto probabilmente fossi stato a Torino anch’io avrei partecipato alla contestazione contro Schifani, un po’ perché lo ritengo totalmente indegno di ricoprire il ruolo che ricopre (seconda carica dello Stato, pensa un po’ come siamo messi), un po’ perché abbiamo tutti l’impressione che l’unico modo di far sentire la nostra voce sia quello di urlare. Ci hanno privati della libertà di scegliere i nostri rappresentanti e provano costantemente (“legge bavaglio”) ad impedirci di esprimere il nostro pensiero.

   Ma a mente fredda e da casa posso dire che non trovo giusto questo modo di fare politica. Lo ritengo violento, improduttivo e, in qualche caso, controproducente. Certo è che Schifani in questo modo può contrattaccare dicendo di essere stato contestato da un manipolo di facinorosi mentre per i contestatori sarebbe molto difficile dimostrare le proprie ragioni. Esistono forme di protesta molto più efficaci che, però, non necessitano di modi così irruenti. Penso a sit-in, a proteste silenziose, penso allo scrivere e al condividere idee.

   Non voglio però soffermarmi sulla questione di opportunità di questo tipo di manifestazione del dissenso. Mi interessa invece capire a che sia dovuta e perché la politica in generale abbia preso questa deriva violenta e irrispettosa della controparte. Analizzo quello che è accaduto in Italia dal 1994 ad oggi. Negli anni ’80, dopo la durezza e l’asprezza della politica del precedente decennio con tutto ciò che ne è scaturito in termini di lutti per il Paese, si era iniziato a fare politica con modi pacati, usando argomenti, evitando lo scontro. Il ritorno alla contestazione violenta lo si deve a Tangentopoli. Chi non ricorda il lancio di monetine a Craxi davanti all’Ergife? Il quel caso però la contestazione era dovuta all’esasperazione generale derivante dalle cronache politiche. Poi è arrivato Berlusconi.

   Berlusconi ha basato la sua politica fin dall’inizio sulla denigrazione dell’avversario. Ha lanciato continuativamente accuse – quasi sempre infondate – alla sinistra di essere fonte di ogni male. Ha deliberatamente insultato l’avversario evitando qualsiasi argomentazione diversa dall’ingiuria. Ha adoperato i mezzi di comunicazione che ha a sua disposizione per perpetuare questo genere di demolizione dell’avversario.

Berlusconi è – o almeno è stato finora – evidentemente la figura più forte nell’universo della politica italiana. E’ normale che gli altri si adeguino. Così assistiamo da anni a dibattiti televisivi in cui si gareggia più di ugola che di argomenti, ci si insulta, si prevarica, e spesso prevale il più aggressivo piuttosto che ci ha davvero ragione.

Abbiamo assistito ad anni di cappi blanditi in parlamento, di deputati che si picchiano, di ministri che insultano l’elettore che non vota per lui. Come possiamo aspettarci un comportamento diverso da quello cui abbiamo assistito a Torino?

Consentitemi, però, di manifestare l’amarezza che provo nel constatare la morte della dialettica e il livellamento verso il basso – molto basso – della qualità del confronto politico. Francamente è molto più triste sentire il segretario del maggiore partito di opposizione usare termini come “fogna” piuttosto che vedere cittadini indignati che perdono le staffe.


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