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Contro il paternalismo di massa: una replica a Flores d'Arcais
Creato il 29 ottobre 2012 da AnimabellaRiporto qui un articolo scritto a quattro mani con il collega Emilio Carnevali e pubblicato su micromega.net
L'idea di utilizzare le primarie del Pd come grimaldello per far deflagrare quello che è attualmente il primo partito italiano non è nuova. Tra le varie motivazioni di chi voleva regole più stringenti per l'accesso al voto c'era proprio quella di impedire agli avversari politici di interferire con il regolare svolgimento di un democratico processo di selezione del leader della coalizione di centro-sinistra.
Lo stratagemma era ben chiaro, del resto, anche alla Corte Suprema degli Stati Uniti, quando essa si pronunciò, il 26 giugno del 2000, sulla cosiddetta Proposition 198. Lo Stato della California aveva approvato una legge che imponeva ai partiti primarie “aperte”: non era più necessario dichiararsi membro di un determinato partito per poterne scegliere i candidati. In sostanza, gli elettori repubblicani potevano andare a votare alle primarie democratiche, i democratici a quelle repubblicane, e qualunque altro cittadino alle primarie di qualsiasi altra formazione politica.
«La libertà di associazione», scrisse il relatore di quella sentenza, il giudice Antonin Scalia, «necessariamente presuppone la libertà di identificare le persone che costituiscono l'associazione e di limitare l'associazione a quelle sole persone». Il candidato eletto con le primarie «diventa l'ambasciatore del partito presso il corpo elettorale. Anche una singola elezione nella quale il candidato del partito fosse scelto da non membri del partito sarebbe sufficiente a distruggere il partito». Per questi motivi, la Corte suprema Usa bocciò la Proposition 198 con parole inequivocabili: «Non riusciamo a pensare ad alcuna costrizione più pesante della libertà di associazione di un partito. La Proposition 198 è, pertanto, incostituzionale».
Allo stesso modo, in Italia, la partecipazione a primarie di una coalizione che non si ha intenzione di votare dovrebbe essere considerata una violazione della libertà di associazione di tutti gli elettori di centrosinistra che faranno le proprie scelte (compresa l'opzione Matteo Renzi) con l'intento di costruire un progetto e non di distruggerlo.
“Distruggere il Pd” è proprio l'obiettivo che si prefigge Paolo Flores d'Arcais. Quest'ultimo ha dichiarato – in un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano e ripreso qui – che alle prossime elezioni voterà il partito di Beppe Grillo, ma prima parteciperà alle primarie del centrosinistra, cioè di una coalizione che non ha intenzione di votare, per scegliere il candidato che dovrà rappresentarla. Flores vorrebbe contribuire a far vincere Matteo Renzi, «perché la sua vittoria distruggerebbe il Pd, lo manderebbe letteralmente in pezzi». Situazione che creerebbe le condizioni – questa la speranza del direttore di MicroMega – per la nascita finalmente di «una forza “giustizia e libertà”, un “partito d’azione” di massa anziché d’élite, propiziato dalla Fiom, dalle testate non allineate, dai movimenti di opinione della società civile in lotta».
Per giustificare la palese incoerenza del gesto, Flores d'Arcais si appella all'articolo 49 della Costituzione, secondo il quale i partiti «sono un nostro strumento, quello tramite cui (strumento) i cittadini (soggetto) “concorrono con metodo democratico a determinare la politica nazionale”». A parte il fatto che la Costituzione non utilizza espressamente la parola “strumento” (l'articolo integrale recita: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale»), l'escamotage costituzionale di Flores d'Arcais non regge perché certamente lontano anni luce dallo spirito della Carta (e dei padri costituenti) è l'idea di un uso strumentale di libere associazioni di liberi cittadini a disposizione di chi non ne fa parte.
Flores d'Arcais si augura l'«avvento di un illuminismo di massa», ma contemporaneamente tratta gli elettori del centrosinistra come minorenni (in senso autenticamente kantiano, cioè uomini in stato di minorità: esattamente agli antipodi del progetto illuminista). Con l'“arma dell'autodistruzione” Flores vorrebbe salvare «milioni di elettori animati da volontà di “giustizia e libertà” e dall’intenzione di realizzare la Costituzione (tranne l’articolo 7, da abrogare)». Questi ultimi dovrebbero essere liberati dalle stesse persone cui accorderanno il consenso, perché pensano di votare un buon candidato (sia esso Renzi, Bersani, Vendola, Tabacci o Puppato), ma non capiscono che sono in realtà dei burattini manovrati da oscuri pupari, i quali li hanno «imbrigliati, congelati, manipolati, usati». Solo un grande big bang renderebbe manifesto il fatto che quei poveri elettori incatenati stanno osservando solo delle ombre proiettate sui muri della caverna, e li condurrebbe finalmente fuori, alla luce del sole.
Naturalmente è più che legittimo nutrire dubbi sul meccanismo delle primarie (innanzitutto perché, per esempio, si fanno per scegliere un “candidato premier” che il nostro sistema costituzionale neanche prevede) o essere in totale dissenso rispetto al progetto del centrosinistra, magari perché si hanno convinzioni più radicali. Ma da tale opinione non può che seguire una conseguenza logica molto semplice e trasparente: quella di non partecipare alle primarie.
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