Alle 17.00 di pomeriggio del sabato o della domenica la piscina comunale non è mai affollatissima. Verso le 18.00, poi, a mezz’ora dalla chiusura, restiamo in acqua in pochi e mi sembra quasi di averla tutta a mia disposizione. Sono i rari attimi in cui non mi importa più molto delle sue inefficienze di gestione. Quest’anno sono anche riusciti ad organizzare un gruppo master, dopo lustri di suppliche. Bene ma male nello stesso tempo: passeranno mesi prima che io riesca a tornare in uno stato di forma tale da pensare di unirmi.
Il popolo delle piscine è simile in ogni struttura. Ci sono gli habitué, i professionisti, che si fanno un cenno di riconoscimento con la testa e poi cominciano a macinare vasche, fingendo di non tenersi reciprocamente sotto controllo in fase di immersione. Ci sono alcuni genitori equilibristi con bambini piccoli che saltano dentro e fuori dall’acqua, tra braccioli e palline. Ci sono quelli che “quest’anno imparo a nuotare” ed entrano con tutta la buona volontà, pochissima tecnica, moltissimo sforzo e nessuna cognizione del fatto che in corsia esistono regole non scritte, non solo di lati di percorrenza ma anche di gestione del territorio. Le imparano a furia di sentirsi arrivare sulle piante dei piedi le manate di quelli che detestano i cambiamenti di ritmo da ostacolo.
Poi ci sono gli affezionati dei muretti, che a casa dicono “ciao, vado a nuotare” e in un’ora percorrono la stessa distanza del riscaldamento degli habitué perché il resto del tempo lo trascorrono a bordo vasca. Sono la specie più temuta. Chi è lì per allenarsi deve stare attentissimo: se si arriva veloci, magari preparando la virata, e non si fa caso alla collocazione della fauna del muretto, si rischiano collisioni dolorose.
Le patelle da piscina a me note appartengono a tre grandi categorie.
Nella prima ci sono coloro che sanno nuotare ma oggi non ne hanno voglia. Si muovono in gruppi di tre per motivarsi o scusarsi a vicenda. Di solito sono ragazzi, hanno gli slip coordinati con la cuffia e indossano gli svedesi. Si dimenticano in borsa lo stringinaso perché sono consapevoli che il naso in atmosfera di cloro di tempo ne passerà poco. Si dedicano dal muretto all’analisi tecnica delle performance dei professionisti.
“Hai visto quello?” - ”No, quale?”
“Quello nella tre con la cuffia rossa. E’ sotto le 15 bracciate” - ”Ma figurati “
“Ma contale, ti dico: uno, due, tre…”. “Tiene la testa bassa però.”
Rimirano due o tre passaggi del soggetto analizzato. Passano i minuti.
“Partiamo?” “Si, dai. Anzi no, aspetta. Si è allentato il cordino degli occhialini.”
Nella seconda ci sono gli accoppiati. Sono, di solito, un ragazzo e una ragazza tra i venti e i trenta, in chiara ricerca di un luogo per passare del tempo insieme. Li si può considerare un’entità unica perché, sotto il pelo dell’acqua, trascorrono molto tempo uniti, lei con le gambe intorno alla vita di lui, lui coi piedi che fluttuano sul fondo, una mano ancorata alla scaletta e l’altra sulla schiena di lei.
” e poi la Daniela gli ha detto che, insomma, lei non voleva più vederlo, se lui continuava ad andare dalla ex moglie che lei non gli fa mai trovare il bambino pronto perché fa apposta..ma scusa,mi stai ascoltando?”. “Eehmm…si, il bambino…”. “No dai, stai fermo, ci vedono”. “eeehm…partiamo?”. “Si,dai, facciamo tutta la vasca?”. Si sciolgono piano, si nuotano addosso, si riallacciano sull’altro lato.
Nella terza ci sono quelli che vanno in piscina per rimorchiare. La frase di apertura è sempre la stessa. “Nuoti bene” – “Si. Ma no, figurati, ho appena iniziato.” ”No davvero. Sei proprio brava. Non ti avevo mai visto qui”. “Si, no. Cioè. Di solito vengo il sabato ma ieri non potevo”. Lei si sistema la cuffia e poi le spalline, lui tira dentro la pancia e gonfia i pettorali, allungando un braccio oltre il bordo. “Ma di dove sei?”. “Di L* però il mio moroso è di qua, forse lo conosci.” Il braccio scende deluso in acqua e gli occhi riprendono l’indagine demografica prossimale. “Ma tu non nuoti?” continua lei, ignara. ” Si, si certo. Partiamo?” Non aspetta la risposta e pochi minuti dopo non solo è dall’altro lato ma ha anche cambiato corsia, navigando verso una cuffia blu alla quale riproporre il complimento.