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E allora tocca entrarci, nel merito. La più importante, macroscopica, capitale differenza è che né Cicciolina né Luxuria hanno elargito favori di nessuna natura a nessun potente di turno per ottenere il loro posto in parlamento. E questo dovrebbe bastare. Entrambe sono state scelte per ragioni, condivisibili o meno, esclusivamente politiche, ossia perché le si riteneva adatte a portare avanti determinate battaglie politiche. Se poi lo fossero o meno, poco importa. Quel che rileva qui sono le ragioni e le modalità con cui hanno intrapreso la loro carriera politica. Un’animabella come me non può non tenere in grande considerazione le forme, che sono l’anima e la sostanza della democrazia liberale.
Cicciolina, che ebbe la fortuna di competere alle elezioni con una legge elettorale diversa dal porcellum, raccolse addirittura 20 mila preferenze. La loro elezione dimostra esattamente il contrario di quello che vorrebbero Storace&co.: e cioé che le storie personali sono fondamentali nella battaglia politica, che la competizione politica è fatta anche da persone che combattono in prima persona, con la loro stessa testimonianza di vita, battaglie politiche e non da giovani avvenenti catapultate in consigli regionali per chissà quali ragioni (la laurea con 110 e lode, le assicuro signor Primo ministro, è un requisito condiviso da centinaia di migliaia di giovani).
E allora qui torna il punto centrale della questione, il motivo per il quale la manfrina delle «vicende private» è semplicemente ridicola. La chiave di lettura fondamentale di tutta la vicenda, infatti, è che si tratta di rapporti di potere. E quando si parla di potere, si parla di politica ossia di questioni squisitamente pubbliche. Quando poi i rapporti di potere in questione sono rapporti tra un maschio (molto) potente e schiere di giovanissime donne prive di qualsiasi, pur minimo, potere (se non quello, forse, della seduzione), la retorica della libertà di ciascuno di fare del proprio corpo quel che vuole ha il sapore amaro della consapevole menzogna.
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