Magazine Diario personale
Però, per fortuna, ci sono anche i momenti in cui, a prescindere dal posto in cui viviamo, riusciamo a prendere un tè con un'amica e discutere di danza, fumetto e miti del mondo arabo. Oppure in cui ci godiamo la vicinanza a Milano, raggiungendo in mezz'oretta (sbagli di percorso a parte) il luogo dove si esibisce la mia maestra con la sua compagnia.
Venerdì sera non era partita sotto i migliori auspici: nel pomeriggio Amelia ed Ettore avevano dormito davvero poco e temevamo che non arrivassero svegli allo spettacolo. Invece, nonostante l'abbiocco in macchina, appena arrivati al luogo dell'aperitivo si sono svegliati e hanno cominciato a giocare tra di loro e con i nostri amici presenti. Hanno assistito tutti contenti allo spettacolo e poi, quando io e Luca ci siamo improvvisati un quartetto insieme alla Pedretti e a sua figlia, si sono divertiti ad ascoltarci.
La cosa bella è che erano un sacco di mesi che non suonavo: pensavo di avere le mani di legno e invece ho suonato bene, mi sono divertita e ho fatto una cosa bella con mio marito. Saranno i cimbali magici della Pedretti (e infatti le ho chiesto di comprarmeli, la prossima volta che le capita)...
Dopo, quando un po' di gente è sciamata e il palco è stato tutto per loro, Amelia ed Ettore non ne volevano sapere di andarsene. Se non fosse stato che il giorno dopo volevamo alzarci presto per andare in fiera, sarei stata curiosa di vedere quanto avrebbero retto. Di certo Ettore non si sentiva intimidito dal posto sconosciuto, dal momento che a un certo punto ha preso le scale ed è salito al piano di sopra tutto da solo, scocciandosi pure quando l'ho ritrovato e gli ho detto di aspettarmi.
Il sabato in fiera è stato sicuramente pieno ma non stressante: ero ben decisa ad andarmene nel momento in cui la troppa gente mi avesse dato fastidio. Abbiamo guardato molto di più di quanto abbiamo comprato, non ci siamo lasciati trascinare dal consumismo ma abbiamo preso solo ciò che avevamo programmato. Alcune cose sono ancora in sospeso: pensiamo di tornare giovedì pomeriggio per prendere ancora una tovaglia provenzale e un po' di cibo vario.
La cosa che mi è piaciuta di più è stata proprio una sciocchezza. Pensavo che, come gli altri anni, avremmo pranzato a base di schifezze (e infatti in prima battuta ci siamo presi un panino al prosciutto portoghese). Invece siamo stati attirati da un chiosco allestito tipo taverna medievale, dove abbiamo preso un menu a base di zuppa di legumi. Di fronte a noi, c'era il banchetto di un gruppo scozzese, con una signora in costume che teneva un piccolo gufo sulla spalla. Ovviamente io e Amelia ci siamo sciolte per quanto era bello il gufo, e c'è voluto del bello e del buono per far capire ad Amelia che la convivenza tra le nostre gatte e quel piccolo rapace sarebbe impossibile.
Domenica poi sono stati qui i nonni di Torino e, subito dopo la loro partenza, Luca ha portato i bambini dai miei, dove sono rimasti anche oggi (ci stiamo alternando nello stare a casa perché abbiamo deciso di tenere Ettore a casa dal nido per il mese di dicembre, in attesa che poi a gennaio cominci la materna).
Ora, io ho un atteggiamento ambivalente nei confronti del "prendersi i propri spazi": a seconda di chi ne parla e come ne parla, mi parte una reazione di solidarietà o no.
Oscillo, anche per me stessa, tra il credere che avere degli spazi propri sia sacrosanto e il pensare che sia un mito sopravvalutato. In genere, propendo più per la seconda ipotesi: mi piace coinvolgere i bambini nella maggior parte delle cose che faccio. Venerdì sera, non mi sarei divertita così tanto se non ci fossero stati loro. E non riesco neanche ad immaginare di andare a fare un giro al Trebbia o al mare senza di loro senza sentirmi in colpa o comunque incompleta (nonostante poi si lamentino della strada o della sabbia o gli venga voglia di fare tutt'altro quando sono lì).
Dall'altro lato, ammetto che poter stare insieme come coppia, da soli, in momenti che normalmente sono dedicati a mettere a letto i bambini, ha il suo gran perché. Soprattutto se vieni da una full immersion di 4 giorni con i bambini e ti aspetta un intero mese così.
Non immaginatevi adesso chissà cosa: ci teniamo troppo ai nostri soffitti per appenderci ai lampadari. Diciamo che, a parte attività piacevoli che comunque di solito svolgiamo in altri momenti, la cosa bella è stata prepararci la cena con calma e senza pensare ai gusti di 4 persone, leggere a letto senza doverlo scontare con 500 pagine di favole, parlare senza essere interrotti.
No, non spenderei dei soldi per andare a fare un weekend romantico con mio marito. Sono la peggior cliente delle baby sitter perché non mi importa di cene romantiche o locali di tendenza: se si mangia fuori, si va in posti dove anche i miei figli hanno diritto di esistere.
Ma ammetto che tenere i miei figli una notte ogni tanto è il più bel regalo che i miei possano fare a me e a mio marito.
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