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Crisi, disoccupazione e aumentano i suicidi, ma lo stato dove è?

Creato il 05 aprile 2012 da Giornalismo2012 @Giornalismo2012
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- Di Cinzia Aicha Rodolfi

02/01/2012: Bari,74 anni, pensionato si getta dal balcone Inps chiedeva rimborso.
09/01/2012: Bari 64 e 69 anni, pensionati si suicidano in coppia.
12/01/2012: Arzachena, 39 anni commerciante tenta di asfissiarsi,viene salvato.
22/02/2012: Trento, 44 anni per i troppi debiti si getta sotto ad un treno. è salvo.
25/02/2012: San Remo, 47 anni, elettricista si spara.
26/02/2012: Firenze, 65 anni, imprenditore si impicca.
02/03/2012: Ragusa, commerciante tenta di darsi fuoco.
02/03/2012: Pordenone, 46 anni, magazziniere si suicida.
9/03/2012: Genova, 45 anni disoccupato, sale su un traliccio della corrente.
9/03/2012: Taranto, 60 anni, commerciante trovato impiccato.
10/03/2012: Torino, 59 anni, muratore si da fuoco.
14/03/2012: Trieste, 40 anni, appena disoccupato si da fuoco.
15/03/2012: Lucca, 37 anni, infermiera ingerisce acido.
21/03/2012: Lecce, 29 anni, artigiano si impicca.
21/03/2012: Cosenza, 47 anni, disoccupato si spara.
23/03/2012: Pescara, 44 anni, imprenditore si impicca.
27/03/2012: Trani: 49 anni, imbianchino disoccupato si getta dalla finestra.
28/03/2012: Bologna: 58 anni, si da fuoco davanti all’Agenzia delle entrate.
29/03/2012: Verona, 27 anni, operaio si da fuoco.
01/04/2012: Sondrio: 57 anni, perde lavoro, cammina sui binari, salvato in tempo.
02/04/2012: Roma: 57 anni, corniciaio, si impicca.
03/04/2012: Catania, 58 anni, imprenditore si spara.
03/04/2012: Gela,78 anni pensionata si getta dalla finestra,riduzione della pensione
03/04/2012: Roma, 59 anni, imprenditore, si spara con un fucile.
04/04/2012 Milano, 51 anni, disoccupato si impicca.
04/04/2012 Roma Imprenditore si spara al petto

Nella maggior parte delle famiglie del ceto medio e basso, da due anni a questa parte, almeno un componente ha perso il lavoro, oppure si è trovato in cassa integrazione, oppure ha ridotto notevolmente il suo guadagno, e così succede che tante davvero troppe famiglie oggi si trovano improvvisamente in situazioni di totale incapacità di sopportare anche le spese indispensabili.

Improvvisamente ecco che la realtà del nostro bel paese, parecchio simile a quella di tutti o quasi i paesi del mondo, completamente trasfigurata da questa subdola crisi economica, ci mostra una fotografia di una popolazione versata in una agonia che ogni giorno accelera verso la completa disillusione e innesca meccanismi che facilmente portano alla peggiore depressione. Non si tratta più di quella depressione da noia o da insuccesso, oppure da carenza affettiva che era caratteristica degli anni novanta e dell’ultima decade del secolo scorso; questa odierna è l’angoscia, semplice ma concreta della mancanza di “denaro” per sopravvivere.

I primi mesi del 2012 sono stati caratterizzati dalla effettiva presa di coscienza del reale enorme problema che tocca la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, e noi italiani eccoci qua non esonerati, anzi partecipi della sventura che oramai sembra una vera catastrofe. Ecco quindi che il pessimismo latente dello scorso anno, oggi diventa consapevolezza e conferma di una situazione che continua a peggiorare e non dà adito ad alcuna speranza. Sta scomparendo il ceto medio ed aumentano i cosiddetti “poveri” che non sono quelli tali da generazioni, ma lo sono diventati oggi e talmente repentinamente che non sanno neanche come ci si debba comportare. Sembra una battuta infelice, ma è invece un fatto sociale non indifferente l’incapacità di saper reagire, dove magari ci potrebbe essere uno spiraglio di soluzione.

Quando una famiglia che fino a pochi mesi fa, poteva permettersi un tenore di vita medio ed aveva specifiche abitudini e poteva sopportare mensilmente determinate spese, di colpo si rende conto che deve tagliare qualsiasi anche piccolo “superfluo”, perché il suo reddito è diminuito drasticamente, spesso si trova anche nell’incapacità reattiva di riuscire a prendere semplici decisioni, nonché incapacità effettiva di affrontare la realtà dei fatti. Per non parlare poi dell’impreparazione culturale per contrastare un emergenza di tale entità, di una società cresciuta con la fede/credenza dell’onnipotenza del genere umano; nella filosofia (ripresa dai greci pagani) della capacità dell’uomo di crearsi un destino e realizzare qualsiasi sogno perciò anche ricchezza e benessere solo grazie alle sue volontà e sforzi.

Evidentemente, succede che, una falsa e debole certezza basata sull’effimera credenza nella capacità umana di auto realizzarsi come meglio vuole, perciò ottenere quello che desidera, crolla come un castello di sabbia davanti ad una situazione odierna dove non solo esiste una reale impossibilità pratica di risoluzione dei problemi, ma anche una impreparazione culturale e strumentale.
Tale debolezza è anche dovuta al fatto che la mentalità dominante moderna ha sviluppato un’educazione basata, per esempio, sulla teoria dell’evoluzionismo che evidentemente promette risultati di vittoria ove la specie si fortifica e si afferma grazie al miglioramento delle condizioni specifiche dell’individuo e dimentica completamente la possibilità del fallimento dovuto sia alla incapacità e soprattutto dovuto agli ostacoli indipendenti da qualsiasi volontà umana, perciò probabilmente di altra natura, semmai diremmo Divina.
Questa analisi azzardata è frutto di una considerazione verosimile che evidenzia quanto l’uomo, che oggi si crede capace e forte e si sente padrone della sua vita, quando si trova a dover combattere una battaglia ben al di sopra delle sue capacità umane effettivamente limitate, cade nella depressione psichica, nella schizofrenia, e nell’astenia totale.

Non è difficile immaginare come si possa sentire un marito e padre che già da mesi forse anche anni non ha un lavoro, non ha alcun reddito, ma tante spese necessarie, forse il mutuo oppure l’affitto, la spesa di cibo, le bollette dei servizi fondamentali quali luce acqua e gas, e non può pagarli. Non si può banalizzare il sentimento di impotenza e di fallimento di un uomo che non riesce a far fronte a questi basilari bisogni della sua famiglia e cade sconfitto nell’agonia della sfiducia più buia.

Viene spontaneo con una sorta di rabbia, chiedersi dove sia qui lo stato, e dove le istituzioni che hanno certamente compreso la gravità della situazione che ancora dovrà inevitabilmente vedere un ulteriore tracollo, e parlano come fossero solo spettatori invece di farsi parte attiva a salvaguardare disastri di entità insuperabile. Quanti suicidi ancora ? Quante disgraziate sorti, e quale abisso dobbiamo raggiungere prima che si prendano provvedimenti fondamentali ? Come è garantito il diritto costituzionale sul quale la nostra repubblica è fondata, ovvero quello del lavoro?

Non si può pensare di continuare ad accettare un parlamento che non vuole ragionare concretamente e perde tempo in inutili battaglie partitiche e orgogli insensati. La nostra nazione, come tante altre ma questo “mal comune” non ci è di alcun “gaudio”, sta esaurendosi come una sorgente secca. Non si trova lavoro, non si produce lavoro, non si prospetta alcuna possibilità. L’ansia è sempre più difficile da contenere e l’epilogo più comune è quello della distruzione di ogni dignità che spesso vediamo porta ad azioni radicali e irreversibili, per porre fine ad una agonia per molti troppo faticosa.


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