La passata regular season ha senza dubbio regalato diverse sorprese, come la conferma dell’immortalità dei San Antonio Spurs, ipotesi ventilata ma mai come quest’anno accompagnata da referti statistici semplicemente impressionanti. Così come sono da considerare delle sorprese l’inaugurazione del viale del tramonto per i gialloviola del monarca Kobe Bryant e la raggiunta maturità dei Memphis Grizzlies, capaci di giocarsi la finale di Conference a scapito dei più quotati Thunder. Tutto si poteva immaginare, ma di vedere i Golden State Warriors giocare con uno Steph Curry sano (per lui ben 79 partite disputate, evviva!) ai playoffs mentre asfalta i Denver Nuggets non se lo sognava nessuno. Roba che se al bar provavi a scommettere su di loro iniziava a ridere tutto il quartiere.
Eppure la truppa di Mark Jackson è riuscita a strappare più di un sorriso, ed un biglietto per i playoffs, dimostrando che duro allenamento, sagacia tattica ed un pizzico di fortuna possono sovvertire i pronostici più scontati.
La positiva stagione di Golden State pone le sue basi sul contributo determinante dei big di San Francisco, a partire da uno Steph Curry assoluto top 5 tra i playmaker (22.9 punti con 6.9 assistenze) per proseguire con le statistiche “All-Star” di David Lee fautore di una doppia doppia in regular season da 18.5 punti ed 11.2 rimbalzi utile per portare GS al comando nelle statistiche relative ai rimbalzi difensivi.
Ed assolutamente da incorniciare lo è stata anche la stagione di Klay Thompson il quale con Curry ha trascinato i gialloblu a suon di triple (percentuale del 40% dall’arco record stagionale NBA) relegando ad uno sbiadito ricordo la dipartenza verso Milwaukee di Monta Ellis.
A questo pacchetto di solidità e spettacolo la dirigenza californiana ha pensato bene di aggiungere esperienza e cuore portando nella baia un Jarrett Jack da rigenerare ed un Carl Landry abbondantemente trascurato da tutte le squadre nella free agency della passata stagione. I due hanno risposto con una doppia cifra nella casella punti (12.9 per Jack e 10.8 per Landry) a cui si aggiungono i 5.6 assist dell’ex Toronto e gli 8.6 rimbalzi del prodotto di Purdue University.
E nella positiva stagione di Golden State non si possono non segnalare gli incoraggianti progressi di Harrison Barnes (pronto a diventare una superstar?) e del centro Festus Ezeli pronto a raccogliere il testimone di un Andrew Bogut da usare purtroppo con il contagocce).
Ora dopo tutte le belle parole spese vien da chiedersi se la prossima stagione i ragazzi della baia riusciranno a garantire le stesse eccellenti prestazioni registrate quest’anno.
Come molte squadre in NBA anche Golden State dovrà fare i conti con la luxury tax e con le conseguenze ad essa connesse. Il monte salariale salirà la prossima stagione fino a svettare quota 74M$ ed almeno per il momento non sono previste svendite in casa Golden State. La quale continuerà ad allungare 20M$ per i contratti di Richard Jefferson e Andris Biedrins, due che sintetizzano il passato perdente della franchigia.
Ma nonostante il payroll piuttosto alto, i possibili addii di Jack e di Landry (decisamente più probabile) potrebbero spingere la dirigenza a tornare sul mercato alla ricerca di un lungo (Kaman e Brand sono in lista) e di un paio di guardie per non spremere troppo il sempre fragile Curry (Darren Collison, Beno Udrih e Shaun Livingston sono i nomi caldi).
Confermare quindi le ottime prestazioni della passata stagione non sarà assolutamente una passeggiata, ma semmai il frutto di un lavoro certosino avviato molto bene quest’anno. Tuttavia per dare consistenza al progetto Warriors occorrerà avere lo stesso cuore, la stessa grinta e tanto lavoro di qualità, da parte di Curry ma non solo.