Penso sia la prima volta che parlo di un film amatoriale, almeno credo, e devo ammettere che iniziare questa nuova rubrica con un prodotto non proprio all’altezza delle aspettative, un po’ rovina tutto il pathos.
Decay è un film a sfondo zombie, ambientato nei sotterranei del Cern di Ginevra.
Un gruppo di tecnici si ritrova a dover lavora durante un turno notturno per delle strane rilevazioni all’interno dell’acceleratore.0 nello stesso momento, una squadra di riparazione si trova proprio nell’acceleratore, per capire da cosa provenga il malfunzionamento.
Tutto sembra tranquillo, nella norma, fino a quando l’acceleratore si attiva da solo, uccidendo tutti coloro che si trovavano al suo interno.
La corrente salta, gli ascensori per tornare in superficie non funzionano…
E i quattro ragazzi si ritrovano alle prese con un problema più grosso di loro…
È questo forse il peggior difetto di un film che, se strutturato meglio, avrebbe potuto dare molto di più.
Gli zombie sono ben fatti e i vari effetti speciali risultano all’altezza del genere, mantenendosi su livelli accettabili.
La trama, per quanto scontata (come spesso accade in pellicole che parlano di zombie) si fonda tutta sulla teoria del bosone di Higgs, la famosa particella di Dio, in grado di mutare il codice genetico delle persone e di trasformarle, di fatto, in morti viventi.
L’ambientazione è perfetta: cunicoli bui, tubi, valvole, porte bloccate e stanze piene di polvere.
Vedere i quattro ragazzi aggirarsi per questi condotti, senza sapere davvero da che parte andare, è un piacere, tanto si sa che prima o poi, dal buio, usciranno un paio di braccia e il sangue scorrerà.
Peccato che non basti a risollevare una recitazione quasi da operetta scolastica…
Durante la visione ci sono stati un paio di momenti brillanti, soprattutto verso il finale, dove alcune trovate del regista fanno sì che non tutto appaia palese e già scritto. Certo, è vero anche che il film termina nel più classico dei modi: infezione senza controllo e gente che comincia a morire per le strade.
Il resto lo conoscete già, vero?
Per il resto… be’, diciamo che si poteva fare di meglio.
Molto di meglio…