Per le madri è molto importante occuparsi del bambino, rispondere appropriatamente alle sue comunicazioni e provvedere alle cure, dal punto di vista emotivo e fisico, stimolando dal punto di vista cognitivo e sociale: occorre trovare un buon equilibrio tra i bisogni propri, del partner e quelli del neonato.
Gli effetti negativi sulla relazione madre-bambino e sui sentimenti di entrambi sono ben documentati in letteratura. Murray e colleghi[1] hanno riscontrato che in un contesto interattivo, rispetto a madri che stavano bene, a due mesi dal parto le mamme con depressione erano meno in sintonia con i loro bambini. A tal proposito, Murray e i suoi collaboratori hanno ipotizzato che in questo modo nel bambino possono costituirsi pattern persistenti di comportamento ritirato che rischiano di limitarne le esperienze e lo sviluppo successivo, persino quando la madre si è ripresa e risponde in modo più affettuoso ai bisogni del figlio.
La depressione produce nelle madri una generale limitazione nell’espressione dell’affettività e la tendenza ad attribuzioni negative rispetto al comportamento del bambino: si sentono infastidite, poco responsive, hanno difficoltà ad interpretare le richieste, non riescono a soddisfare le esigenze primarie. Murray sottolinea come nei racconti delle madri depresse, esse si focalizzino maggiormente su discorsi riferiti ai propri impegni piuttosto che sull’esperienza dei loro bambini.
In sostanza la depressione interferisce in modo significativo sulle funzioni e sull’accudimento genitoriale; tale disagio crea una ridotta responsività i segnali del bambino e quindi la compromissione di un modello di attaccamento sicuro[2].
Gli effetti a lungo termine della depressione postnatale sono associati a un’ampia gamma di persistenti svantaggi nel funzionamento del bambino: si ipotizza l’esistenza di un percorso evolutivo che, dai problemi iniziali di attenzione e di regolazione delle emozioni, conduca a successivi deficit cognitivi.
Diversi studi mostrano anche che l’umore depresso fa si che i bambini siano meno stimolati dalla voce delle madri e quindi tendono ad avere meno interesse nei loro confronti. Questo problema spesso continua anche dopo la guarigione dalla depressione. Murray, inoltre, ha riscontrato che i disturbi nella prima interazione madre bambino sono predittivi di risultati cognitivi più scarsi che sono visibili già dai 18 mesi del bambino. I quozienti intellettivi sono sensibilmente più bassi, spesso associato a significative carenze nel campo del ragionamento matematico.
La scarsità di ripetizioni prevedibili, durante le interazioni, determina la confusione del bambini, il quale non riesce a sperimentare un adeguato rapporto di causa-effetto, e dunque a generalizzare tale apprendimento.
I figli di madri depresse sono maggiormente esposti a sentimenti negativi e a intense situazioni di stress: questo influisce significativamente sulla capacità di regolazione emotiva.
[1] MURRAY L., FIORI COWLEY A., HOOPER R. et al., The impact of postanatal depression and associated adversity on early mother-infant interactions and later infant outcome, 1996, Child development, n.67, pp. 2512-2526
[2] BOWLBY J, Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Raffaello Cortina, Milano, 1989