Prevenzione violenza assistita
L’associazione Yin-sieme propone di dedicare il mese di dicembre ad una campagna importante: la prevenzione contro la violenza assistita. Ne parliamo con la presidente, Francesca Antonella Amodio, che ci racconta di cosa si tratta e come ognuno di noi può fare qualcosa per diffondere questa iniziativa e sostenerla. Dell’Associazione Yin-sieme fa parte anche un’amica blogger, grazie alla quale sono venuta a conoscenza dell’inziativa, Rossella Grenci, che ringrazio per il suo impegno costante nell’arricchire il web di voci altre.
Condividere e partecipare ci può aiutare a fare il passo più importante per la prevenzione, quello della consapevolezza culturale.
Come viene definita la “violenza assistita”?
Una commissione di studio del CSMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia) ha definito l’esposizione dei bambini ai conflitti familiari una forma di violenza dichiarando che “Si intende per violenza assistita intrafamiliare: atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica compiuti su figure di riferimento o su altre figure – adulte o minori – affettivamente significative di cui il/la bambino/a può fare esperienza direttamente (quando la violenza avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il/la bambino/a è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti”. Una definizione articolata che comprende realtà diverse, non tutte, non sempre, purtroppo, percepite nella loro effettiva gravità.
Sulla pagina dell’Osservatorio Pedofilia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si legge che, secondo l’ISTAT nel 2007, 674.000 donne italiane hanno dichiarato di aver subito violenze ripetute dal partner e che il 61,4% di queste donne ha dichiarato che i figli hanno assistito ad uno o più di questi episodi. Quali sono le conseguenze che possono derivare da queste esperienze?
Purtroppo il numero dei bambini sottoposti a violenza assistita è di gran lunga maggiore rispetto alle cifre ufficiali perché, come dicevamo prima, è riconosciuta come violenza assistita anche quella che non avviene direttamente nel loro campo percettivo, ma di cui fanno comunque esperienza attraverso ciò che comporta, dai segni che lascia nel corpo e nell’anima di chi la subisce. Oserei dire che questo potrebbe addirittura essere anche peggio: il bambino percepisce un grande dolore nell’ambiente che lo circonda e in qualche modo, grazie al suo pensiero ‘ego-centrico’, potrebbe ritenersene in parte responsabile. Quanto agli effetti, essi sono molteplici e sicuramente più gravi quanto più a lungo il bambino è esposto a questo tipo di violenza.
Dato che ancora mancano gli strumenti giuridici per affrontare in modo adeguato queste situazioni, che cosa accade di fatto?
Non solo c’è la mancanza di strumenti giuridici, ma proprio la mancanza di un riconoscimento sociale del fenomeno. Spesso i genitori sono inconsapevoli del grande insulto che arrecano alla piccola psiche ancora in fieri dei loro bambini Spesso si ritiene, o si vuol ritenere, che essi non capiscano. Questo in parte è vero anche perché è difficile a tutti capire come sia possibile aggredire ciò che invece si dovrebbe proteggere, ma è proprio questo suo non capire, il non avere ancora gli strumenti per elaborare qualcosa di difficile anche per un adulto, che crea i danni maggiori. Non capire, per un bambino, non vuol dire non esperire dolore, paura. Un dolore sordo e profondo che non ha un perché, una paura di chi anche si ama. La violenza può scatenarsi in ogni momento, non vi è posto in cui si è al riparo, anzi, il riparo, le mura domestiche, sono quelle che all’improvviso si trasformano in incubo. Eppure ancora spesso i familiari, gli amici, coloro che in qualche modo ruotano intorno a quel nucleo, invitano la vittima a pazientare facendo proprio leva sul bene dei figli.
Che cosa può fare chi ci legge per aiutare la tua Associazione in questa campagna?
Abbiamo creato un evento sulla nostra pagina Facebook, al 31 di questo mese. L’evento in vero non è in un posto fisico ma sullo stesso FB e consiste nel cliccare sul ‘ parteciperò ‘ invitando poi i propri amici a fare altrettanto così da divulgare questa tematica il più possibile. Per l’intero mese noi continueremo a pubblicare interviste, video, a raccogliere le testimonianze di quanti hanno subito durante la loro infanzia questa forma di violenza e tutto quello che voi vorrete suggerirci. Sebbene organizzeremo alcuni incontri e serate in vari luoghi fisici della Basilicata, l’intento è che il messaggio arrivi in tutta Italia e solo i network e chi legge, possono darci una mano in questo…Yin-sieme tutto è più facile!
Quando si parla di violenza, è per tutti noi facile riconoscerla negli episodi più estremi e aggressivi. Tuttavia, è inevitabile pensare che questi siano solo la punta dell’iceberg di atteggiamenti meno evidenti ma più pervasivi e accettati: si può dare una definizione di violenza nella sua accezione quotidiana?
Violenza è tutto ciò che è lesivo della dignità di una persona approfittando di una propria condizione di superiorità, in forza fisica, economica, in strumenti culturali, in posizione sociale e quant’altro. E’ bene riconoscerla ai suoi esordi e non subirla sperando in un episodio estemporaneo, nonostante le tante promesse, si ripeterà, man man con maggior frequenza e con maggior intensità. Purtroppo una volta innescatosi, è un circuito che si autoalimenta seguendo un’escalation che può avere esiti nefasti. E’ importante dunque rompere immediatamente il segreto rivolgendosi ad esperti, associazioni, istituzioni che possano dare una mano a chi subisce, ai suoi bambini ma anche a coloro stessi che infieriscono.
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