Potrebbero arrivare a pagare dai 60 centesimi a un euro all'ora le famiglie dei ragazzi disabili che si appoggiano ai centri diurni del Comune di Milano.
Cioè un contributo che si aggira attorno ai 5 euro, o al massimo 8, al giorno. Moltiplicato per tutto l'anno, l'assegno porterebbe a un esborso superiore ai mille euro. E non tutte le famiglie sono in grado di sostenere una spesa del genere di questi tempi.
Tuttavia il Comune non può fare altrimenti: le casse del bilancio piangono e la coperta è troppo corta per garantire tutti i servizi. Ciò che è sempre stato gratuito, ora richiede un contributo da parte delle famiglie.
Palazzo Marino la chiama «compartecipazione». Parecchi genitori la definiscono «tassa sui disabili» e non ci stanno a pagare «un servizio che deve essere un diritto». «Le famiglie non possono permettersi una spesa del genere - spiega Luciano, che si appoggia al centro diurno Cherasco per suo figlio - Chiediamo al Comune di tornare sui suoi passi e speriamo che le trattative in corso prendano un'altra piega».
I tecnici dell'assessorato alle Politiche sociali e le associazioni dei disabili stanno discutendo del piano contributi da mesi. In teoria avrebbero dovuto arrivare a una decisione entro la metà di dicembre, ma le cose sono andate per le lunghe. Ora i disabili hanno messo sul tavolo una proposta e aspettano risposte da parte dell'assessore Pierfrancesco Majorino e dei suoi. «Abbiamo chiesto di abbassare la quota del contributo - spiega Marco Rasconi, a nome della Ledha di Milano -. Il Comune inizialmente aveva chiesto un euro all'ora. Noi abbiamo rilanciato proponendo 60 centesimi». La Ledha tuttavia è disposta a collaborare ed ha capito che il contributo chiesto dal Comune non vuole suonare come una tassa, né come un ricatto. L'unico paletto imposto dall'associazione disabili riguarda il «serbatoio» a cui attingere: «Il contributo non deve toccare la pensione di invalidità - spiega Rasconi - ma l'assegno di accompagnamento. E ovviamente dovrà essere proporzionale e non uguale per tutti». A questo proposito la Ledha sta anche cercando di far passare il messaggio che i contributi devono essere calcolati in base ai parametri Isee individuali e non della famiglia. I disabili si rendono conto che «c'è iniquità tra i servizi» come spiega il direttore Roberto Morali. Per i servizi diurni ci sono famiglie che pagano e altre no. I centri diurni sono gratuiti, i centri socio educativi e i servizi formazione e autonomia costano 60 euro al mese. La «quota» chiesta dal Comune quindi non serve solo per far cassa ma per «mettere sullo stesso piano tutte le famiglie». «In ogni caso - assicura Majorino - non faremo nulla senza il consenso delle famiglie».
Altro nodo cruciale: le liste d'attesa per accedere ai centri diurni. Si va dai 105 esclusi dai centri socio educativi ai 45 esclusi dei servizi formazione autonomia e dei centri diurni. «I numeri sono perfino più alti - spiegano alla Ledha - ma ci sono tante famiglie che non fanno nemmeno domanda per i figli poiché sanno che le liste non scorrono». Questo, anche se non è legato direttamente alla compartecipazione alla spesa, è uno dei problemi che il Comune punta a risolvere. Assieme all'aumento dei controlli su chi accede o meno al servizio. Più fondi permetterebbero infatti di effettuare più verifiche sui falsi disabili o su chi formula autocertificazioni fasulle, fingendo di avere un reddito più basso.
Il Giornale Milano