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Diserzione di coscienza

Creato il 26 maggio 2011 da Animabella
Nelle discussioni sulle questioni bioetiche fa spesso capolino il tema dell’obiezione di coscienza, come ultima arma che i credenti hanno per non soccombere alla presunta dittatura laicista che imporrebbe loro comportamenti contrari alla loro etica. Da ultimo ne ha fatto cenno, in un articolo che voleva essere una lezione di laicità (e non di laicismo, tiene a precisare l’autore) e per tale ragione tanto più significativo, il professor Dario Antiseri sul Corriere della Sera dello scorso 23 maggio. «Il laico», scrive Antiseri, «sa che la democrazia è ‘‘l’alta arte’’ del compromesso, ma è colui che anche sa che non sempre il compromesso è possibile giacché esistono valori o ideali inconciliabili (come è il caso della manipolabilità o meno dell’embrione o della praticabilità o meno dell’aborto): in questi casi il laico si affida alla tecnica del referendum o allo ‘‘scudo personale’’ dell’obiezione di coscienza, nella più lucida consapevolezza che la società aperta non sarà mai una società perfetta».
L’obiezione di coscienza viene qui presentata addirittura come garanzia della laicità in quei casi che non sono conciliabili nonostante i tentativi che l’«alta arte del compromesso», sale della democrazia, impone. Gli esempi citati tra parentesi sono emblematici: la manipolabilità dell’embrione e la praticabilità dell’aborto. Soffermiamoci sul secondo.
In cosa consisterebbe, a proposito dell’aborto, l’obiezione di coscienza? A rigor di logica la risposta dovrebbe essere: io posso invocare l’obiezione di coscienza se lo Stato mi volesse obbligare ad abortire. L’obiezione di coscienza è infatti eminentemente legata ad un obbligo: nasce come rifiuto dell’obbligo di imbracciare le armi e, fino alla promulgazione della legge che l’ha regolamentata, essa era equiparata alla renitenza alla leva e alla diserzione e gli obiettori andavano incontro a pesantissime conseguenze penali.
Nel caso dell’aborto però – come anche della distribuzione di anticoncezionali – l’obiezione di coscienza viene invocata non in relazione ad un inesistente obbligo «ad abortire», ma nei confronti di medici ginecologi che avrebbero il diritto di rifiutarsi di «far abortire», ossia di praticare l’interruzione di gravidanza su una donna che l’abbia liberamente scelta. Si impone qui una distinzione cruciale tra il fare in prima persona qualcosa e il consentire ad altri di fare. Sono infinite le nostre azioni, dalle più piccole e insignificanti alle più fondamentali, che non potremmo compiere se non ci fosse qualcun altro che – con le sue competenze, con i suoi strumenti, con la sua esperienza – ci metta nelle condizioni di compierle. E se chi detiene quello che è un vero e proprio potere si rifiuta di mettere a disposizione le sue competenze per consentire a qualcun altro di compiere una determinata azione (perfettamente lecita) nei fatti sta ledendo il diritto di quest’ultimo di compiere quell’azione.
Fare il medico non è un obbligo, e men che meno fare il medico ginecologo. E tanto basta per abolire come del tutto impoprio l’uso dell’espressione «obiezione di coscienza» a proposito dell’aborto, che si configura semplicemente come una delle prestazioni che il medico ginecologo ha l’obbligo di somministrare, nei termini della legge. La stessa cosa vale nei confronti dei farmacisti che si rifiutano di vendere i farmaci anticoncezionali. Il lavoro che ciascuno di noi si sceglie è allo stesso tempo una scelta di vita per noi e un servizio per gli altri. Se penso che quella professione comporta degli obblighi che contrastano con i miei princìpi, semplicemente scelgo di non farla. Non avrebbe alcun senso, oggi che la leva non è più obbligatoria, che un militare invocasse l’obiezione di coscienza. Semplicemente, chi rifiuta le armi, sceglie altri mestieri – e magari si impegna in organizzazioni pacifiste per bandire gli eserciti. Il cameriere vegetariano che si rifiuti di servire carne in una trattoria verrebbe semplicemente licenziato: che andasse a lavorare in un ristorante vegetariano. I testimoni di Geova rifiutano le trasfusioni di sangue: liberissimi di farlo su di sé. Ma cosa succederebbe se un medico testimone di Geova si rifiutasse di praticare le trasfusioni ai pazienti? Avendo un bambino piccolo, mi sono imbattuta in accese e molto serie discussioni sulla opportunità o meno di vaccinare i bambini: cosa succederebbe se un farmacista convinto (in completa buona fede) che i vaccini non debbano essere fatti si rifiutasse di venderli? In fondo, questo farmacista è convinto che i vaccini potrebbero causare delle gravissime malformazioni ai bambini, le sue ragioni appaiono dunque fondate e persino «altruistiche». E gli esempi potrebbero moltiplicarsi.
La possibilità per i ginecologi di rifiutarsi di praticare gli aborti era stata giustamente prevista
nella legge che finalmente regolamentava l’aborto (la 194 del 1978): chi era diventato ginecologo prima dell’entrata in vigore di quella legge non aveva tra le proprie mansioni l’aborto (anche se molti lo praticavano, con lauti compensi, in nero). Ma oggi è completamente priva di senso. E altamente lesiva dei diritti delle donne, visto l’altissimo numero di «disertori», come correttamente andrebbero chiamati.
Vi siete mai chiesti perché non si pone il problema dell’obiezione di coscienza per gli avvocati a proposito del divorzio? Per due ragioni: la prima, di buon senso, è che un avvocato può specializzarsi in molti ambiti (proprio come il medico!) e dunque, se vuole, può scegliere di non occuparsi di divorzi così come un medico che non vuole praticare aborti può benissimo scegliere tra decine di altre specializzazioni. Ma temo che la ragione largamente più diffusa sia che i divorzi fanno guadagnare un sacco di soldi. Mentre gli aborti sono persino un ostacolo alla carriera.

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Da terry
Inviato il 27 maggio a 10:22
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Problemi e considerazioni di competenza ANESTESIOLOGICA NEI PAZIENTI TESTIMONI DI GEOVA

Anna L. Harris, M.D. and Thomas P. Engel, M.D. Department of Anesthesiology, Loma Linda University School of Medicine, Loma Linda, California.

Introduzione

La cura del paziente Testimone di Geova presenta complessi problemi etici, legali e medici. Il paziente Testimone di Geova può prontamente aver bisogno di cure mediche, sia in elezione sia in emergenza, e accetterà tutti gli aspetti del trattamento, a parte le trasfusioni. Questo rifiuto del sangue o degli emoderivati, che include il sangue intero, emazie concentrate, bianchi concentrati, piastrine, plasma ed autotrasfusioni di sangue predepositato, crea un frustrante dilemma per il medico, dato che una procedura di routine e potenzialmente salvavita è inaccettabile per il paziente (1). L’anestesista è particolarmente coinvolto dato che è il responsabile della gestione delle trasfusioni intraoperatorie.

Questo articolo fornirà una breve storia dei Testimoni di Geova e delle loro giustificazioni religiose nel rifiutare le trasfusioni, discuterà alcuni dei principi etici in conflitto fra medici e pazienti Testimoni di Geova, menzionerà alcune regole e definizioni legali pertinenti e significative, e presenterà metodi e tecniche utilizzate dagli anestesisti per superare la sfida presentata dall’eliminazione della trasfusione come opzione chirurgica. I Testimoni di Geova

I Testimoni di Geova sono una religione cristiana i cui seguaci credono che la Bibbia sia la vera parola di Dio (2). I Testimoni sorsero come un piccolo gruppo di studio della Bibbia guidato da Charles T. Russel negli ultimi anni del 1870 vicino a Pittsburgh, Pennsylvania. Originariamente chiamati "Studenti Internazionali della Bibbia" o "Russelliti", presero il nome attuale, adottato nel 1931, dal versetto della Bibbia: "Voi siete i miei Testimoni, dice il Signore (Geova), e i miei servitori che Io ho scelto." (Isaia 43:10). Gli insegnamenti di Charles Russel furono diffusi attraverso la distribuzione della rivista ufficiale del gruppo, ora conosciuta come "la Torre di Guardia" ("The Watch Tower") la cui pubblicazione cominciò nel 1879. I gruppi dei Testimoni proliferarono attraverso il paese e nel 1881 furono fondate la "Watch Tower Bible" e la "Tract Society". Dal 1909 la società è diventata un’organizzazione internazionale e Russel spostò il suo quartier generale nel Brooklyn Tabernacle, a New York. Oltre che con la "Torre di Guardia", i Testimoni diffondono il loro credo attraverso prediche per le strade e visite porta-a-porta, una pratica continuata fino ad oggi. Al momento attuale, il numero dei membri sparsi per il mondo si avvicina a cinque milioni (circa sei milioni nel 1999 - n.d.r.), di cui almeno un milione negli Stati Uniti. (3)

I Testimoni di Geova hanno sempre basato le loro convinzioni sull’interpretazione letterale della Bibbia. Essi credono che ogni speranza di vita eterna o di salvezza venga persa se essi non aderiscono strettamente ai dettami biblici. Al riguardo, i Testimoni di Geova sono profondamente legati ai dettami del loro credo, che includono il rifiuto delle trasfusioni di sangue. Il dettame dei Testimoni che la trasfusione di sangue violi la legge di Dio fu stabilito nel 1945 ed è basato sui seguenti passaggi della Bibbia. (4)

"Ogni animale che si muova e che sia vivo può servirvi da cibo. E così nel caso della verde vegetazione, Io ti do tutto questo. Solo la carne con il suo spirito –il suo sangue- tu non puoi mangiare". (Genesi 9:3,4)

"E verso ogni uomo della casa di Israele o per ogni straniero che vi abiti come colui che ci abiti come straniero nel suo mezzo, che mangi ogni sorta di sangue, Io rivolgerò via il mio viso contro quell’anima che mangi del sangue, e lo taglierò via dal mio popolo." (Levitico 17:10-16)

"Lo Spirito Santo e noi stessi abbiamo stabilito di non aggiungervi altri obblighi, eccetto quelle cose necessarie, come l’astenersi da ciò che è stato sacrificato agli idoli e dal sangue e da ciò che è stato strangolato e dalla fornicazione. Se voi vi terrete lontani da ciò prospererete." (Atti 15:28,29)

A prescindere dalle circostanze d’elezione o d’urgenza, il Testimone di Geova crede che l’ingiunzione biblica riguardo il sangue contempli anche il sangue umano, e che la trasfusione di sangue attraverso le vene sia equivalente al "mangiare". (5,6) Anche l’uso del proprio sangue, raccolto e depositato in una banca del sangue in preparazione di un intervento chirurgico programmato, è vietato. (7,8)

Il dilemma etico è ovvio: i medici sono spinti a preservare e prolungare la vita al meglio delle loro abilità e giudizi, ma, nel caso del paziente Testimone di Geova, è loro vietato il ricorrere all’unico trattamento che può essere necessario a salvare la vita. Il medico può quindi naturalmente trovarsi a combattere una dura lotta con la propria coscienza, quando gli viene richiesto di assistere e di permettere ad un paziente di morire anche se è convinzione certa del medico che il paziente possa sopravvivere se gli fosse praticata una trasfusione.

Da parte del Testimone di Geova, la trasfusione di sangue è una violazione della parola di Dio ed è un peccato grave quanto l’idolatria o una condotta sessuale immorale. Il rifiuto dei Testimoni all’accettare una trasfusione è basato sull’obbedienza ad una "più alta autorità" e sulla convinzione che il loro rapporto con Dio sia messo in pericolo. (9) Quale è il beneficio per il Testimone se, come Gardner El et al. hanno puntualizzato, "la loro malattia corporea è curata ma la loro vita spirituale con Dio, come loro credono, è compromessa, cosa che porta ad una vita senza significato e forse peggiore della morte stessa?".(10)

Aspetti legali

Da un punto di vista legale, l’interpretazione del tribunale del diritto del paziente di rifiutare o accettare un trattamento è basata sulla legge comune, e perciò è un processo in evoluzione e cambiamento. (11) Le determinazioni delle corti diventano talvolta confuse da fattori come la mancanza di competenza, a seconda che vengano prese in considerazione bambini, minori o situazioni d’emergenza.

Il caso simbolo che ha confermato il diritto di un adulto competente di rifiutare un trattamento avvenne nel 1914 nel caso "Schloendorff contro la Società degli Ospedali di New York".(12) In questo caso, una donna acconsentì ad un esame sotto anestesia ma rifiutò il consenso ad ogni procedura operativa. Una volta sotto anestesia, tuttavia, fu effettuata una procedura operativa. Inoltre, fu scoperto postoperativamente che la donna riportò un danno al plesso brachiale risultante in intenso dolore ed un eventuale amputazione di alcune dita. Benché la donna perdesse la causa perché l’ospedale era un’organizzazione caritatevole e quindi immune da responsabilità, il giudice che presiedeva al caso stabilì che "Ogni essere umano adulto e capace di intendere e di volere ha il diritto di decidere che cosa deve essere fatto del proprio corpo."

È questo il caso che stabilì la premessa sottostante al consenso informato ed al diritto di scelta del paziente. Assieme al diritto del cittadino degli Stati Uniti di libertà di religione, un paziente Testimone di Geova adulto e competente ha il diritto, difeso dalla legge, di rifiutare la trasfusione, anche se il risultato di tale rifiuto potrebbe essere la morte. Appare quindi che i punti chiave nel diritto del paziente a rifiutare un trattamento salvavita sono la "competenza" e "l’età adulta".

Secondo il dr. Phil Fontanarosa ed il dr. Gary Giorgio del Northeastern Ohio Universities College of Medicine in Akron, un paziente può essere incapace di prendere una decisione competente se ha:

1.Segni vitali anormali o instabili.

2.Stato mentale alterato

3.Giudizio evidentemente alterato come per un danno o una malattia del sistema nervoso centrale.

4.Ogni segno di intossicazione alcolica o da farmaci.

Se lo stato mentale di un paziente è normale, il medico dell’Ohio consiglia di eseguire il test di Schiller: "Il paziente è intellettualmente in grado di capire la condizione, la natura e l’effetto del trattamento proposto?". Se le risposte son tutte dei "sì" il paziente è considerato cognitivamente competente. Se no, il medico potrebbe affidarsi ad un altra persona in grado di decidere – in genere il coniuge del paziente, un figlio adulto, o altri parenti stretti od amici. (13)

Inoltre, l’argomentazione che il paziente che rifiuti la trasfusione sia quindi un suicida, e perciò non competente, è una posizione non sostanziata e generalmente non un punto fermo. Il paziente Testimone di Geova vuole vivere e ricerca trattamenti medici che gli permettano di vivere. Infatti, la loro religione attualmente proibisce il suicidio allo stesso modo delle trasfusioni.

Nonostante il precedente Schloendorff, ci sono molti procedimenti giudiziari dove il diritto di un paziente a rifiutare un trattamento fu superato dall’interesse dello stato al benessere del paziente. Per esempio, nel caso "Raliegh Fitkin-Paul Morgan Memorial Hospital contro Anderson", la corte ordinò una trasfusione di sangue in una donna gravida per salvare sia la vita della madre sia quella del feto. (15) nel caso "Powell contro Columbia Presbyterian Medical Center", il tribunale ordinò una trasfusione in una donna "competente" con figli minori, ritenendo che , nel caso la donna fosse morta, i figli sarebbero potuti diventare a carico dello stato, e quindi porre un indebito carico allo stato stesso. (16)

Riguardo alla definizione di minore, un individuo è generalmente considerato troppo giovane per prendere decisioni riguardo se stesso se di età inferiore ai 18 anni; tuttavia, possono essere fatte eccezioni per i "minori autosufficienti" e i "minori emancipati". Per il Codice Civile della California, sezione 34.6, un minore autosufficiente è chi ha un’età di 15 anni o più e:

1.Vive separato e diviso dai suoi parenti o custodi legali, sia con sia senza il consenso o il muto assenso dei genitori o dei custodi legali.

2.Gestisce i propri affari finanziari, a prescindere dalla fonte di reddito. (17)

Sotto la sezione 62 del Codice civile della California, un minore emancipato è ogni persona sotto i 18 anni di età che:

1.Ha contratto regolare matrimonio, a prescindere dal fatto che tale matrimonio sia stato o no dissolto.

2.Sia in servizio attivo in una qualsiasi delle forze armate degli Stati Uniti d’America, o

3.Abbia ricevuto una dichiarazione di emancipazione secondo la sezione 64 del Codice Civile della California.

Nelle loro decisioni riguardanti i minori, i tribunali hanno ordinato trasfusioni in bambini in situazioni pericolose per la vita a dispetto delle obiezioni dei loro genitori o tutori legali.(19) I tribunali hanno argomentato che il principio legale della "parens patriae" obblighi lo stato ad assumere un interesse prevalente riguardo la salute e il benessere dei propri cittadini. Di conseguenza, lo stato esercita un controllo sul trattamento dei bambini maggiore di quello sugli adulti. Il caso miliare concernente un bambino minore più frequentemente citato nei casi successivi fu il caso "Prince contro lo stato del Massachusetts" nel 1944. (20) Il caso non riguardò una trasfusione di sangue, ma nel verdetto, la Corte Suprema stabilì il seguente:

"I genitori sono liberi di diventare essi stessi dei martiri. Ma non ne consegue che essi in identiche circostanze siano liberi di fare martiri i propri figli, prima che questi ultimi abbiano raggiunto l’età della piena e legale maturità, quando potranno prendere decisioni riguardo se stessi."

In circostanze nelle quali appaia che "la vita (del minore) non è immediatamente messa in pericolo dalle sue condizioni fisiche", il tribunale ha generalmente stabilito che "lo Stato non ha un interesse di sufficiente peso da oltrepassare le credenze religiose dei genitori precludenti un trattamento medico." (21)

Per quanto riguarda un adulto non competente, viene generalmente applicato lo stesso ragionamento che è stato steso riguardo ai minori incapaci di prendere decisioni riguardo se stessi. Appare che quando una procedura d’urgenza, come una terapia trasfusionale, è necessaria per salvare le vita di un paziente non competente, il tribunale ha prevalentemente stabilito che il medico ha il diritto legalmente riconosciuto di procedere anche contro le obiezioni dei familiari o dei cari del paziente.(22,23)

Fisiologia dell’anemia

Comprensibilmente, la cura dei Testimoni di Geova presenta una serie di sfide per l’anestesista, prima fra tutte la proibizione delle trasfusioni di sangue. Sorge spontanea la domanda: che vantaggi comporta la trasfusione di sangue?

La trasfusione di sangue è principalmente intesa ad aumentare la capacità di trasporto arterioso di ossigeno, e non ad aumentare il volume intravascolare. Benché sia i cristalloidi sia i colloidi siano utili per mantenere il volume intravascolare e siano accettati dai Testimoni di Geova, essi aumentano solo di poco il contenuto di ossigeno. (24) Il contenuto di ossigeno è essenziale nella gestione perioperatoria, benché molti pazienti sani possono tollerare bassi livelli di emoglobina senza una diminuzione misurabile del trasporto di ossigeno ai tessuti. Qui di seguito vi è un breve riassunto del trasporto di ossigeno e dei meccanismi compensatori di una sua diminuzione.

Il contenuto arterioso di ossigeno (CaO2) è la somma della quantità di ossigeno trasportato dall’emoglobina (Hb) e della quantità di ossigeno disciolto nel plasma. Il contenuto di O2 (ml/100 ml di sangue) è quindi = 1,39 x Hb x SatO2 + 0.0031 x PaO2, dove SatO2 è la saturazione di emoglobina con ossigeno e PaO2 la pressione parziale arteriosa dell’ossigeno. (25) Il normale contenuto arterioso di ossigeno è di 20 ml/100 ml di sangue. L’ossigeno disciolto, 0,3 ml/100 ml di sangue, normalmente è solo l’1,5% del contenuto di ossigeno totale.

Una diminuzione del 33% dell’Hb da 15 fino a 10 g/dl determina una proporzionale diminuzione del contenuto arterioso di ossigeno, tuttavia aumentare la PaO2 sopra i 100 mmHg ha un piccolo effetto nell’aumentare il contenuto di ossigeno. In un paziente anemico che respiri ossigeno al 100%, la porzione di ossigeno disciolto (0.0031 x PaO2) può rappresentare una percentuale molto più alta del contenuto di ossigeno totale.

Se c’è una diminuzione nella massa dei globuli rossi, come per una massiva perdita ematica chirurgica o una sottostante anemia, come viene mantenuta l’ossigenazione tissutale? L’organismo possiede dei meccanismi ben conosciuti per compensare la ridotta disponibilità d’ossigeno. (Tab.1)

Tab. 1 – Mantenimento dell’ossigenazione tissutale in caso di Anemia.

          Diminuzione della viscosità ematica

          Diminuzione delle resistenze periferiche

          Aumento del ritorno venoso

          Autoregolazione

          Ridistribuzione del flusso sanguigno ai tessuti

          Aumento della gittata cardiaca

          Tachicardia

          Aumento della contrattilità

          Maggiore estrazione tissutale d’ossigeno

          Spostamento della curva di dissociazione dell’emoglobina

          Aumento del 2,3-difosfoglicerato

Uno dei meccanismi principali è un aumentato flusso ematico tissutale, che migliora la fornitura di ossigeno agli organi senza un aumento del lavoro cardiovascolare o delle richieste di ossigeno. Come l’ematocrito (HCT) si abbassa, diminuisce la viscosità ematica ed aumenta il flusso sanguigno nel microcircolo, e come risultato si ha un volume di sangue maggiore per compensare il diminuito contenuto di ossigeno. Per esempio, in un maschio adulto sano con un volume ematico stabile, un cambiamento nell’HCT da un normale 45% ad un 30% determinerà un’aumentata gittata cardiaca ma un lavoro cardiovascolare inalterato.

Tuttavia, se l’HCT continua a scendere fino al 25% o meno, entrano in gioco fattori compensatori addizionali. Questi includono un aumento nell’estrazione di ossigeno e uno spostamento della curva di dissociazione dell’emoglobina. (26)

La curva di dissociazione dell’emoglobina (Diagramma 1) descrive la relazione fra la SatO2 e la PO2. La P50 sulla curva di dissociazione rappresenta la pressione parziale di ossigeno alla quale l’emoglobina è saturata al 50%. La P50 di un’emoglobina normale adulta è 26 mmHg. Spostamenti della curva a destra rappresentano un aumento della P50 e una diminuzione dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno. Cambiamenti metabolici che comportano uno spostamento a destra sono l’acidemia, l’ipertermia e l’anemia, ed un aumento del 2,3-difosfoglicerato negli eritrociti. (27)

Riassumendo, la vasodilatazione tissutale, l’aumento dell’estrazione di ossigeno e lo spostamento a destra della curva di dissociazione contribuiscono tutti nel mantenere l’ossigenazione tissutale.
Diagramma 1 – Curva di dissociazione dell’emoglobina.

Gestione Anestesiologica.

Fatta salva l’importanza della capacità del sangue di trasportare ossigeno, qui di seguito viene esposta una serie di tecniche e metodologie a disposizione dell’anestesista per portare a termine con successo un’operazione rispettando la scelta dei Testimoni di Geova di non utilizzare sangue.

Le cure anestesiologiche cominciano con i preparativi preoperatori, con la discussione fra il paziente, la sua famiglia, e l’équipe chirurgica. Questo include l’esame di tutte le opzioni per identificare le preferenze o le avversioni del paziente. Una volta che tutte le parti in causa hanno raggiunto un accordo sulla gestione medica, il medico è tenuto eticamente e legalmente ad aderire alle limitazioni che sono state imposte dal paziente, specialmente nel caso del rifiuto di una trasfusione di sangue da parte di un Testimone di Geova.

Allo stesso tempo, il medico e la struttura ospedaliera dovrebbero assicurarsi che il paziente Testimone di Geova abbia firmato un consenso che attesti la richiesta di non trasfondere in ogni circostanza. Molti Testimoni di Geova sono a conoscenza, e talvolta lo portano essi stessi, di moduli standard di consenso come quello sviluppato dalla California Association of Hospitals and Healt Systems, "Rifiutare il Consenso alla Trasfusione di Sangue". (28) Il documento è stato riconosciuto avere valore legale e avere valore protettivo nel caso di procedimenti per negligenza come stabilito dalla Corte Suprema. (29)

In circostanze normali, la preparazione standard all’intervento potrebbe anche includere la pratica di conservare il sangue del paziente per usarlo nel caso dell’intervento, tuttavia i Testimoni di Geova non accettano la trasfusione autologa del sangue predepositato. (30) Come alternativa, per elevare al massimo i livelli di emoglobina, il paziente può essere sottoposto ad un regime di terapia marziale orale per 3-4 settimane prima dell’intervento. (31)

Intraoperatoriamente, minimizzare il consumo di ossigeno e massimizzare il trasporto di ossigeno ai tessuti sono fattori che aiutano a ridurre la dipendenza dalle trasfusioni. A tal fine, le tecniche che possono essere impiegate includono l’emodiluizione acuta normovolemica, l'emorecupero, l'anestesia ipotensiva, e l’ipotermia deliberata. Nessuna tecnica potrà essere soddisfacente, tuttavia, se il chirurgo non dedicherà una scrupolosa attenzione a minimizzare le perdite di sangue operatorie e ad assicurare l’emostasi.

L’emodiluizione acuta normovolemica (ANH) è un metodo che riduce, o può anche eliminare, la necessità di trasfusioni di sangue durante gli interventi. L’ANH è stata usata in pazienti di tutte le età per differenti procedure, incluse, ma non solo: chirurgia ginecologica, ortopedica, craniofacciale, cardiotoracica, e neurochirurgia. Inoltre, questa tecnica è stata usata in interventi su pazienti con emogruppi rari, o in pazienti che desideravano evitare i rischi inerenti talvolta associati con le trasfusioni di sangue come epatiti e AIDS. L’ANH può essere eseguita utilizzando sia sangue venoso sia sangue arterioso e deve essere completata prima dell’intervento chirurgico, dato che una perdita ematica chirurgica durante un’emodiluizione può dare luogo ad un’ipovolemia acuta. (32,33) Inoltre, l’ipovolemia può interferire con la tendenza dell’organismo ad aumentare la gittata cardiaca, che è il principale meccanismo compensatorio contro il ridotto contenuto di ossigeno ematico. Infine, con una ridotta quantità di emoglobina e la risultante diminuzione nella disponibilità di ossigeno, è importante monitorare la perfusione, i cambiamenti dell’HCT, e lo stato volemico del paziente. La quantità di sangue che può essere rimossa durante un’emodiluizione è determinata dalla formula seguente: V = EBV x (HCTi- HCTf) /HCTav Dove V = quantità del sangue rimosso, EBV = volume ematico stimato, HCTi = ematocrito iniziale, HCTf = ematocrito finale, e HCTav = media fra HCTi e HCTf.(34) Una moderata emodiluizione si ha con un HCTf fra 20 e 25%. Una severa emodiluizione può significare un HCTf del 20% o meno.(35) Un vantaggio dell’emodiluizione è che, intraoperatoriamente, il sangue perso conterà poche emazie. Anche se l’emodiluizione riduce la capacità del sangue di trasportare ossigeno diminuendo i livelli di emoglobina, il trasporto di ossigeno ai tessuti può essere mantenuto grazie alla diminuita viscosità ematica ed all’aumentato flusso sanguigno testuale. I Testimoni di Geova non accettano il sangue conservato in nessun caso, tuttavia, l’adattare il processo di emodiluizione per effettuare un continuo prelievo e reinfusione, è in genere accettato dai Testimoni di Geova.(37) Questo adattamento è stato effettuato flebotomizzando il paziente da un catetere venoso centrale o da un vaso periferico di grande diametro con un drenaggio per gravità fino ad un’appropriata sacca di recupero (appropriata nel senso che il paziente ritenga che il suo sangue fa ancora parte del suo sistema circolatorio). I fluidi di reintegro possono essere sia cristalloidi sia colloidi. Se vengono usati cristalloidi, il reintegro si effettua con 3 ml. di cristalloidi per ogni ml. di sangue raccolto. Se vengono usati colloidi, in genere è sufficiente un rapporto di 1 a 1. Il principale svantaggio dei cristalloidi, e la ragione per cui si utilizza un rapporto maggiore, è la rapida ridistribuzione del fluido nello spazio interstiziale, con la conseguente diminuzione del volume vascolare. Lo svantaggio dei colloidi è che sono molto più costosi e possono essere associati con coagulopatie. Tuttavia, possono fornire un’emodinamica più stabile. L’albumina è un colloide che può essere usato in emodiluizione, ma non è accettato dalla maggior parte dei Testimoni di Geova perché derivata da plasma umano. (38) Bisognerebbe notare che una giudiziosa gestione del sangue autologo è imperativa nel paziente Testimone di Geova dato che una trasfusione prematura potrebbe depauperare l’unico deposito disponibile di sangue. Si può considerare prudente rinunciare al sangue finché permane il sanguinamento chirurgico. Tutto considerato, questa tecnica può essere usata con successo sia nei bambini sia negli adulti, e se usata assieme ad un’anestesia generale ed ad una moderata ipotermia, minimizzerà o preverrà il bisogno di trasfusioni di sangue.

Un’alternativa all’emodiluizione accettabile per qualche paziente Testimone di Geova è l’utilizzo di dispositivi di aspirazione con emorecupero. Questi dispositivi aspirano il sangue dal paziente, lo filtrano o lo centrifugano, e reinfondono le emazie così trattate. Per quanto riguarda il paziente Testimone di Geova, questo può soddisfare la condizione di un circuito continuo di recupero del sangue, ed è una tecnica utile anche per la chirurgia a cuore aperto. Questa tecnica intraoperatoria di risparmio di sangue è generalmente efficace se si prevede una perdita superiore alle 2 unità- (39) Le complicazioni associate all’uso di questi dispositivi includono disturbi della coagulazione e reazioni emolitiche.(40)

L’ipotensione deliberata, o anestesia ipotensiva, è una tecnica usata intraoperatoriamente che aiuta a minimizzare le perdite disangue chirurgiche, riducendo perciò il bisogno di trasfusioni di sangue. Può essere applicata con le dovute cautele con sicurezza in molti pazienti, inclusi i bambini, e per varie procedure chirurgiche. (41,42) L’indicazione all’ipotensione deliberata e la decisione di usare questa tecnica dovrebbe essere discussa in precedenza fra il chirurgo e l’anestesista. La tecnica consiste di un abbassamento controllato della pressione arteriosa, ed è definita come una riduzione della pressione sistolica fra 80-90 mmHg. Una definizione alternativa è una diminuzione della pressione arteriosa media (MAP) a 50-70 mmHg in un paziente normoteso. (43) Le controindicazioni all’ipotensione deliberata includono le condizioni che sono associate con l’ipossiemia come le malattie cardiovascolari e l’anemia severa. Altre patologie cardiovascolari, come lo scompenso cardiaco congestizio e l’ipertensione male controllata, precludono l’uso dell’anestesia in ipotensione. Aumenti della pressione intracranica e la coesistenza di patologie del sistema nervoso centrale sono ulteriori controindicazioni. L’anestesista deve essere attento a speciali considerazioni fisiologiche nel corso di un’ipotensione deliberata. Nel sistema nervoso centrale, la circolazione cerebrale deve essere mantenuta entro valori tali da assicurare e fornire al cervello una sufficiente ossigenazione, per prevenirne l’ischemia. I valori di pressione arteriosa dovrebbero essere mantenuti su livelli fra 50-70 mmHg, anche se un altro metodo di determinarne l’intervallo è ridurre la pressione arteriosa di non più di 30-40 mmHg al di sotto dei normali valori del paziente. (44) A livello del sistema respiratorio, l’ipotensione deliberata influenza gli scambi respiratori aumentando lo spazio morto alveolare e lo shunt intrapolmonare. Perciò, è necessario un frequente monitoraggio dell’emogasanalisi, assieme ad una ventilazione controllata, per mantenere il paziente in normocapnia. (45) A livello del sistema cardiovascolare, il diminuito flusso ematico al cuore durante l’ipotensione deliberata può precipitare un’ischemia nei pazienti con funzionalità coronarica alterata. Tuttavia, in pazienti con miocardio normale, eventi ischemici sono non comuni.(46) A livello renale, l’ipotensione deliberata può ridurre il flusso ematico renale, riducendo quindi la perfusione. È necessario un monitoraggio del flusso urinario per assicurare un flusso renale sufficiente. Una produzione di urine misurata fra 0,5 e 1 cc per chilo di peso per ora testimonia un’adeguata perfusione.(47) L’ipotensione deliberata è indotta o effettuata con una varietà di agenti farmacologici e supplementi non farmacologici. Benché ci siano altre tecniche, gli agenti farmacologici si possono generalmente dividere in due categorie: vasodilatatori e agenti inalatori. I tre vasodilatatori più comunemente usati sono: il nitroprussiato di sodio (SNP), la nitroglicerina (NTG), e il trimetofano.(48, 49) SNP – il nitroprussiato di sodio agisce come un rilassante della muscolatura liscia vasale, ed ha una rapida insorgenza d’effetto, ma breve durata d’azione. Agisce prevalentemente sui vasi arteriolari e venosi, ma senza effetti significativi sul miocardio. Bisogna usare molta attenzione nella sua somministrazione a causa della sua potenza, della tossicità da ione cianidrico, degli effetti collaterali cardiovascolari, e dell’ipertensione di rimbalzo. All’interno dei dosaggi consigliati, si può avere tachicardia, contrastabile con agenti betabloccanti a basse dosi. NTG – la nitroglicerina riduce la pressione sanguigna rilasciando la muscolatura liscia delle pareti venose, e, come il SNP, ha un’azione ad insorgenza rapida ma di breve durata. La NTG è meno tossica che il SNP e presenta meno ipertensioni di rimbalzo alla sospensione dell’infusione IV. Tuttavia, è più difficile regolare finemente il grado di ipotensione con la NTG dato che è meno potente del SNP nella sua capacità di ridurre la pressione sanguigna. Trimetofano – il trimetofano causa ipotensione attraverso il blocco gangliare e un’azione vasodilatatrice diretta. Possiede anche una breve durata d’azione e permette uno stretto controllo della pressione sanguigna. I suoi svantaggi includono l’effetto collaterale della midriasi, che può ritardare per ore l’esaminazione e l’acquisizione di informazioni neurologiche attendibili. Gli agenti inalatori, o anestetici volatili, comunemente usati includono l’alotano, l’isoflurano e l’enflurano. La concentrazione dell’agente anestetico volatile produce una diminuzione dose-dipendendente nella pressione arteriosa media. L’alotano, e in minor grado, l’enflurano, causano la diminuzione pressoria principalmente causando una depressione miocardica assieme ad una diminuzione nella gittata cardiaca. L’isoflurano esercita il suo effetto ipotensivo diminuendo le resistenze sistemiche vascolari. Questi agenti devono essere supplementati con altre tecniche farmacologiche a causa della tendenza a "sovra-anestetizzare" e alla difficoltà nell’interrompere rapidamente l’ipotensione prodotta.(50) Per indurre un’ipotensione controllata si possono usare anche l’anestesia spinale ed epidurale. Sfortunatamente, queste tecniche richiedono l’infusione di grandi quantità di fluidi IV e l’ipotensione deliberata può essere erratica e di difficile controllo. (51) Due tecniche non farmacologiche che possono essere d’aiuto nell’ottenere i desiderati livelli di ipotensione sono i cambiamenti nella posizione del corpo e nella ventilazione controllata meccanicamente.

L’ultima tecnica discussa, l’ipotermia deliberata, è l’abbassamento controllato della temperatura corporea con lo scopo di ridurre la richiesta metabolica di ossigeno. È stata usata per produrre una significativa riduzione di consumo di ossigeno in pazienti Testimoni di Geova.(52,53) La diminuzione del consumo di ossigeno è all’incirca del 7% per ogni diminuzione di un grado C nella temperatura. In genere è scelto come target una temperatura centrale di 30-32 gradi C, dato che a questi livelli le complicazioni cardiache sono minime anche se il consumo di ossigeno è significativamente ridotto. (54) L’ipotermia può essere ottenuta: 1) abbassando la temperatura della sala operatoria a circa 15-20 C°, 2) usando materassini raffreddanti, 3) eliminando l’isolamento, 4) riducendo la temperatura dei fluidi IV.(55) Con questa tecnica bisognerebbe utilizzare agenti bloccanti neuromuscolari e un supporto respiratorio, per minimizzare il consumo di ossigeno dovuto al brivido.Alcuni effetti dell’ipotermia sulla funzione degli organi sono: 1. nel sistema cardiovascolare, aumentate resistenze sistemiche, 2. a livello del sistema nervoso centrale, diminuzione del consumo di ossigeno cerebrale, e 3. ematologicamente, un aumento nella viscosità ematica.(56) L’ultimo effetto può essere superato con l’emodiluizione.

Come detto precedentemente, è imperativo che l’équipe chirurgica faccia ogni sforzo per minimizzare le perdite di sangue ed assicurare l’emostasi nel paziente Testimone di Geova. Esiste una varietà di agenti farmacologici che possono essere usati per eliminare o diminuire il bisogno di trasfusioni. La desmopressina (DDVP) è un analogo sintetico dell’ormone antidiuretico che aumenta i livelli dell’attività del fattore VIII e del fattore di von Willebrand.(57) Essa è stata usata efficacemente nei Testimoni di Geova, sia intraoperativamente sia postoperativamente, per migliorare l’emostasi e ridurre le perdite ematiche.(58) L’acido epsilon-aminocaproico, che è un altro agente emostatico, e agenti piastrinoprotettivi come l’aprotinina e la prostaciclina, sono potenziali terapie in pazienti con problemi di sanguinamento, dove il risparmio di sangue è una priorità.(59)

Inoltre, la produzione di sangue può essere aumentata con l’eritropoietina umana ricombinante, un fattore di crescita glicoproteico che stimola l’eritropoiesi. L’uso dell’eritropoietina è stato documentato in diverse circostanze, nelle quali è stata usata con successo in pazienti Testimoni di Geova.(60,61)

Infine, sono in corso di sviluppo sostituti degli eritrociti che potrebbero essere usati per trasfondere Testimoni di Geova, tuttavia, essi sono generalmente limitati ai perfluorocarburi (PFC), dato che l’emoglobina libera da residui stromali è purificata da sangue conservato "scaduto", alternativa inaccettabile per i Testimoni di Geova. La generazione iniziale di PFC fu clinicamente un insuccesso a causa della loro limitata capacità di trasportare ossigeno, eccezion fatta per i pazienti da sottoporre ad angioplastica percutanea. Fortunatamente, i PFC di seconda generazione stanno mostrando capacità più promettenti.(62) Sommario

Diverse sono le tecniche e le alternative disponibili per l’anestesista per gestire al meglio la scelta dei Testimoni di Geova di una gestione medica che escluda l’uso di sangue e derivati. Tuttavia, l’eliminazione della trasfusione come opzione chirurgica introduce la possibilità che il paziente possa morire anche se esiste un mezzo per salvargli la vita. Di conseguenza, in questo caso paradigmatico di ugualmente impellenti, ma differenti e mutualmente escludentesi modi d’agire, esiste un conflitto di coscienza fra il medico e il paziente Testimone di Geova. Una raccolta esaustiva delle implicazioni etiche e una dettagliata analisi medicolegale può essere trovata in articoli più approfonditi. (63,64) Tuttavia, è subito chiaro che, prima dell’atto chirurgico, dovrebbero essere stabilite linee di comunicazione fra il paziente Testimone di Geova, l’anestesista, il chirurgo, l’amministrazione dell’ospedale ed il consiglio legale. Tale dialogo dovrebbe fornire uno scambio dei problemi correlati, delle motivazioni, e delle possibili complicazioni e stabilire uno spirito di collaborazione e comprensione che potrebbe minimizzare un eventuale conflitto ed escludere il bisogno dell’intervento del tribunale. A tal fine, l’anestesista potrebbe procurarsi e leggere una copia della "Watch Tower" pubblicata nel 1990 intitolata "Come Può il Sangue Salvarti la Vita?"(65) Allo stesso tempo, i Testimoni di Geova dovrebbero comprendere il dilemma etico e morale che ha luogo nel medico, così come il fatto che la possibilità che il loro rifiuto ad accettare trasfusioni di sangue possa portare ad un’aumentata richiesta di tempo e di spesa. Infine, se un ospedale od un’altra struttura sanitaria prevede la possibilità di somministrare cure in emergenza ai Testimoni di Geova, dovrebbe stabilire un protocollo per tale trattamento per aiutare ad evitare ogni problema medico, etico, o legale che possa sorgere.

Da terry
Inviato il 27 maggio a 10:11
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Intervista a Nicolas Jabbour, PIONERe DELLA FILOSOFIA «BLOODLESS» La frontiera della chirurgia senza sangue Clips al titanio per i vasi recisi, gel che favoriscono la coagulazione. Non più solo per i testimoni di Geova

Nicolas Jabbour (www.integris-health.com) ROMA - Interventi senza sangue e trasfusioni. «Puliti», come vengono chiamati in gergo. E’ la nuova frontiera della chirurgia. Finora confinata al mondo dei Testimoni di Geova, che per motivi religiosi rifiutano tessuti e organi estranei, la metodica ha perso il suo significato «confessionale» e si sta affermando come soluzione universale alternativa, grazie anche a strumenti sempre più sofisticati. La tecnica consiste nell’evitare il sanguinamento e quindi il ricorso a unità di sangue donato attraverso una procedura che comporta tra l’altro la speciale preparazione del malato prima e dopo l’intervento. La chirurgia bloodless è stata al centro di una delle giornate del congresso della Società italiana di chirurgia. Relatore molto atteso, Nicolas Jabbour, direttore del Nazih Zuhdi Transplant Institute dell’università dell’Oklahoma, il primo uomo al mondo ad aver compiuto un trapianto di fegato senza trasfusioni Origini libanesi, fuggito dal suo Paese nel 76 a causa della guerra, Jabbour ha prima lavorato in Belgio e poi si è trasferito a Pasadena, in California. Infine l’avvio del programma bloodless. Scherza quando parla della sua famiglia: «Papà faceva il carpentiere. Ed è per questo che so muovere bene le mani».

Negli Stati Uniti questa tecnica è definitivamente uscita dall’ambito religioso? «Ogni anno vengono effettuati dai 20 ai 30 mila interventi, per la maggior parte su Testimoni di Geova. Sono convinto che si tratti di una grande opportunità per tutti i pazienti e, in genere, per la società. Questo tipo di chirurgia permette di risparmiare sangue, di cui c’è grave carenza in tutto il mondo».

Quali sono gli interventi più indicati? «Tutti quelli dove c’è bisogno di sacche di sangue. Pensiamo alla resezione del colon, alle mastectomie o alla chirurgia pancreatica. Noi in Oklahoma abbiamo ottenuto ottimi risultati nella resezione del fegato che è considerata la più sanguinolenta delle operazioni. Ora sappiamo che nel 90% dei casi le trasfusioni possono essere evitate».

Quali sono i vantaggi per il malato? «Evitare trasfusioni significa eliminare il rischio di infezioni trasmesse dal sangue che non sarà mai sicuro al 100%. Periodicamente vediamo comparire nuovi virus. Pensiamo ad esempio a quello del West Nile. Non basta. La chirurgia senza sangue riduce notevolmente il rischio di effetti collaterali e complicanze, come le infezioni postoperatorie. Stanno inoltre comparendo studi che dimostrano una maggiore incidenza di recidive di tumore nei pazienti oncologici trasfusi. Ricevere una sacca di sangue è come ricevere un organo. Il corpo può reagire».

Quali sono i vantaggi per l’ospedale? «Si risparmiano giornate di ricovero, perché il paziente si riprende più rapidamente. In secondo luogo, si previene il rischio di errori. Certo c’è bisogno di un’organizzazione speciale che coinvolge tutta la squadra, in primo luogo l’anestesista».

La metodica sta prendendo quota anche grazie a nuovi dispositivi antisanguinamento. Di che si tratta? «Utilizziamo clips bipolari al titanio che permettono di chiudere, una volta recisi, i vasi sanguigni. E poi gel che favoriscono la coagulazione, a base di trombina e collagene. La tecnologia ci sta aiutando. Ritengo sia un vero peccato non approfittare delle nuove opportunità soprattutto guardando al futuro. La disponibilità di sangue sarà sempre più ridotta».

Margherita De Bac 27 ottobre 2008(ultima modifica: 30 ottobre 2008)