Le aree marine protette tutelano, sulla carta, meno del 4% degli oceani del Pianeta, con i target internazionali che variano tra il 10% entro il 2020 e il 30% entro il 2030. A mancare sono però i soldi, anche se ogni dollaro investito ne renderebbe almeno tre fra posti di lavoro, risorse e servizi. Il dato emerge da una ricerca commissionata dal Wwf all’università di Amsterdam in occasione della Giornata mondiale degli oceani, che ricorre l’8 giugno.
(blog.wwf.org.au)
Lo studio ha preso in esame l’estensione delle aree marine protette al 10 e al 30% degli oceani, scoprendo che il ritorno in termini economici sarebbe tra i 490 e i 920 miliardi di dollari nel periodo 2015-2050. Accanto ai benefici materiali, la tutela potrebbe arginare alcuni dei fattori che minacciano gli oceani, sottoposti a pesca eccessiva, inquinamento e distruzione degli habitat. Altra fonte di pericolo è l’acidificazione delle acque causata dal cambiamento climatico, che ha impatti severi sulle barriere coralline e gli altri ecosistemi marini.
“Non possiamo continuare con il sovrastruttamento e il sottoinvestimento”, ha detto Marco Lambertini, direttore generale del Wwf Internazionale. “Gli oceani stanno collassando davanti ai nostri occhi, ma la buona notizia è che esistono gli strumenti per risolvere il problema. Esempi reali provano che le aree marine protette funzionano, e solide analisi economiche dimostrano che vale la pena di investire”. (ANSA)