La gente, tuttavia, spesso trova difficile comunicare. E così in ogni storia c’è sempre qualcosa di misterioso.
Lo scrive il buon Raymond Carver. Bizzarro poiché spesso noi leggiamo per capire: diamo cioè alla letteratura il compito di spiegarci il mondo, quello che capita. In modo da andare a dormire più tranquilli perché abbiamo il panorama più nitido e con meno trappole.
Ci sono però certi autori che non hanno affatto questo tipo di ambizione, ma preferiscono, quando scrivono, raccontare delle storie dove avviene qualcosa.
L’aspetto divertente è che poi chi legge si sente preso per i fondelli, perché gli viene insegnato (a scuola, ma non solo), che se si scrive, ci deve essere un inizio, uno sviluppo e una fine. E l’insegnante gli dava dei bei voti, se faceva in questo modo.
Poi incappa in un Carver e non ci capisce nulla, o quasi. Non c’è l’illuminazione; ma per quello deve rivolgersi alla società elettrica…
Già conosco l’obiezione: allora basta scrivere oscuro et voilà, come dicono i francesi.
Fosse così facile.
E invece no: occorre scrivere in maniera efficace. Quindi, comunicare. Qualunque scienziato che non sia pieno di sé, sa che non ci sono certezze, e che quello che ignoriamo resta comunque, tanto.
Per quale ragione la narrativa dovrebbe spiegare?
In molti racconti di Carver si resta disorientati, e questo accade non perché lui ignorava cosa scriveva. Al contrario: era arrivato a cogliere quello che c’è di misterioso nella storia che stava scrivendo. Bene: ma perché non ce lo ha detto? Per quale ragione non ce l’ha svelato?
Non lo ha mai svelato perché scopo della narrativa è celebrare il mistero, non spiegarlo. Questo è abbastanza noto se si frequenta un certo genere di letteratura; non lo è affatto se invece si preferisce l’intrattenimento.
Ma forse, quando si arriva al mistero è sufficiente indicarlo, tracciarne i contorni: non avvicinarsi troppo per non esserne travolti. Oppure, non bisogna svelarlo perché è giusto che rimanga com’è: un mistero.
È questo che ci muove. La scintilla che ci ha spinto a scendere dagli alberi della savana africana.
È vero: alcuni racconti di questo autore statunitense non sono riusciti. Succede. Quello che un lettore dovrebbe ricordare sempre è che una storia non si scrive per chiarire aspetti o chiamare a raccolta nuovi adepti per chissà quali battaglie. E nemmeno per essere perfetta; non esiste alcuna perfezione a questo mondo, e perseguirla è ridicolo, e folle.