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#Eatingpiceno: Oggi la SP 514, ovvero la strada provinciale dei 5 sensi in cucina, ci porta a Monteprandone, luogo di incontro tra la grande tradizione monastica picena e marchigiana, la cultura, e la gastronomia per conoscere la Cucina dello Spirito…

Da Laghezzi @laghezzi

Settima puntata…

L’ avventura che la carovana itinerante del “Social Media Team” di Eating Piceno   ha vissuto lungo la SP 514 e prosegue questa volta fa tappa a Monteprandone , un  antico paese ricco di storia, di arte, di cultura  e di tradizione monastica,  posto, su di un colle, nelle Terre del Piceno,  alle spalle  di San Benedetto del Tronto da dove si gode  un panorama  veramente unico.

 

Monteprandone

Un po’ di storia…

Fondato tra il IX e il X secolo d.C all’epoca delle invasioni dei saraceni e degli ungari  Monteprandone   fu abitato da un gruppo profughi provenienti dall’antica TRUENTUM (l’odierna San Benedetto del Tronto). che qui cercavano protezione.

Nel 1039 fu donato,  dal longobardo Longino  e da Guido Massaro  ai monaci  benedettini dell’Abbazia di Farfa e nel 1292, una volta divenuto libero comune, si sottomise ad Ascoli. Con Ascoli partecipò alle lotte contro Fermo e, con l’annessione di  alcuni castelli vicini. allargò nel tempo i suoi confini territoriali. Nel Cinquecento fu annoverata tra i possedimenti dello Stato Pontificio, e nel XVIII secolo fu invasa dai francesi.

Il suo nome è un composto del termine “monte” e da l nome proprio di persona d’origine germanica PRANDO, PRANDONIS, che la tradizione identifica con un Prandone o Brandone, guerriero al seguito di Carlo Magno.

Un po’di arte e di cultura…

Monteprandone è un paese di origine medioevale circondato da antiche mura con due porte di accesso alla città:  Porta da Mare e Porta da Monte, E’ proprio all’interno delle  mura castellane  di Porta da Monte  che sorge  la casa natale di San Giacomo della Marca.

San Giacomo della Marca ( Domenica Gangala ) fu un sacerdote, grande predicatore,  appartenente all’Ordine dei Frati Minori Osservanti  proclamato Santo da Papa Benedetto XIII nel 1726. Fu lui che nel 1400 legalizzò il credito e diede origine ai Monti di Pietà

Le sue spoglie giacciono  a Monteprandone nel  convento di Santa Maria delle Grazie,  da lui fondato e dove sono esposti anche  numerosi oggetti ed effetti personali che gli appartenevano.

E’ un convento  di notevole pregio artistico in quanto al suo interno sono costruiti  oltre a  due crocifissi veramente splendidi uno di arte gotica, dipinto in miniatura l’altro scolpito in bronzo, un prezioso dipinto su tavola di Vincenzo Pagani, “L’incoronazione della Vergine”, anch’’esso di notevole valore.

I codici a lui appartenuti, invece sono custoditi nel  Palazzo Municipale dove ha la sede il Museo Civico

La costruzione più antica di Monteprandone è la Chiesa di San Leonardo, di chiara architettura gotica mentre nella Chiesa di San Nicolò di Bari, è custudito l’organo più antico delle Marche.

La tradizione monastica e la Cucina dello Spirito …

E’ nelle cucine dei monasteri che si tramandano i segreti della tavola e   della mensa monastica che hanno di fatto influenzato il nostro modo di stare a tavola. Sono ricette di una cucina che mette insieme le conoscenze e le esperienze  delle monache e dei frati che tramite il cibo mantengono vivo il loro rapporto con il mondo esterno.

I monasteri per un lungo periodo, sono stati luogo di un vero e proprio scambio di cultura tra le classi sociali, infatti,  le badesse e gli abati provenivano da famiglie aristocratiche,  mentre le monache e i frati di cui erano a capo erano di estrazione popolare

Questo scambio di cultura, la quotidianità monastica e l’ accoglienza ai  viandanti nei monasteri che  offerta con  cibi preparati rispettando  i ritmi  dell’anno liturgico e  della natura seguendo la stagionalità dei prodotti con i loro i profumi e i  loro sapori,  hanno reso i ricettari monastici molto ricchi e molto apprezzati e li ha resi fonte di scambio di informazioni tra i conventi stessi.

Ed è proprio nei monasteri luoghi in cui la spiritualità viene elevata dai digiuni che sovrastano  il piacere che il cibo dona al corpo, che sono stati scritti e codificati molti manuali di cucina.

E  a Monteprandone vive  e lavora Ermetina Mira, Presidente dell’Associazione “ I sapori del Piceno”  che ha l’intento di promuovere Monteprandone e il suo patrimonio culturale, paesistico ed enogastronomico ispirata dalla figura di San Giacomo della Marca, e che da 25 anni opera con il marito nell’ “Hotel Ristorante San Giacomo“.

E’ grazie alla sua passione per la cucina della tradizione monastica che  ha dato una impostazione molto personale al suo ristorante e da 5 anni propone, con molta cura e passione ,la rassegna de “La Cucina dello Spirito”  organizzando  delle  cene evento che rappresentano l’anno liturgico in tre momenti ben distinti: la  Quaresima, l’estate e il Natale.

La cucina dello Spirito

Ma La Cucina dello Spirito è anche il titolo di un libro, promosso dall’Associazione “ I sapori del Piceno” che ha per sottotitolo “Storia, segreti e ricette della mensa monastica dal Piceno alle Marche” e che è stato scritto dal Prof. Tommaso Lucchetti storico della cultura gastronomica e dell’arte conviviale.

Ho avuto la fortuna di ricevere in regalo questo libro e onestamente credo sia quello che tra i “ricettari” mi affascina di più quello che leggo tra le sue righe: leggendolo mi sento fisicamente proiettata in un mondo passato che vivo al presente…

Ma ho avuto anche la fortuna  di conoscere e parlare con il Prof. Lucchetti: l’abbiamo incontrato durante la cena evento organizzata durante il tour di Eating Piceno intitolata Il refettorio tra Carnevale e Quaresima, ricette di grasso e di magro”.

Ci ha spiegato il motivo per il quale  alcune ricette sono definite di “magro”  e altre di “grasso ed è molto semplice: le prime sono  quelle preparate il  mercoledì delle Ceneri e il venerdì successivo,  le seconde quelle preparate il  martedì e il giovedì grasso.

Inutile dire che siamo rimasti tutti affascinati nel sentirlo parlare,le sue profonde conoscenze ci hanno letteralmente rapite e l’avremmo ascoltato per ore intere, ma ad un certo punto si sono materializzate alcune delle ricette di cui abbiamo sentito parlare e la nostra conversazione di è interrotta…

 

Ecco il menù:

menù

crescia con i grasselli (ricetta sette-ottocentesca delle clarisse di Santa Maria Maddalena di Serra de’ Conti

fave (secondo l’uso quattrocentesco di San Giacomo della Marca)

pasticcio di maccheroni (da un ricettario redatto tra tardo ottocento ed inizio novecento nel monastero delle clarisse di San Giuseppe a Pollenza)

minestra di ceci (ricetta tradizionale dei frati del Convento di Santa Maria delle Grazie di Monteprandone).

coniglio in porchetta (ricetta tradizionale delle clarisse di San Lorenzo a Belforte in Chienti)

baccalà con i peperoni (Ricetta degli ultimi anni dell’Ottocento delle clarisse di Santa Chiara a Montegiorgio)

frittelle di San Giuseppe (ricetta tradizionale delle domenicane di Santa Caterina a Ripatranzone)

ciambellette zuccarine di magro (da un ricettario manoscritto ottocentesco delle benedettine di Santa Maria delle Rose di Sant’Angelo in Pontano, Macerata)

Squaglio di cioccolata individuato in un ricettario manoscritto databile tra fine ottocento ed inizio novecento delle clarisse urbaniste del monastero della Santissima Annunziata di Jesi.

I 5 sensi nella Cucina dello Spirito…

la vista: guardando la varietà dei piatti del  menù , i colori dei cibi e la loro presentazione si  “mangia” veramente prima con gli occhi e la vista viene appagata.

l’udito: il sentire pronunciare il nome di alcune di queste ricette è una delizia per le nostre orecchie… per esempio provate a scandire la parola SQUAGLIO e poi mi dite… J

l’olfatto: i profumi sono vari, tanti e tutti  “buoni” , quelli dei piatti di una volta

il gusto: i sapori un po’ antichi sono molto gustosi, ma tutti in armonia tra di loro

il tatto: croccante, morbida, vellutata, cremosa: la consistenza dei cibi conquista, appaga e rende ancor più  piacevole lo stare a tavola

 

Quella che vi propongo è la ricetta di uno dei piatti che  fa parte del menù che abbiamo degustato:

 Il Pasticcio di maccheroni

(da un ricettario redatto tra tardo Ottocento ed inizio Novecento nel monastero delle clarisse di San Giuseppe a Pollenza)

“In un primo luogo si fa un buon umido alla marchigiana, e per farlo si procede così.:di buon mattino, si tagliano a pezzetti minuti 3 interiora di pollo, vi si unisce 300 g. di carne macinata di prima qualità, 3 chiodi di garofano, un po’ di noce moscata, un bicchiere di vino rosso asciutto e si lascia a marinare per una buona mezz’ora.

Intanto si fa un battutino con una cipolla e 50 g. di lardo. Si mette al fuoco e quando il lardo sfrigola si aggiunge 50 g. di burro e un cucchiaio di olio, badando però che la cipolla non giunga a rosolarsi.

Quando comincia appena a imbiondire di aggiunge una carotina e una costa di sedano ben tritate e si lascia soffriggere fino a che il battuto comincia tutto a imbiondire. A questo punto si versa la carne e si lascia cuocere per una ventina di minuti fino a che il vino sia evaporato.

Quindi si aggiungono 30 g. di conserva di pomodoro e 500 g. di pomodori pelati. Si sala e si fa cuocere adagio per 3 o 4 ore.

Si prepara con qualche ora di avanzo la pasta frolla: con 1 libbra di farina, 6 rossi d’uovo, 5 once di strutto, 5 once di zucchero e un piccolo limone grattugiato. E’ una ricetta antica del monastero, ma va a meraviglia per confezionare torte o pasticci ripieni.

Si lascia riposare la pasta, poi si fa la sfoglia spessa quasi un centimetro e ci si fodera uno stampo.

Si cuociono 50 g. di ziti, si scolano al dente e si condiscono con l’umido, con abbondante parmigiano grattugiato, 100 g. di mozzarella, qualche ovetto di gallina non ancora nato, cotto nel burro, qualche sfilettatura di prosciutto molto dolce, 4 torli d’ovo, e un pizzico di cannella. Si incassano gli ziti così arricchiti nello stampo foderato, si copre con un disco di pasta e alla giuntura di arriccia il bordo con la punta delle dita per bellezza, si buca qua e là con un ferro da calza, si indora con rosso d’uovo allungato con un gocciolino di latte e se si ha fantasia coi ritagli della pasta frolla a capriccio si tagliano stelline cuoricini, mezze lune che andranno a guarnire il timballo. Il forno deve essere caldo.”

timballo di maccheroni

Buon Appetito!!!

E se volete saperne di più… ci vediamo presto

:-)

Laura

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English version…

Seventh episode…

Shortly you will be able to read the text in English too…
Thanks, have a nice day!

Laura

 


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