«Con questo articolo diamo avvio alla collaborazione con Maurizio Pucciarelli, avvocato, già laureato in Farmacia con lode, ricercatore volontario presso la cattedra di Farmacologia medica dell’Università la Sapienza di Roma, regista e autore di documentari Rai a livello scientifico, quadro in un’azienda pubblica culturale. Laurea Specialistica in Giurisprudenza con lode. Si occupa di biodiritto»
di Maurizio Pucciarelli*
*avvocato e ricercatore
Dobbiamo ammetterlo. L’ultratrentennale battaglia legale contro la legge sull’aborto in sede di Corte Costituzionale non ha portato a risultati tangibili: l’impianto della legge 194 è rimasto immutato così come la sua applicazione. Al più la Consulta ha riconosciuto in qualche obiter dictum, ovvero in dichiarazioni di carattere meramente generale, che l’embrione gode della tutela dell’ordinamento giuridico. E questo nonostante i numerosi ricorsi presentati facessero riferimento proprio ad una esemplare sentenza della stessa corte che nel lontano 1975 aveva stabilito che la gravidanza poteva venir interrotta quando l’ulteriore gestazione implicasse un danno, o un pericolo grave, medicalmente accertato e non altrimenti evitabile per la salute della madre.
Come sappiamo, la successiva legge 194 del 1978, invece, pur riaffermando nei suoi principi dei limiti all’interruzione di gravidanza, ha invece vanificato nella sua applicazione qualsiasi verifica o controllo sulle dichiarazioni e condizioni oggettive della donna. A fronte di queste “inspiegabili” sconfitte (una Corte Costituzionale che non difende l’applicazione di principi da essa stessa affermati) la strategia dei movimenti pro-life si è indirizzata da qualche tempo verso nuove forme di lotta, che consistono nel fornire alla donne che richiedono l’IVG tutti quei supporti economici, sociali e psicologici che le consentano di affrontare la gravidanza, scongiurando così l’aborto. Mi riferisco ad esempio alla proposta di riforma dei consultori di Olimpia Tarzia (Regione Lazio) e il nuovo protocollo per il miglioramento del percorso assistenziale per la donna che richiede l’IVG (Regione Piemonte).
In questo panorama si inserisce questa mia modesta proposta, già formulata negli anni precedenti, ma mai attuata, che punta all’introduzione di avvocati volontari all’interno dei Consultori familiari. Esaminiamola in dettaglio. Come è noto la legge sull’aborto stabilisce dei rigidi criteri per accedere entro i 90 giorni all’interruzione di gravidanza. Il serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna si declina anche nelle avverse condizioni economiche, sociali o familiari. Compito del Consultorio è quello di esaminare le possibili soluzioni ai problemi proposti, di aiutare la gestante a rimuovere le cause che la porterebbero all’aborto e soprattutto metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre. La legge è senz’altro chiara, ma ad oggi non attuata. Problemi come uno sfratto, un mutuo gravoso, un compagno che non vuole riconoscere il figlio, un datore di lavoro che minaccia il licenziamento a seguito di una gravidanza, possono mettere in ginocchio chiunque, figuriamoci una donna spesso sola, malconsigliata e sottoposta al bombardamento ormonale delle prime settimane di gravidanza. Un aiuto efficace da parte delle istituzioni è a mio avviso necessario e moralmente indefettibile.
Ma non può essere prestato da chiunque: dobbiamo mettere a fianco della donna un professionista, che immaginiamo giovane, perché alla gioventù si attribuisce la generosità e gli ideali, che sappia innanzitutto informarla sui suoi diritti, ma successivamente anche difenderla con vigore contro coloro che spesso, al riparo della indifferenza sociale, sono corresponsabili dell’aborto. L’attuazione di questa semplice proposta potrebbe passare attraverso una convenzione tra Regione e l’Ordini degli avvocati presenti sul territorio, con costi praticamente nulli. Operativamente, l’avvocato iscritto su base volontaria all’Elenco degli “Avvocati nei consultori” eseguirebbe la sua prestazione professionale attraverso colloqui con le gestanti, a titolo completamente gratuito. Successivamente, se richiesto, l’avvocato assumerebbe l’incarico dalla gestante che potrà avvalersi del Pubblico Patrocinio, se con reddito annuo imponibile non superiore a euro 10.628,16., oppure godere di tariffe particolarmente agevolate (che saranno sempre sottoposte al controllo dell’Ordine).
Al di là degli schieramenti politici si tratta, a mio avviso, di una battaglia di civiltà che non dovrebbe trovare oppositori. Non si può negare che al giorno d’oggi esistano molti ostacoli di ordine legale, con ovvie ripercussioni economiche e sociali, che impediscono di fatto l’uguaglianza di tutte le donne di fronte alla meravigliosa esperienza della maternità. Un aiuto disinteressato e professionale potrebbe, in molti casi, fare la differenza tra la vita e la non vita di un figlio.